Apple, i 10 motivi del declino
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Economia

Apple, i 10 motivi del declino

Concorrenza, prodotti meno innovativi, assenza di una vera strategia nella fascia media di mercato: sono solo alcuni dei motivi che hanno portato il titolo di Cupertino a perdere quasi la metà del suo valore in poco più di sei mesi

"Apple panic": il titolo della CNN racconta meglio di qualsiasi cosa lo stato d’animo degli investitori della Mela, ritrovatisi nel giro di poco più di sei mesi a (quasi) dimezzare il proprio capitale in Borsa.

Giovedì scorso, le azioni della società fondata da Steve Jobs sono scese sotto quota 400 dollari, nuovo minimo storico da dicembre 2011, portando la perdita dallo scorso mese di settembre (vale a dire dall’apice della quotazione, 705,07 dollari) al 43%.Un declino inesorabile che se forse non giustifica toni troppo allarmistici – Apple in fin dei conti rimane una delle aziende più ricche del mondo, seconda per capitalizzazione solo al colosso petrolifero Exxon - di certo impone più di una riflessione sui motivi di una vera e propria inversione di tendenza.

1. L’INNOVAZIONE SI È PERSA
Da qualche anno a questa parte – più o meno in concomitanza con l’aggravarsi delle condizioni di salute di Steve Jobs e dalla sua successiva scomparsa - Apple sembra aver smarrito una delle componenti principali del suo successo: la capacità di creare prodotti sorprendenti. È dal 2010, anno di uscita del primo iPad, che Cupertino non sforna dispositivi rivoluzionari, capaci cioè di rompere le regole del mercato. Tutti i recenti annunci si sono infatti concentrati sulla rivisitazione – in termini di dimensioni, prestazioni e prezzo – di prodotti già noti. Una scelta troppo conservativa per un marchio il cui slogan è Think Different.

2. LA CONCORRENZA DI SAMSUNG
Già appunto, la concorrenza. A rendere più difficile e complicato il passaggio nell’era del post-Jobs ci hanno pensato proprio i competitor, a cominciare da Samsung. L’escalation della casa coreana – diventata davvero temibile soprattutto nel segmento degli smartphone – ha dimostrato che il modello di Apple e della cosiddetta iEconomy non sono invincibili, anzi.

3. L’USCITA DEL GALAXY S4
Potrebbe essere considerato il comma 2 del punto precedente. Se l’iPhone rappresenta più del 50% del fatturato di Apple, l’uscita di uno smartphone capace di ridefinire gli standard del settore costituisce una minaccia, se non un incubo. Non è un caso che i timori della Borsa si siano palesati proprio alla vigilia dell’uscita del Samsung Galaxy S4 , terminale che secondo molti potrebbe segnare il passaggio di consegne nel settore dei telefonini intelligenti.

4. LA MANCANZA DI UNA STRATEGIA NEL MIDMARKET
Ad Apple non interessa la palma delle vendite ma quella del profitto. Lo diceva Steve Jobs e lo ribadisce anche oggi Tim Cook. La crescita di Android, letteralmente dirompente nel settore dei dispositivi sotto i 500 euro, laddove la Mela – per una precisa scelta di campo – ha voluto tenersi fuori dai giochi, sta però diventando imbarazzante: ad oggi 3 smartphone su quattro montano il sistema operativo del robottino verde. L’uscita dell’iPad Mini è probabilmente il primo segnale di una volontà di correre ai ripari che potrebbe essere suggellata dalla (probabile) uscita di nuovo iPhone in formato ridotto.

5. LA SCARSA DIFFERENZIAZIONE DEI PRODOTTI
Per anni Apple ha provato a convincerci dell’inutilità di una strategia di differenziazione. "Pochi ma buoni" è stato il mantra del colosso americano, ben incarnato dall’iPhone, unico grande prodotto della Mela a sfidare una concorrenza sempre più ricca e variegata. In un mercato sempre più alfabetizzato e affamato di nuovi prodotti questo atteggiamento comincia però a mostrare il fianco. Laddove la concorrenza può mettere a catalogo intere famiglie di prodotti, scalabili per dimensioni, prestazioni e funzionalità, Apple si limita al singolo pezzo, desiderabile ma non sempre in linea con i desiderata del consumatore.

6. IL RICAMBIO GENERAZIONALE
Considerata la penuria di modelli, la scelta di rinfrescare le lineup a distanza di un anno appare in questo senso poco utile alla causa. Il ciclo di vita dei prodotti Apple, in altre parole, è troppo lungo per consentire ad Apple di rimanere al passo dei continui annunci della concorrenza. Soprattutto se, come nel caso dell’iPhone 5, l’effetto novità si esaurisce presto.

7. LA GUERRA DEI BREVETTI
Se dovessimo tracciare uno spartiacque fra l’apice del successo di Apple e l’inizio del declino sceglieremmo senza dubbio la fine dell’estate 2012, data del primo grande scontro in tribunale con Samsung. L’impressione è che l’ostinazione con cui Cupertino si è scagliata contro la concorrenza “copiona” si sia rivelata un boomerang per l’immagine della società. Per alcuni utenti Apple ha voluto mettere il suo brand su un piedistallo, pensando più a proteggere le tecnologie pregresse che a svilupparne di nuove.

8. GLI ERRORI NEL SOFTWARE
A proposito di immagine. Non si può certo dire che le recenti scelte del team di sviluppo software abbiano giovato al buon nome di Cupertino. Le defaillance delle mappe, ma anche la scelta autarchica di escludere sempre più software di terze parti (e in particolare quelli a marchio Google) dalla lista delle risorse predefinite si è rivelata il classico passo più lungo della gamba. Apple, in buona sostanza ha pensato di poter fare a meno di tutte quelle applicazioni (Google Maps, YouTube) che hanno contribuito a fare grande il suo sistema operativo, ma senza avere in casa un’alternativa altrettanto valida. Riuscirà Jonathan Ive, da qualche mese a capo anche del design del software di Apple, a ridare slancio a tutte le attività?

9. ...E QUELLI NELLA COMUNICAZIONE
Secondo alcuni addetti ai lavori, poi, le strategie di Apple sarebbero mal supportate dai suoi reparti di comunicazione. C’è chi definisce le pubbliche relazioni di Cupertino troppo serie e autoreferenziali, chi le ritiene incapace di attrarre l’attenzione degli utenti e di mantenere il controllo della narrazione. L'azienda – sottolinea Jean-Louis Gassée , ex dirigente Apple -  - ha lasciato che fossero gli altri a definire la sua storia.

10. UN’AZIENDA PREVEDIBILE?
C’era una volta Apple, società capace di tenere i propri progetti in un laboratorio segretissimo, chiuso a doppia mandata. Capace di tenere vive le attese del mercato senza mai sbottonarsi più di troppo, per poi sorprendere tutti al momento dell’annuncio ufficiale. Quell’azienda ora non c’è più. Le falle che continuano ad aprirsi nella gigantesca supply-chain di Cupertino stanno smontando l’aura di impenetrabilità su cui Steve Jobs aveva costruito una parte del suo miracolo. Di fatto non c’è prodotto della Mela che non sia già stato “scoperto” prima del lancio. E la decisione di riportare parte della produzione negli Stati Uniti sembra il primo passo verso un ripensamento complessivo dei rapporti coi fornitori.

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Roberto Catania

Faccio a pezzi il Web e le nuove tecnologie. Ma coi guanti di velluto

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