I confini sulla mia lingua

Pensavo che l’Oriente finisce a Faenza. Oltre quella città la brezza levantina che sale dalla costa, da Bari e da Ancona, non penetra più; e poco dopo appare Bologna, città integrata nel sistema tirrenico che è la spina dorsale del …Leggi tutto

Pensavo che l’Oriente finisce a Faenza. Oltre quella città la brezza levantina che sale dalla costa, da Bari e da Ancona, non penetra più; e poco dopo appare Bologna, città integrata nel sistema tirrenico che è la spina dorsale del Paese da quando gli italici hanno perso la guerra sociale (e si potrebbe peraltro discutere sulla sensatezza di quell’orientamento, visto che l’Italia, nelle sue stagioni migliori, è andata a cercarsi ricchezza e potere a Est; ma ormai il danno è fatto).

Poi c’è ovviamente l’Oriente veneto, che a sud trova invece un ostacolo insuperabile nel Po; ma di questo parleremo un’altra volta.

Ma perché Faenza? Perché a Faenza non hanno l’anice. L’Oriente marchigiano, che pure ha incontestabili evidenze storiche, culturali, probabilmente persino genetiche, tuttavia si manifesta poco. La regione è tutta modellata sul modello italiano per eccellenza, ossia quello comunale, e se ha un ideale è quello rinascimentale dell’armonia; di provenienza classica e greca, certo, ma indubbiamente italiano nella forma e nell’applicazione. Del Levante restano perciò un’aria, molte facce, la lentezza sarcastica e fatalista (che tanto infastidisce gli italiani occidentali e occidentalizzati) e qualche sapore: uno di questi è l’anice.

L’anice appare a tradimento nei biscotti al mosto di vino, a ricordare al masticatore che siamo orientali; e soprattutto lo si mescola al caffè, traendone, più che una correzione, una bevanda diversa e oggettivamente migliore (più lenta, dolciastra di un dolce che non è zucchero; poi, in bocca, amara di un amaro che si assapora volentieri).

Se a Cesena e Forlì chiedi un caffè all’anice – e non un caffè con l’anice – può darsi che non ce l’abbiano; però il barista ti guarderà comunque con l’aria di chi sa: è un’ordinazione giusta e sensata, pare dirti (e a volte lo dice davvero), ma noi qui siamo già in parte un’altra cosa e abbiamo altre abitudini. A Faenza invece l’anice sembra appartenere a un mondo diverso e sconosciuto: non ce l’hanno perché non possono averlo, perché non è previsto che ce l’abbiano.

A Bologna invece spesso ce l’hanno e te lo servono, ma è perché sono una grande città e vengono incontro ai gusti di tutti, anche a quelli più esotici; e in ogni caso i baristi più giovani si stupiscono sempre, e maneggiano con cura e sorpresa quella bottiglia chiara venuta da chissà dove.

I più letti

avatar-icon

Tommaso Giancarli

Nato nel 1980, originario di Arcevia, nelle Marche, ho studiato Scienze  Politiche e Storia dell'Europa a Roma. Mi sono occupato di Adriatico e  Balcani nell'età moderna. Storia e scrittura costituiscono le mie  passioni e le mie costanti: sono autore di "Storie al margine. Il XVII  secolo tra l'Adriatico e i Balcani" (Roma, 2009). Attualmente sono di  passaggio in Romagna.

Read More