The Congress, il film di Ari Folman con Robin Wright (e il suo alias): 5 cose da sapere
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The Congress, il film di Ari Folman con Robin Wright (e il suo alias): 5 cose da sapere

Fantasy futuristico che grida nostalgia verso il vecchio amato cinema, è temerario, visionario e... quasi allucinato

Visionario fino quasi all'allucinazione, temerario e per questo a tratti difficile da masticare e prossimo alla noia, The Congressè il nuovo ardito film di Ari Folman, il regista israeliano del documentario d'animazione Valzer Con Bashir, Oscar al miglior lungometraggio straniero nel 2009.
In 85 lunghi minuti ci porta in una giostra tecnica che mescola live-action, motion capture e cartoon, e ci spinge negli abissi più cupi del cinema. Protagonista assoluta, anti-eroina tragica, è Robin Wright, come non l'abbiamo mai vista (per fortuna). 

Ecco 5 cose da sapere su The Congress, dal 12 giugno al cinema.

1) Dal libro di Stanislaw Lem

Folman si ispira molto liberamente al romanzo del 1973 Il Congresso di futurologia dello scrittore polacco Stanislaw Lem. L'autore di fantascienza predisse una dittatura chimica mondiale ad opera di importanti case farmaceutiche; raccontava un mondo in cui i produttori di medicinali hanno il pieno controllo sulle nostre emozioni, dall'amore e dai desideri, alla gelosia e alla paura. 

2) Il dubbio: gli attori saranno rimpiazzati da immagini create al computer?

Folman ha spiccato il volo partendo dalle profezie di Lem e riflettendo sulle conquiste fatte nel cinema da Avatar in poi, che permettono di sostituire l'attore in carne e ossa col suo clone digitale, con immagini 3D generate da un computer, attraverso la performance capture.
Ecco così che prende Robin Wright, la bella attrice americana, e le fa interpretare una versione fittizia di se stessa, Robin Wright, attrice prossima ai 45 anni, con una carriera alla frutta vittima di tante scelte sbagliate (oggi Robin ha 48 anni e un'attività lanciatissima come Claire Underwood della serie tv House of Cards). 
I Miramount Studios (commistione giocosa di Miramax e Paramount Studios) le propongono di vendere la sua identità cinematografica: verrà scansionata e di lei sarà creato un campione così che lo Studio possa utilizzare la sua immagine a piacimento in qualsiasi tipo di film di Hollywood, anche i più commerciali da lei in precedenza spesso rifiutati. Lo Studio manterrà il suo alias digitale per sempre giovane, in ogni film.
Vent'anni dopo, quando scade il contratto, grazie a una fiala da inalare Robin si fa cartone animato e giunge in una realtà strana ed esagitata, tra mille tribolazioni. Lo Studio arriverà a decidere di trasformarla in una formula chimica!
Dietro tutto questo vaneggiamento di incubi e quasi premonizioni il dubbio che Folman solleva è: gli attori, divi che da sempre popolano la nostra immaginazione sin da bambini, saranno rimpiazzati da immagini ricreate al computer?

3) Il coraggio di Robin Wright

Qualcosa di simile a quanto sperimentato da Robin Wright l'aveva già provato John Malkovich che in Essere John Malkovich interpreta se stesso. 
Certo è però che in questo caso, per chi ama Robin, non è facile vederla in questa versione di sé in The Congress
Lo spietato amministratore delegato dei Miramount Studios (Jeff Green), per convincerla a farsi "clonare", le rinfaccia di aver sempre fatto scelte sbagliate, film sbagliati, uomini sbagliati, anche la madre - che non poteva scegliere - era sbagliata. Le rimprovera di non aver fatto più niente di considerevole dopo esser stata Bottondoro in La storia fantastica e la Jenny di Forrest Gump e di aver abbandonato set per attacchi di panico. La bistratta: "Negli ultimi 15 anni non c'è un tuo film che sia valso il costo del biglietto". Nel corso della narrazione chi la incrocia le dice: "Signora Wright, non l'avevo riconosciuta", "Niente di nuovo", risponde lei. Che tristezza... Quante umiliazioni per la povera Robin...
Ma i suoi fan devono convincersi che non c'è nulla di biografico nel racconto. L'attrice è davvero texana e ha due figli, come nella narrazione, e ha recitato nei film citati, ma questi sono stati gli elementi di realtà da cui Folman ha costruito la finzione. 
È vero che Robin ha rifiutato molti film, da Batman Forever a Robin Hood - Principe dei ladri, ma, a differenza del suo alter ego in The Congress, non ha rimpianti. L'ha fatto perché ha scelto di farsi trovare a casa quando i suoi figli tornavano da scuola, lontana da Los Angeles e dai lifting, e perché non voleva più essere sul set "la ragazza di".
"Penso che sia stata una salvezza, sinceramente vivere a Marin County, in California, crescere i miei bambini e non essere circondata da quel circo" ha detto Robin in un'intervista. "Alcuni mi dicono che The Congress è autobiografico, nel senso che non ho avuto la carriera che Hollywood avrebbe voluto che io avessi. E io dico: 'Grazie a Dio!'".

4) Allegoria sul filo del delirio

Folman ci consegna un'allegoria surrealista sulla celebrità, tanto ambiziosa e appassionata quanto "pazzoide" e inutilmente intricata. Il passaggio all'animazione è affascinante e di forte impatto visivo, ma è anche un nuotare tra allucinazioni e verbosità che affaticano. Folman crede che l'animazione dia all'interpretazione cinematografica una meravigliosa libertà. E lui ci inzuppa l'immaginazione.
Al Congresso di Futurologia dove si reca Robin Wright, sessantenne e in formato cartoon, viene presentata la formula chimica che dà la possibilità di assumere molteplici identità. Ecco che imperverseranno allora copie e copie di Michael Jackson, Cleopatra, aitanti adoni greci, altre Robin Wright... La mente transita tra influenze psico-chimiche e una realtà ingannevole... Che delirio!

5) Un grido di nostalgia per il vecchio cinema 

The Congress è un fantasy futuristico, ma vuole anche essere una disperata richiesta d'aiuto e un grido di nostalgia per il vecchio cinema che conosciamo e amiamo. 
Tanta è l'ironia contro i miti moderni: al Congresso, ad esempio, l'oratore è venerato come un santone stile convention Apple; e li troviamo anche un Tom Cruise cartoon, che ha fatto la stessa scelta di "eterna gioventù digitale" di Robin. 
Robin Wright tra l'altro ha già realizzato due film in motion-capture con Bob Zemeckis (Beowulf e A Christmas Carol), facendosi letteralmente scansionare per farlo.
Per nulla latente è anche la critica verso una Hollywood che ti usa e ti butta quando sei donna e hai superato i 40. Ma per Claire "Robin" Underwood non è un problema. Lei sa come cavarsela.

 

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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