Jesus Christ Superstar a Roma: i motivi per non perderlo
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Jesus Christ Superstar a Roma: i motivi per non perderlo

Per la prima volta insieme sullo stesso palco Ted Neeley, Yvonne Elliman e Barry Dennen, i protagonisti del film cult del 1973

Superare se stessi è sempre difficile quando si è fatto un eccellente lavoro, eppure il regista e produttore Massimo Romeo Piparo è riuscito a superare se stesso in questa nuova, scintillante edizione di Jesus Christ Superstar, uno dei capolavori di Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, in scena al Teatro Sistina di Roma.

Piparo, a vent’anni anni dal debutto dalla sua messinscena di Jesus Christ Superstar e forte dei numeri ottenuti dallo spettacolo a Roma in primavera, 50.000 spettatori in due mesi, con questa nuova edizione del musical ha puntato ancora più in alto, creando uno spettacolo degno delle grandi produzioni di Broadway. Il regista ha affiancato allo straordinario Ted Neeley, un Gesù ideale vocalmente e scenicamente, altri due protagonisti del film cult del 1973 diretto da Norman Jewison, la sessantaduenne Yvonne Elliman e il settantaseienne Barry Dennen, nei panni di Maria Maddalena e di Ponzio Pilato. Mai, prima d’ora, i tre artisti avevano condiviso lo stesso palcoscenico.

Il loro è stato un tuffo nel passato di quarantuno anni coraggioso, ma vincente. Coraggioso perché Piparo non ha avuto paura di affidare ruoli giovani a tre artisti in là con gli anni, con l’intenzione di trasmettere al pubblico l’esperienza unica di vedere in scena i protagonisti del film. L’opera rock, caratterizzata da un singolare connubio tra le istanze pacifiste e la ricerca di spiritualità degli anni Settanta, racconta l’ultima settimana di Gesù dal punto di vista di Giuda, traditore, ma anche vittima di un disegno a lui superiore.

Non tutti sanno che, prima di diventare un musical teatrale e cinematografico, Jesus Christ Superstar è stata  una rock opera discografica cantata da Ian Gillan, leggendario frontman dei Deep Purple. Considerato blasfemo dall'opinione pubblica dei primi anni Settanta, in quanto accostava i Vangeli alla cultura hippie del periodo, Jesus Christ Superstar riscosse l’apprezzamento di credenti e di laici per il suo messaggio universale di speranza, di fede e di amore. La produzione di Piparo è stata l’unica ad aver ottenuto un riconoscimento ufficiale dalla Santa Sede in occasione del Giubileo del 2000, segno che la Chiesa ha riconosciuto pienamente il valore spirituale dell’opera.

Il pubblico delle grandi occasioni, tra cui attori e personaggi del mondo dello spettacolo, ha affollato il Sistina per la prima mondiale di questa edizione-evento che, dopo  le repliche nelle capitale fino al 28 settembre, farà tappa il 12 ottobre all’Arena di Verona e dal 16 ottobre al 2 novembre al Teatro Arcimboldi di Milano. A dimostrazione della caratura internazionale della produzione, tutte le canzoni sono cantate in inglese, con sottotitoli in italiano nelle scene clou, con ampie citazioni del Vangelo.

A Feysal Bonciani, fiorentino classe 1990, è affidato l’arduo compito di non far rimpiangere l’indimenticabile  Carl Anderson, il Giuda nero del film. E’ suo il primo brano da solista, l’intensa Heaven on their minds, dove Giuda esprime la sua preoccupazione per la popolarità di Gesù, temendo che la fama terrena possa allontanarlo dalla sua missione. Bonciani mostra di avere una forte personalità, oltre che la fisicità richiesta dal ruolo e un’invidiabile estensione vocale, raccogliendo i primi, scroscianti applausi.

Un momento di grande suggestione è l’improvvisa entrata in scena da una botola di Ted Neeley, accompagnato dall’inconfondibile riff di trombe di Superstar, che scatena un autentico boato in sala. Nella trascinante  What’s the buzz fa il suo ingresso Maria Maddalena, interpretata da una Yvonne Elliman visibilmente emozionata. Qualche incertezza vocale e un attacco sbagliato fanno temere il pubblico, ma subito dopo  la cantante sfodera due interpretazioni eccellenti, soprattutto nella celebre I don’t know how to love him, che fa spellare le mani agli spettatori.

Emiliano Geppetti, un Simone energico e battagliero, entusiasma il pubblico in  Poor Jerusalem, dimostrando quanto anche un piccolo ruolo, interpretato  felicemente, possa contribuire alla riuscita dello spettacolo. Pilate’s dream è il brano con il quale si presenta Barry Dennen, che non sembra avvertire il passare degli anni, offrendo una saggio del suo talento vocale e della sua autorevolezza scenica.

Non sono da meno Paride Acacia e Francesco Mastroianni nei ruoli dei cattivi sacerdoti Hanna  e Caifa, che alleggeriscono i loro personaggi con la giusta dose di ironia. Ottima anche la prova di Riccardo Sinisi nei panni di Pietro, così come del cast di ventiquattro tra acrobati, trampolieri, mangiafuoco e ballerini nelle coreografie di Roberto Croce.

Un brivido attraversa la schiena degli spettatori del Sistina fin dalle prime note di Gethsemane, cavallo di battaglia di Neeley, dove rivela tutte le sue doti di interprete, fino all’acuto finale che provoca una meritata standing ovation. Il momento più divertente dello spettacolo è la scena di re Erode, interpretato dall’estroso Salvador Axel Torrisi, vaudeville  volutamente kitsch nel quale cantano e ballano le maschere della tradizione italiana.

Il divertimento lascia poi spazio al dolore straziante di Gesù. La scena delle frustate è resa ancora più drammatica dalla proiezione di foto dell’Olocausto, di Hiroshima  e delle Torri Gemelle, oltre alle immagini di martiri moderni come Falcone e Borsellino.

La tensione si stempera con la trascinante Superstar, tema principale del musical, durante la quale Neeley e Bonciani passano accanto agli entusiasti spettatori della platea, prima di risalire sul palco.

Un quarto d’ora di applausi, che sembrano non finire mai, fino al bis di Superstar, che ha trasformato il Sistina in una sala da ballo. La regia di Massimo Romeo Piparo, sostanzialmente fedele a quella del film, si avvale di scelte felici come la proiezione di alcuni passi del Vangelo e  la rappresentazione della morte sotto forma di una trampoliera che si aggira minacciosamente sopra la testa di Gesù, senza però riuscire a trionfare su di lui. L’orchestra dal vivo, diretta dal maestro Emanuele Friello, esalta la qualità delle musiche di Andrew Lloyd Webber, in perfetto equilibrio tra rock e classica.


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Gabriele Antonucci