semiconduttori
(iStock)
Economia

La militarizzazione delle materie prime

Davvero esiste un legame tra dispositivi elettronici e la guerra?

Normalmente non immaginiamo che gli oggetti banali che ci circondano come automobili, dispositivi elettronici, oggetti di design abbiano una stretta relazione con il dramma caotico delle guerre. Guerre fisiche, ma anche tecnologiche, per il controllo dell’energia o delle materie prime che sono alla base del nostro quotidiano mondo di cose. Da sempre le guerre si combattono per le risorse naturali o le risorse naturali vengono militarizzate, la “resources weaponization”, e diventano armi. Oggi le guerre si combattono in molti ambiti oltre a quelli cruenti dei campi di battaglia e possono essere la miccia che innesca i conflitti sul campo, conflitti tecnologici che potrebbero fondersi in un’una guerra dove il controllo delle materie prime sarà l’arma.

Non a caso il conflitto per il controllo dei semiconduttori è già noto come “la guerra dei chip”. I chip sono una delle meraviglie della tecnologia moderna, i cervelli dei dispositivi elettronici che consentiranno di dominare le industrie del futuro e dotare gli eserciti di armi tecnologicamente evolute. Stati Uniti e Unione Europea sono leader globali sia nella progettazione di chip che del software sottostante e detengono la proprietà intellettuale degli strumenti che ne consentono la produzione.

In queste settimane I governi di Paesi Bassi e Giappone, su pressioni di Washington, hanno ordinato ai produttori di chip avanzati di non esportare i loro prodotti in Cina per frenare la capacità di Pechino di produrre chip ed impedire che vengano utilizzati per scopi militari. Il Giappone ha allineato i suoi controlli commerciali tecnologici a quelli USA limitando le esportazioni di 23 tipi di apparecchiature per la produzione di semiconduttori. Similare la posizione dei Paesi Bassi che limiteranno l'esportazione di apparecchiature per la produzione di chip, come quelle di ASML Holding NV, che domina il mercato dei sistemi di litografia utilizzati per creare i chip più avanzati.

Le macchine che producono semiconduttori sono tra i dispositivi più complicati prodotti dagli esseri umani e sfidano il reverse engineering, rendendo difficile per la Cina sviluppare le proprie capacità nazionali se non può ottenere le apparecchiature. Da qui le accuse di Pechino agli Stati Uniti di essere una "egemonia tecnologica" e l’esortazione a Giappone e Paesi Bassi a non seguirli su quella china. Nel contempo l’Impero di Mezzo, rivolgendosi all’Organizzazione mondiale del commercio, l’OMC, ha chiesto di intervenire sulle restrizioni all'esportazione imposte dagli Stati Uniti e dai suoi alleati che mirano a bloccare la sua capacità di utilizzare e produrre chip avanzati.

Ora, che la protesta cinese possa sortire qualche effetto è in forte dubbio, visto che il suo rispetto delle regole dell’OMC è, a dir poco, controverso e problematico. La Cina ha una lunga storia di violazione ed elusione delle regole dell'OMC per raggiungere i suoi obiettivi di politica industriale. Oggi, dopo oltre vent’anni, è evidente l’ingenuità dell’Amministrazione Clinton nei suoi illusori propositi di trasformare la Cina in una potenza democratica. Di fatto il Dragone ha creato un suo modello di capitalismo, a “partito unico”, mantenendo e ampliando il suo approccio statale, e non di mercato, all'economia e al commercio. Gli Stati Uniti denunciano da tempo le pratiche cinesi, come i sussidi alle aziende pubbliche, e accusano Pechino di furto di proprietà intellettuale e trasferimento forzato di know-how e tecnologia da società straniere in cambio dell'accesso al mercato interno.

Xi Jinping ha chiarito, all’inizio del suo terzo mandato, che l’obbiettivo della seconda economia più grande del mondo sarebbe stato di eguagliare o battere gli Stati Uniti nella sfera tecnologica, nonostante gli sforzi di Washington per arginare la Cina attraverso sanzioni e altre restrizioni. Ma, per quanto poco si adatti al suo modo di agire, Xi ha compreso che non può farlo da solo e la recente visita di Macron ed Ursula von der Leyen, ha sottolineato l'importanza che Pechino deve porre nel ricucire i legami con i principali alleati degli Stati Uniti per evitare l'isolamento sulla scena mondiale. La cartina di tornasole è la reazione di Pechino alla visita, senza precedenti, della presidente taiwanese Tsai Ing-wen negli USA. A molti osservatori è parsa una risposta in tono minore rispetto ai test missilistici ed esercitazioni militari che Pechino mise in atto per la visita di Nancy Pelosi a Taiwan.

Ma la prossima guerra che Pechino sta preparando potrebbe essere sulle materie prime. Ormai siamo alle soglie di una situazione analoga a quanto accadde nel 2010 quando, la crisi sino-giapponese per le isole Senkaku sfociò nel blocco di un peschereccio cinese da parte Guardia Costiera Giapponese ed il divieto cinese di esportazione di terre rare in Giappone. Il risultato fu uno storico picco nei prezzi delle terre rare che ebbe però breve durata. Oggi però la situazione ha un respiro globale. Perché la maggior parte delle “materie prime critiche” viene estratta o lavorata in Cina. A ciò si aggiunga il fatto che il 61% dei semiconduttori di fascia alta è prodotto a Taiwan, che per il Dragone è designato come territorio cinese nell'ambito della politica di una sola Cina.

La Cina ha, da tempo, attraverso gli interventi del Ministero del Commercio e del Ministero della Scienza e della Tecnologia sul "Catalogo delle tecnologie vietate e limitate all'esportazione", inasprito il divieto di esportazione del know-how sui magneti permanenti oltre ad altre tecnologie sulle terre rare. Il divieto ha reso manifesta la visone del Dragone secondo la quale tutti gli altri devono "aprirsi" e "globalizzarsi", ma non la Cina. Resta il fatto che oggi il bando alle esportazioni dei magneti permanenti potrebbe letteralmente bloccare interi settori delle economie occidentali dato il loro uso trasversale in moltissime tecnologie.

Costituito oltre un anno fa il China Rare Earth Group è chiamato a guidare l'innovazione scientifica e tecnologica per lo sviluppo di alta qualità dell'industria cinese delle terre rare in considerazione del fatto che, per quanto il suo valore economico sia limitato a 10 miliardi di dollari, consente di produrre prodotti per trilioni di dollari a livello mondiale. La mossa di Pechino non giunge inattesa se già nel luglio dell’anno scorso il segretario all'Energia degli Stati Uniti Jennifer Granholm riteneva che quanto accaduto con i combustibili fossili nella guerra Russia-Ucraina si sarebbe replicato con i minerali critici.

Ma per quanto possa essere previsto il bando di Pechino i problemi per l’Occidente non si fermerebbero alle terre rare ma potrebbero comportare significativi blocchi anche all’industria dei semiconduttori perché se in questo caso il know-how tecnologico è patrimonio di USA, Giappone ed Europa l’approvvigionamento delle materie prime è in larga parte controllato dalla Cina e buona parte di ciò che resta dalla Russia. Come dire: dalla padella nella brace.

Perché il punto debole della catena del valore europea e statunitense sono le materie prime critiche necessarie alla produzione di semiconduttori, come neon e palladio, oltre a metalli come gallio, germanio ed altri. La Russia controlla circa il 40% della produzione globale di palladio ed il restante, salvo poche eccezioni, viene estratto in Sud Africa. Ma la Russia è anche un attore importante nella raffinazione del palladio. La guerra in Ucraina ha gravemente interrotto la fornitura di gas neon dato che metà del neon di qualità per semiconduttori viene prodotto nel Paese, tra cui nel famigerato impianto siderurgico Azovstal di Mariupol. Il neon è un sottoprodotto della produzione siderurgica russa, che viene successivamente purificato e lavorato in Ucraina, per poi essere spedito ai produttori di semiconduttori di tutto il mondo.


In origine, oltre il 90% della produzione globale di neon proveniva dall'Ucraina, ma dall'annessione della Crimea nel 2014, una parte significativa della produzione si è spostata in Cina. Nel 2021 il volume delle esportazioni di gas neon dalla Cina era di 65.000 metri cubi. La Russia ha limitato l'esportazione di gas neon in Europa, mentre non c'è un divieto di esportazione del palladio, sebbene sia plausibile nel prossimo futuro.


I metalli industriali sono universalmente visti come la spina dorsale dell'economia moderna. Nel 2021, nel pianeta sono state estratte circa 2,8 miliardi di tonnellate di metalli per alimentare l’economia globale. Le tensioni tra Cina e Stati Uniti per Taiwan, la guerra tra l’Occidente e la Russia in Ucraina, i conflitti tecnologici e geopolitici sui semiconduttori e sulle materie prime sono aspetti diversi del medesimo conflitto in atto tra autocrazie e democrazie. Oggi lo sviluppo tecnologico è condizionato dall’accesso alle materie prime ed innesca un braccio di ferro internazionale i cui esiti sono ancora tutti da scrivere.

I più letti

avatar-icon

Giovanni Brussato