Made in Italy a tavola: cinque prodotti sotto scacco
Olio, latte, miele, pomodori e arance: la concorrenza dall'Europa e dal Nord Africa rischia di mettere in difficoltà i produttori italiani. Ecco perché
L'arrivo di 35.000 tonnellate di olio di oliva tunisino a dazio zero, con il benestare di Bruxelles, ha riacceso i riflettori sui prodotti alimentari italiani che potrebbero finire sotto attacco della concorrenza sleale di produttori esteri.
La Coldiretti parla già di "invasione": oggi tre bottiglie di latte a lunga conservazione su quattro, due bottiglie di olio su tre e un barattolo di miele su tre contengono un alimento che è stato prodotto all'estero e solo imbottigliato in Italia. Ma perché la grande industria alimentare si rifornisce sempre meno dai produttori locali? E cosa impedisce ai coltivatori e allevatori italiani di combattere ad armi pari con i concorrenti stranieri?
Il nodo delle regole
Sia che si parli di agricoltura sia che si parli di allevamento, le difficoltà incotrate dai nostri operatori spesso sono le stesse: per via di regole diverse da quelle che sono obbligati a rispettare i produttori italiani, i produttori esteri non di rado risultano avvantaggiati sul mercato italiano. Poi c'è anche un problema di stazza dei produttori italiani: si tratta spesso di piccole aziende che non riescono ad applicare economie di scala. Tutto ciò fa sì che un prodotto estero, o finto "made in Italy" (e cioè con la sola etichetta italiana), abbia un prezzo più basso rispetto a quello di un prodotto italiano al 100%.
Olio d'oliva
Nel 2015 in Italia le importazioni di olio di oliva della Tunisia sono aumentate di oltre otto volte (+481%) per un totale di oltre 90 milioni di chili, anche se il grosso delle importazioni viene dalla Spagna (quasi 600.000 tonnellate) e in misura minore dalla Grecia. Il consumo nazionale è stimato in oltre 650.000 tonnellate, mentre la produzione interna si aggira sulle 400.000 tonnellate; il ricorso alle importazioni, necessario, è comunque aumentato negli ultimi anni a seguito della mosca olearia e dei fattori climatici che hanno frenato la produzione interna. "Il rischio concreto è il moltiplicarsi di frodi, con gli oli di oliva importati che vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, una parvenza di italianità" avverte Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti.
Pomodori
Un caso analogo all'olio tunisino è quello dei pomodori dal Marocco, dove si possono utilizzare pesticidi vietati in Europa e le coltivazioni, segnala la Coldiretti, sono realizzate in condizioni di "dumping sociale per il basso costo della manodopera". Grazie a un accordo commerciale con Bruxelles, il paese nord africano ha potuto esportare i suoi pomodori in Europa provocando, secondo la Coldiretti, "una crisi senza precedenti della produzione nazionale, che si concentra in Puglia e Sicilia".
Miele
Un barattolo di miele su tre in vendita in Italia è prodotto all'estero per effetto del record nelle importazioni: 23,5 milioni di chili nel 2015 (+11%). Il miele "straniero" proviene soprattutto da quattro paesi: Ungheria, Cina (dove sono ammesse coltivazioni Ogm), Spagna e Romania. Il consumatore italiano è comunque tutelato: la parola "Italia" deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto sul territorio nazionale. Il problema, invece, riguarda l'industria dolciaria: la presenza del miele straniero nei biscotti, torroni e altri dolci non viene indicata in etichetta.
Latte
In Italia, secondo la Coldiretti, una mozzarella su a due è prodotta con caliate straniere e solo una busta di latte a lunga conservazione (UHT) su quattro contiene latte italiana. Del resto, la produzione complessiva di latte bovino ammonta a 11 milioni di tonnellate a fronte di 30 milioni di tonnellate consumate. L'accusa della Coldiretti? Le industrie utilizzano semilavorati di latte a basso costo di provenienza estera, soprattutto dall'Est Europa, per produrre formaggi, yogurt, e mozzarelle, spacciando poi questi ultimi come made in Italy. Non solo. L'industria lattiero-casearia lo scorso anno ha deciso di tagliare di oltre il 20 per cento i compensi per gli allevatori nostrani, portandoli ai livelli di venti anni fa: così produrre latte nel nostro Paese sta diventando quasi impossibile.
LATTE LE 4 RAGIONI DEGLI ALLEVATORI
Arance
Rischia di sparire anche la spremuta italiana: una pianta di arance su tre è stata tagliata negli ultimi quindici anni, mentre si sono dimezzate le piante di limoni a fronte di una riduzione più contenuta (-18%) delle piante di clementine e mandarini. Il disboscamento delle campagne italiane è il risultato sia di una vera invasione di frutta straniera (raddoppiata negli ultimi 15 anni fino a 480 milioni di chili nel 2015) sia di importazioni di succo dai Paesi extracomunitari che arrivano in Italia attraverso una serie di triangolazioni. Anche in questo caso i compensi agli agricoltori italiani non riescono a coprire i costi di raccolta, spiega la Coldiretti, "a causa della concorrenza sleale dei prodotti importati dall’estero, in una situazione di dumping economico, sociale ed ambientale".