Incentivi alle imprese: per il 2020 manca ancora il decreto attuativo, e per il 2021 tutto tace
Economia

Incentivi alle imprese: per il 2020 manca ancora il decreto attuativo, e per il 2021 tutto tace

E' un rebus quanto previsto dall'esecutivo per le imprese. Dubbi quindi sulla reale portata della manovra del Governo

L'attuale situazione di debolezza dell'economia italiana rischia di aggravarsi a causa dell'incertezza che sembra contraddistinguere la politica fiscale del Governo nei confronti delle imprese: troppe incognite sul breve-medio periodo che se non gestite in modo adeguato provocheranno un sensibile rallentamento (se non un ingessamento) degli investimenti.

Non si conoscono invero talune ripercussioni fiscali delle scelte che le imprese sono chiamate a fare già nelle prossime settimane (o che in parte hanno già fatto nei primi mesi di quest'anno).

Nello specifico, c'è una domanda che ad oggi resta purtroppo senza risposta: gli incentivi previsti dalla Manovra dello scorso anno a favore dei nuovi investimenti troveranno spazio anche nel 2021?

Si pensi al cosiddetto tax credit sui beni strumentali (introdotto in luogo dell'iper e del superammortamento) oppure al credito d'imposta riconosciuto per le attività di ricerca e sviluppo: misure che le imprese – comprese quelle meno strutturate – valutano con estrema attenzione.

La legge di Bilancio 2020 – varata a fine 2019 – aveva rimodellato entrambi gli incentivi citati, attraverso misure finalizzate a contemperare le esigenze delle imprese e le legittime precauzioni del Fisco contro il rischio di manovre fraudolente o comunque elusive.

Uno dei limiti della norma, peraltro, sta nel ristretto ambito temporale (periodo d'imposta 2020) nel quale è destinata ad operare. E poi? Ad oggi, nulla si sa. Ora occorre fare chiarezza sul destino di queste (ed altre) misure: saranno prorogate? Per quanti anni? In quale misura? A quali condizioni?

La circostanza che tali misure (in particolare, il cosiddetto "bonus ricerca") si rendessero applicabili soltanto in un orizzonte temporale limitato rappresenta indubbiamente un freno all'investimento, che per sua natura è spesso caratterizzato da un carattere pluriennale. L'azienda che si assume il rischio di un determinato investimento, sopportandone i costi – per il personale (il più delle volte altamente qualificato), le attrezzature e i materiali, le consulenze esterne, ecc. - dovrebbe essere messa nelle condizioni di conoscere a priori se quel determinato costo viene in parte "assorbito" dallo Stato sotto forma di credito d'imposta, e per quanto tempo. E ciò a prescindere dal successo o meno del progetto perseguito dall'imprenditore.

Le attuali incognite permangono dopo la lettura del Def, che sul punto è estremamente avaro di indicazioni (salvo richiamare le raccomandazioni 3 e 4 del Consiglio Europeo del luglio 2019, "che – si legge nel documento - ha posto come priorità degli investimenti anche l'aumento delle risorse per la ricerca, l'innovazione, la digitalizzazione e le infrastrutture").

A ciò si aggiunga che appare ardua la stessa perimetrazione delle attività agevolate con la richiamata Manovra 2020: se da un lato si vede con favore lo sforzo compiuto dal Legislatore di chiarire più di un aspetto che la normativa previgente aveva lasciato in ombra, dall'altro si deve constatare che l'applicazione pratica della normativa è resa estremamente difficoltosa – diciamo pure impossibile - dalla mancanza dei provvedimenti attuativi. E' infatti scaduto lo scorso 29 febbraio il termine entro il quale il Mise avrebbe dovuto pubblicare il decreto contenente "i criteri per la corretta applicazione" delle definizioni di attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico (art. 1, comma 200, L. 160/2019), nonché di innovazione tecnologica. Tutte attività agevolate fiscalmente, ma per ora solo sulla carta.

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Paolo Duranti