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(Ansa)
Economia

Signa Group, la Lehman Brothers d'Europa?

La società immobiliare austriaca ha presentato istanza di fallimento con un buco da 13 miliardi. E anche il nostro sistema rischia il contagio

L’Europa potrebbe avere la sua Lehman Brothers. Signa Group, la più grande società immobiliare privata dell’Austria, fondata dal miliardario René Benko la scorsa settimana ha presentato istanza di procedura di insolvenza a Vienna. Un impero di 27 miliardi di euro (più 25 miliardi di progetti in cantiere) e un’esposizione di oltre 13 miliardi di euro verso i creditori. Un fallimento che ha strascichi economici e politici per tutta Europa. Tremano le banche europee, il settore immobiliare, la finanza e ad essere coinvolta è anche la discussione in atto sul Mes.

Il gruppo di Benko, esempio negli anni di crescita finanziaria a debito, ha provato per settimane a evitare il crack. Una disperata ricerca di almeno 600 milioni di liquidità, ma alla fine, esposto com’era, è rimasto schiacciato da una duplice morsa. Da un lato dall’aumento dei costi delle materie prime per le costruzioni e dall’altro dall’ingente aumento dei tassi di interesse fissati dalla Bce, che ha portato a un indebolimento dell’immobiliare in tutta Europa. Mutui troppo cari e la bolla immobiliare è scoppiata, con i prezzi schizzati alle stelle. È proprio questo il settore che il colosso del magnate austriaco ora rischia di portarsi dietro nella sua caduta, proprio perché il gruppo è uno dei maggiori protagonisti dello sviluppo immobiliare della Germania.

A tremare, in primis, sono le banche di mezza Europa, una dozzina quelle coinvolte con prestiti a Signa. Innanzitutto, ci sono gli istituti austriaci come Raiffeisen Bank International esposta per oltre 800 milioni di euro. E poi c’è la svizzera Julius Baer (oltre 600 milioni di euro) e per centinaia di milioni sono esposti alcuni istituti tedeschi come Helaba, NordLB e BayernLB (banche regionali di proprietà pubblica in Baviera e dell’Assia). E c’è Unicredit, con un’esposizione di circa 600 milioni di euro, attraverso Bank Austria. Secondo gli analisti l’istituto di Piazza Gae Aulenti potrebbe usare parte dei suoi accantonamenti per coprire l’esposizione e limitare così l’impatto.

E poi c’è l’effetto domino: Benko rischia di portarsi dietro alcuni tra i nomi più potenti e blasonati dell’imprenditoria europea. Nel capitale azionario del gruppo è coinvolta la famiglia Peugeot (possiede oltre il 4% di una società del gruppo); il magnate della logistica Klaus-Michael Kühne; il presidente del gruppo svizzero del cioccolato Lindt & Sprüngli e tanti altri. Oltre a banche e mondo imprenditoriale la scossa può arrivare anche sul retail europeo. Signa ha la maggioranza, infatti, di alcune delle più grandi catene: Galeria Kaufhof e KaDeWe in Germania e Globus in Svizzera e diversi hotel di lusso e uffici. E se la crisi si allargasse a tutto il settore immobiliare a soffrire sarebbe la Germania intera, perché si tratterebbe di un quinto del Pil tedesco.

Ecco che il crack di Benko porta ancora di più in primo piano l’urgenza di Berlino di procedere alla ratifica della riforma del Mes (che l’Italia non ha ancora firmato). Il prestito paracadute sembra ancora più necessario per fronteggiare una crisi bancaria che appare più concreta con questa Lehman Brothers in suolo europeo. Anche se, va detto, rispetto al 2008 Europa e Stati Uniti si sono attrezzati per dormire sonni più tranquilli. Le normative esistono per difendersi, ma la riforma del Mes è sempre più sul tavolo politico.

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Cristina Colli