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Economia

Starbucks - Nestlé: l'accordo spiegato in 5 punti

Il colosso svizzero che controlla Nescafé e Nespresso, potrà vendere i prodotti della catena di coffee shop. Una licenza da 6 miliardi di euro

Chiamatelo Big Coffee: la partnership tra Nestlé e Starbucks darà non poco filo da torcere ai player del settore, anche a grandi nomi italiani come Lavazza, Segafredo Zanetti, Kimbo e Illy. La multinazionale elvetica, che controlla i marchi Nescafé e Nespresso, ha sborsato poco meno di 6 miliardi di euro (7,15 miliardi di dollari) per una licenza relativa ad alcuni prodotti del gruppo statunitense Starbucks, tra cui le capsule compatibili con le macchine Nespresso.

Vediamo di seguito i dettagli dell’accordo, che dovrebbe essere siglato entro fine anno, e le ripercussioni sul mercato mondiale del caffè.

L'intesa in dettaglio

Nestlé potrà commercializzare i prodotti Starbucks, ma non i "ready to drink" (quelli venduti in forma già preparata per essere consumata), al di fuori della catena dei 28.000 coffee shop sparsi in tutto il mondo e da pochi anni anche in Italia, un business stimato in 2 miliardi l'anno e che comprende i marchi Starbucks, Seattle Best Coffee, Starbucks Reserve, Teavana, Starbucks Via e Torrefazione Italia.

Starbucks continuerà a produrre caffè confezionato e altri prodotti nel Nord America, mentre Nestlé (che assumerà 500 dipendenti Starbucks a Seattle) lo farà nel resto del mondo. Le vendite saranno in carico a Nestlé, che pagherà una royalty alla catena di coffe shop.

I numeri dei due giganti

Nestlé nel 2015 ha fatturato 14,5 miliardi di euro con i soli marchi Nespresso (che vale 2,5 miliardi) e Nescafé, il caffé solubile più venduto al mondo presente sul mercato dagli anni ’30 e che da solo rappresenta circa il 10% del giro d'affari del colosso elvetico, ponendosi al primo posto a livello globale nel settore davanti appunto a Starbucks che nello stesso anno ha registrato un giro d’affari di 13,9 miliardi e a Mondelez, multinazionale dolciaria americana, che nel settore beverage (incluso il caffé) ha fatturato 8,8 miliardi.

Cosa pensano gli analisti

L'intesa tra i primi due player può essere interpretata in chiave difensiva dai recenti assalti dei competitor, tra cui il gruppo tedesco JAB Holding che a differenza di Nestlé (ha solo due marchi) ha fatto man bassa di brand in Europa e negli Stati Uniti. Ma alcuni analisti ne danno una differente lettura. Come riporta Bloomberg, stringendo un patto con Starbucks, Nestlé è come se avesse ammesso i limiti alla crescita delle linee di business rappresentate da Nescafé e Nespresso. "Nestlé aveva bisogno di un grande brand e in fretta e l'ha trovato in Starbucks" ha detto Alain Oberhuber, analista della banca MainFirst.

I vantaggi per i due gruppi

Qualcosa di analogo il colosso elvetico avrebbe voluto metterlo a segno nel mercato del cioccolato, comprando il brand italiano Nutella, ma la famiglia Ferrero ha sempre risposto picche. L'operazione con Starbucks è comunque la terza più grande nella storia di Nestlé e consente al gruppo di raffrozarsi in un campo che rappresenta, se aggiungiamo anche altre due bevande calde (the e cacao), da solo quai il 20% del suo fatturato, con ricadute positive sul bilancio a partire dal 2019. Starbucks, invece, potrà utilizzare i proventi dell'accordo per operazioni finanziarie, come buy-back, e grazie all'accordo di distribuzione potrà crescere fuori dagli Stati Uniti dove i coffe shop sono meno presenti.  

Una mossa difensiva

Con questa mossa, infine, Nestlé cancella con un'alleanza il più agguerrito competitor diretto: lo scorso anno Starbucks aveva deciso di lanciare sul mercato una linea di capsule a marchio proprio compatibili con le macchine Nespresso, approfittando della diffusione delle macchine nelle famiglie.

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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