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(Ansa)
Economia

Il mondo coperto da 313mila miliardi di dollari di debiti

I dati confermano una tendenza che sembra irreversibile. Ma alla fine qualcuno pagherà: i nostri figli e nipoti

Siamo seduti su una montagna di debiti. La corsa del debito mondiale ha toccato il massimo storico: 313mila miliardi di dollari. I dati dell’Institute of international finance (Iif) parlano chiaro: governi, famiglie, imprese e banche hanno ripreso a indebitarsi, anzi c’è stata un’accelerazione nel 2023 con 15mila miliardi in più rispetto a fine 2022. Il mondo è sempre più indebitato. Perché la corsa accelera? E chi pagherà alla fine?

“E’ molto facile aumentare le spese, ma molto difficile tagliarle o aumentare le imposte. C’è una caratteristica della dinamica della spesa pubblica: se cresce, quell’aumento rimane, è difficile tornare indietro. Stiamo scaricando sui nostri figli e nipoti le spese di cui godiamo”, spiega Paolo Manasse, professore di Macroeconomia all’Università di Bologna

Era il 2021 quando il debito globale superò quota 300mila miliardi di dollari. E a spiegare la cifra c’erano le spese sostenute da tutti i paesi per affrontare la pandemia. Oggi siamo tornati a quei record, anzi superati: 313 mila miliardi di dollari. Cosa è successo? Ci sono aspetti comuni a tutte le aree geografiche. “Primo motivo è la sequenza di choc negativi di carattere recessivo: la crisi del 2008, quella del debito in Europa, il Covid, la recessione seguita agli aumenti delle materie prime e adesso le guerre. Questo da un lato ha spinto i governi ad aumentare la spesa (per far fronte a esigenze di carattere sociale come la disoccupazione) e dall’altro ha portato alla riduzione del Pil (delle entrate) creando squilibri tra spese ed entrate che devono essere finanziati in debito. Secondo motivo è l’aumento fortissimo negli ultimi anni dei tassi di interesse, dopo un decennio di tassi negativi o a zero. I governi si sono così trovati a gestire un onere molto più costoso del debito pubblico, che ha creato altro debito, in un circolo vizioso”, spiega Manasse. Ci sono poi fattori specifici di alcune zone del mondo. Per esempio i Paesi asiatici, eccetto il Giappone, hanno debiti più bassi rispetto a Europa e Stati Uniti perché non hanno gli stessi problemi legati all’età della popolazione. In continenti che invecchiano la spesa pubblica, per le pensioni e la sanità, aumenta. Un altro esempio: i Paesi ricchi di materie prime in questi anni hanno accumulato meno debito rispetto a quelli che hanno dovuto importare materie prime con prezzi aumentati.

Nel 2023 rispetto al 2022 i debiti dei governi sono passati dagli 83.600 miliardi a 89.900 miliardi, quelli delle famiglie da 57mila miliardi a 59.300 miliardi, quelli delle imprese da 90mila miliardi a 94.400 miliardi e quelli delle società finanziarie da 67.100 miliardi a 69.400 miliardi. Sommando: 15.300 miliardi in più in un anno. È preoccupante quando il ricorso all’indebitamento non è seguito, come accade oggi, ad un uguale aumento di risparmio delle famiglie. Due sono gli aspetti preoccupanti di questo aumento del debito molto rapido: la prospettiva sulla crescita economica internazionale e il rischio di effetti a catena se si sollevano dubbi e rischi di default di Paesi grandi”, avverte Manasse. E il debito è aumentato particolarmente in Paesi come Stati Uniti, Francia e Germania. In generale è diminuita la sua relazione con il Pil, dato il rallentamento della crescita economica.

Ma alla fine chi pagherà questa montagna di debiti?

“Nel mondo ideale se le entrate per immissioni di debito fossero investite in progetti (infrastrutture, educazione, investimenti pubblici) che aumentano il Pil delle generazioni future, il debito si ripagherebbe da solo. Ma non è così. Solo una frazione minima di queste spese va a creare crescita. Si usa per le spese correnti (pensioni, sussidi…), per tappare falle non per genere un ritorno economico tale da potersi ripagare. Quindi il debito verrà scaricato e ripagato dalle generazioni future, che avranno accesso a minori servizi o dovranno pagare più tasse. Stiamo scaricando sul futuro dei nostri figli e nipoti le spese di cui godiamo noi oggi”, conclude Manasse.

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Cristina Colli