Panettoni griffati e in lista d’attesa
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Panettoni griffati e in lista d’attesa

A tiratura limitata, custodito in scatole da collezione, il Pan de Toni, un classico del Natale, diventa un dolce sempre più raffinato e sartoriale

Se è vero che i milanesi sono concentrati sui danèe, i soldi, è anche vero che nessuno ha saputo meglio tradurre l’aspirazione verso l’oro, simbolo supremo di ricchezza, in una ricetta. Considerate il panettone. Cos’è più lussuoso e beneaugurante di questa massa dorata, capace di moltiplicare il suo volume, tempestata di smeraldi e topazi sotto forma di canditi? Per di più il suo irresistibile insieme di look, colore, sapore, versatilità, leggerezza (apparente, perché le calorie giocano tra le 380 e le 450 all’etto), lo colloca ad honorem tra i grandi classici della gastronomia capaci di reinventarsi continuamente.

Un banco di prova trasversale su cui tutti tengono a cimentarsi. Perciò, se l’universo rarefatto dei maestri pasticceri («siamo noi i depositari della formula»), il gotha dei panettieri («è un lievitato, quindi cosa nostra»), e gli chef contemporanei («amiamo le sfide»), non è stato con le mani in mano, gli stilisti della moda italiana, implacabili nell’inventare nuove forme di seduzione, hanno capito che ciò che mancava al panettone per travolgere ogni residuo snobismo era un abito all’altezza. Scegliere il panettone in base alla confezione che lo avvolge, e magari indossare un capo dello stesso mago dell’ago, è la nuova fonte di delizia per le fashion victim che percorrono il Quadrilatero milanese della moda fino a Natale anche Quadrilatero del panettone.

Quest’anno Giorgio Armani ha chiuso il suo in una cappelliera vestita di seta rossa tessuta in India e ha affidato la formulazione dei suoi dolci a Guido Gobino, il creatore del Turinot, gianduiotto mignon di suprema bontà ed eleganza. Dolce e Gabbana hanno deciso per una collezione coloratissima che annuncia all’esterno la fusion Palermo-Milano delle bontà all’interno, elaborate da Fiasconaro, asso delle dolcezze siciliane: agrumi e zafferano, pistacchi di Sicilia, Vecchio Samperi. Gucci ha impresso il suo storico motivo Pigna sulle scatole a tiratura limitata del panettone approvato da Massimo Bottura e firmato dalla pasticceria Posillipo Dolce Officina, marchigiana, famosa per l’essenzialità dei suoi prodotti. Attenzione: lo si può acquistare solo all’Osteria Gucci a Firenze. Prada, come comanda il savoir faire della storica pasticceria Marchesi, celebra il panettone classico, ma protetto da una nuova confezione di latta dipinta di bianco su cui spiccano i tipici rombi rosso verde e oro.

Se la moda si è sbizzarrita all’esterno, ma si è inchinata alla tradizione nella sostanza, gli artigiani del lievito si sono scatenati con una fantasia superata, finora, solo dalla pizza.

Nel giro di poco più di un mese i curiosi hanno potuto assistere a ben tre campionati mondiali, il Panettone World Championship alla Fiera di Milano durante Host; la Coppa del Mondo svolta a Lugano; e il Miglior Panettone del Mondo in gara a Roma. Con la partecipazione di nazioni inaspettate come Perù e Giappone. «Volenterosi, ma è una disciplina lunga da assimilare» commenta Stanislao Porzio, ideatore di Re Panettone, la fiera nata 12 anni fa dove i milanesi confrontano l’idea del «pan de Toni» meneghino con le versioni che attraversano l’Italia arrivando fino alla Sicilia.

L’aspirazione è farlo proclamare, come la pizza, Patrimonio dell’Umanità. Solo ingredienti naturali e preparazione artigianale, ma libertà creativa totale che arriva al panettone salato. Come quello della panetteria Mater di Salerno che ha vinto il premio Panettone innovativo con un lievitato farcito di friarielli e pezzentella, la salsiccia povera del Sud. Exploit finale, sempre a Milano, il 14 e il 15 dicembre, la sfida tra gli Artisti del Panettone:14 maestri pasticceri, assi della lievitazione, con degustazioni aperte e scuola di assaggio.

Si sono ormai delineati tre stili: il piemontese, di derivazione francese; il campano, con note arabeggianti; il siciliano, di chiara ispirazione araba. Come quello nato a Ragusa Ibla di Ciccio Sultano, ricco di mandorle, arancia, uvetta bianca e altre sorprese. 

Ognuno può scegliere quello che più gli garba. Per l’impegnata c’è il Panettone Soccial Club del Forno Brisa di Bologna, il cui lievito è composto dagli apporti conferiti da amici etici. Alle tribù degli intolleranti e degli allergici ci pensa l’avvenente «Miss Cake»: Giorgia Di Egidio, di Atri, celiaca, che celebra gli ingredienti locali con il Panliquizaff. Per chi è a dieta il maître patissier lombardo Davide Comaschi ha creato Galaxy, una pepita geometrica di cioccolato farcita di panettone. Per gli adulti consenzienti, infine, ci sono i panettoni alcolici: con scorze di arancia e limone candite al Vermouth Cocchi o messe a macerare nel Campari, quello del Camparino a Milano.

Infine, mentre tutti disquisiscono saputi se panettone derivi o no da Pan di Toni, ponete questa domanda: di chi è il primo panettone dipinto conosciuto? E infrangendo l’attonito silenzio dite: del modenese Eugenio De Giacomi, maggior rappresentante di natura morta della fine Ottocento. Vi odieranno, ma alla prima occasione non mancheranno di ripeterlo per fare un figurone.        

Benedetto Tarantino
Succulento il panettone di Ciccio Sultano da Ragusa.

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