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PIERO CRUCIATTI/AFP/Getty Images
Economia

Così Fca sbatte la porta al sovranismo francese

Dietro al ritiro dell'offerta per la fusione con Renault c'è lo scontro con la difesa ad oltranza degli interessi di Parigi. Un atteggiamento arrogante che però paga

Questa volta è difficile non essere d'accordo con gli Agnelli, che hanno ritirato l'offerta di matrimonio con Renault. Ai francesi avevano prospettato un'unione tra il gruppo Fca e la Renault alla pari, nonostante la casa italo-americana valga di più in borsa (18 miliardi di euro contro i 15,5 di quella francese) e sia ben più grande in termini di fatturato (110 miliardi contro 57). Avevano perciò proposto la creazione di una nuova società detenuta per il 50% dagli azionisti di Fca (capitanati con l'Exor con il 29% di Fca) e per il 50% dagli azionisti di Groupe Renault (guidati dallo Stato francese e dalla Nissan che oggi ne posseggono il 15% ciascuno) con una struttura di governance paritetica e una maggioranza di consiglieri indipendenti.

Però i francesi avrebbero iniziato ad alzare la posta, chiedendo di avere l'amministratore delegato della nuova società, una sede operativa in Francia, il diritto dello Stato a dire la sua sulle nomine oltre naturalmente a non toccare un posto di lavoro nel loro Paese. Insomma, l'impressione è che oltralpe si continui con la solita politica di difesa ad oltranza della propria industria a costo di apparire arroganti. Uno stile a cui sfortunatamente siamo abituati da anni: vi ricorderete le difficoltà che incontrò la Fininvest quando nel 1986 aprì la televisione La Cinq in Francia, che terminò la trasmissioni sei anni dopo. O quando nel 2006 il governo di Parigi impedì all'Enel di acquisire con un'Opa ostile la Suez. O più di recente gli ostacoli affrontati da Leonardo del Vecchio dopo la fusione tra Luxottica ed Essilor o quelli superati faticosamente da Fincantieri con l'acquisto dei cantieri Stx.

Nel frattempo i francesi hanno acquisito in Italia aziende alimentari come Parmalat, gruppi energetici come Edison e una sequela di marchi della moda, da Gucci a Loro Piana, da Bottega Veneta e Fendi. E non smettono di fare shopping. 

Può darsi che nel caso di Fca-Renault la trattativa riprenda, visto che ai manager della casa francese l'operazione piaceva e che forse anche ai giapponesi della Nissan può far comodo un'alleanza con chi detiene i marchi americani Jeep e Ram. Altrimenti Fca potrebbe rivolgere lo sguardo verso Psa o verso la cinese Geely, già proprietaria di Volvo a socia di Mercedes.

Ma certo è inutile protestare contro la politica così pervicacemente nazionalista dei nostri cugini: saranno pure arroganti questi francesi, ma loro, nella classifica redatta da Forbes con le duemila più grandi aziende quotate del mondo, di imprese ne piazzano 57, mentre noi italiani solo 27, meno della metà. La loro prima classificata è la Total con 184 miliardi di dollari di fatturato mentre la nostra campionessa è l'Enel con 86,3 miliardi. E poi la Francia è un Paese che con 66,9 milioni di abitanti si permette di avere due gruppi automobilistici (Psa che ha da poco rilevato al tedesca Opel, e Renault) rispettivamente con 42,7 e 15,5 miliardi di euro di ricavi mentre l'Italia, con 60 milioni di abitanti, fa fatica ad averne uno.

Insomma, dovremmo essere tutti compatti nel difendere Fca, ma sotto sotto che invidia ci fanno 'sti galli.


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Guido Fontanelli