Peugeot, cinque cose da sapere sul salvataggio dell'azienda
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Economia

Peugeot, cinque cose da sapere sul salvataggio dell'azienda

Psa e Dongfeng collaborano dal 1992, ma la scalata cinese è appena iniziata

Dopo aver comprato porti, ristoranti, centri estetici e terreni agricoli, i cinesi stanno provando in tutti i modi a mettere le mani sulle grandi aziende occidentali. In America e in Europa. E non tanto perché orgogliosi di portare avanti quella che qualcuno ha chiamato una decolonizzazione al contrario, quanto perché convinti che sfruttando marchio, posizione di mercato, rete di distribuzione e know how di aziende così forti possano finalmente permetters di fare quel salto di qualità che le aziende made in China non hanno ancora permesso loro di fare. 

E' di poche ora fa la notizia dell'approvazione da parte di Peugeot di un iter che porterà ad un aumento di capitale di tre miliardi e che garantirà ai cinesi di Dongfeng una quota azionaria del 14 per cento. Perché Peugeot è stata salvata? E perché proprio dai cinesi? Per capirlo dobbiamo cercare di ricostruire gli alti e bassi che hanno segnato l'andamento del colosso automobilistico francese negli ultimi anni.

1) A fine 2012 Peugeot ha registrato una perdita record di ben cinque miliardi di euro. Il 2013, invece, è stato chiuso con l'ennesima scivolata nelle vendite e un riassestamento delle stesse a un -4,9 per cento (seppure con un parziale recupero nell'ultimo trimestre) rispetto a un anno, il 2012, già particolarmente negativo.

2) Negli ultimi 24 mesi, complice una rallentamento generale del mercato automobilistico globale, la famiglia Peugeut, da sempre azionista di maggioranza, non è stata in grado di rilanciare la crescita né di evitare il rapido tracollo. Da qui la necessità di chiedere aiuto a Parigi che, tuttavia, ha indirettamente ammesso di non avere la forza di sostenere il gruppo da solo, pur desiderando di mantenerlo "in mani francesi".

3) L'interesse dei cinesi di Dongfeng non si è certo concretizzato in queste ultime ore. Il gruppo è un partner storico della casa francese Peugeot-Citroen (Psa), con la quale collabora sin dal 1992 sia nel ramo della produzione che in quello della distribuzione. La joint-venture Psa-Dongfeng (che da solo vanta di essere il terzo produttore cinese), ha permesso ai francesi di consolidare una capacità produttiva complessiva nella Repubblica popolare di 750 mila automobili, che si aggiunge a una quota di mercato del 3,8 per cento che potrebbe realisticamente toccare quota 5 in tempi relativamente rapidi. Tuttavia, pur avendo riconosciuto e apprezzato le opportunità offerte dai cinesi, a Parigi non è mai andato giù il loro desiderio di mettere le mani sul 30 per cento del capitale di Psa. Una quota, tra l'altro, particolarmente significativa perché avrebbe finito col mettere la famiglia Peugeot, in minoranza. 

4) A un certo punto, però, è arrivata la crisi vera, e a dispetto dei tentativi più o meno realistici di tenere i cinesi fuori dai giochi, alla fine Psa e Parigi sono state costrette a cedere. Ufficialmente Dongfeng non ha ottenuto quello che voleva (la proposta di 1,5 miliardi di aumento di capitale in cambio di una quota azionaria del 25-30 per cento è sul tavolo già da mesi), ma di certo può ritenersi soddisfatto. Pur non essendo riuscito ad ottenere la quota desiderata, il fatto che l'accordo finale abbia previsto una parità sostanziale tra i tre principali azionisti, cui rimarrà una quota del 14 per cento a testa, di fatto mette i cinesi sullo stesso piano dei francesi.

5) Resta da vedere se, una volta chiamato a sborsare i 750 milioni di euro previsti per il salvataggio, il governo francese potrà davvero permettersi di farlo. Se così non fosse, Dongfeng guadagnerebbe ancora più potere all'interno dell'azienda. che potrebbe addirittura ritrovarsi nella condizione di fare un passo indietro e accettare l'offerta iniziale di un investimento da un miliardo e mezzo di euro. 

 

 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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