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Ansa
Economia

Commercio, sempre meno negozi aperti. Ma non è solo colpa della crisi

Tante attività commerciali abbassano le serrande per sempre, svuotando i centri. Un fenomeno legato anche al boom dell'e-commerce perché gli italiani hanno imparato a fare acquisti online

È vero, in dieci anni sono spariti nelle nostre città 120 mila negozi e 16 mila attività commerciali ambulanti. Ma è un bene? Un male? È un’evoluzione, un cambiamento. Sono mutate le abitudini, complici il Covid e il caro-vita. E non lo dicono solo i sociologi, ma gli stessi dati. Quegli stessi numeri che fotografano una moria continua dei negozi di prossimità raccontano anche di settori in cui si resiste e anzi, si cresce.

I dati (centro studi Confcommercio): nell’ultimo decennio la densità commerciale nelle città è passata da 9 a 7,3 negozi per mille abitanti. Un calo del 20%. Tradotto significa 120 mila negozi persi dal 2012 a settembre 2023, oltre il 16% del totale. Nel dettaglio: -31% di negozi di libri e giocattoli, -30,5% di punti vendita di mobili e ferramenta, -21,8% per abbigliamento e calzatura. Ma a fronte di una moria che fa scattare l’allarme “desertificazione commerciale” nelle città, ci sono i negozianti che resistono e anche quelli che crescono.

Gli alimentari soffrono per esempio, ma la flessione qui è di poco sopra il 10%. Mentre aumentano di numero sul territorio le farmacie e parafarmacie (+12,6%), i rivenditori di telefonini e computer (+10.8%) e bar, ristoranti e alberghi (+43,3%) che hanno registrato un aumento di 100mila.

Il settore più resistente e florido è quello, dunque, delle farmacie e parafarmacie che copre addirittura l’85% della fetta di mercato. Il boom maggiore dopo la pandemia, a dimostrazione che i cittadini riconoscono nel farmacista sul territorio un valore aggiunto, una presenza fondamentale. E quindi le farmacie non chiudono. Ed essenziali sono ormai anche i negozi di telefonia e computer, che infatti crescono. Gli italiani vogliono “toccare con mano” spesso prima di comprare e in più c’è tutta quella fetta di consumatori che è più tranquillo dall’acquisto in negozio, perché è rassicurato dall’avere una persona che può aiutare nell’installazione e per eventuali problemi.

La moria dei negozi e la resistenza di alcuni si spiega ovviamente innanzitutto con il boom dell’e-commerce. Basta pensare al recente Black Friday: oltre 2 miliardi spesi online dagli italiani. Ed è sufficiente guardare i dati dell’e-commerce: sono 33 milioni i digital shopper italiani e gli acquisti online B2c toccheranno i 54 miliardi di euro nel 2023. Siamo sempre più digitali nel fare acquisti. Perché? Perché il Covid ci ha costretto a imparare e perché immediatamente la comodità è entrata nelle nostre abitudini. Fare shopping col proprio computer o smartphone è più veloce (il risparmio di tempo è sempre più un tema) e di euro (benzina, biglietti dei mezzi pubblici risparmiati per andare direttamente di persona).

Questo porta alla moria dei negozi di prossimità? Contribuisce certo, unito al caro-vita che affrontano i negozianti per tenere in piede le attività. E i posti di lavoro? Si spostano, in parte, nell’e-commerce, dove c’è richiesta sempre più di corrieri e addetti alla logistica e alle spedizioni.

La desertificazione commerciale? Sindaci e commercianti si stanno alleando per fare fronte al rischio e i negozi che i cittadini chiedono ancora resistono e aumentano, facendo da baluardo. Ma il cambiamento non si arresta. Oggi farmacie e negozi di telefonia e computer, insieme a bar e ristoranti e alberghi, sono le realtà forti. Ma chissà tra qualche anno quali saranno i settori più presenti nelle nostre città. Si chiama cambiamento. E non si arresta.

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Cristina Colli