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Ansa
Economia

Crisi, così il divieto di licenziare non salva il lavoro in Italia

Fotografia di un Paese tenuto in vita dai sussidi. Boom di ammortizzatori sociali, 700mila posti bruciati e il rischio di un autunno caldo

Uno tsunami, solo in parte attenuato nei suoi effetti da misure d'emergenza che hanno limitato l'impatto della crisi pandemica sull'economia lasciando, però, intravederne gli effetti quando il sistema non potrà più reggersi su di essi. E' la fotografia che emerge dai numeri degli osservatori dell'Inps. Quello su precariato racconta lo stallo del mercato del lavoro e come il calo di produzione e fatturato ha colpito la categoria meno protetta (quella non salvaguardata dal divieto di licenziamento imposto a marzo col Decreto Cura Italia), mentre nei numeri della cassa integrazione c'è la sintesi di un Paese che ha sopperito alla crisi dando soldi a tutti. O quasi.

A sei mesi dallo scoppio della pandemia Covid-19, però, il bilancio è in profondo rosso con tendenza al pessimismo. Basta leggere la flessione delle assunzioni attivate da gennaio a maggio 2020 per comprendere la portata della crisi sul mondo del lavoro. Erano 3,149 milioni e si sono assottigliate a 1,795 con un calo del 43% diventato addirittura voragine nei mesi del lockdown: -83% ad aprile e -57% a maggio dopo che già ad aprile si erano bruciati 265.000 potenziali nuovi impieghi nel settore privato. Una contrazione che ha colpito tutte le tipologie di contratto con particolare accanimento su quelle meno tutelate, ovvero il lavoro a termine in praticamente tutte le sue forme.

Se i lavoratori garantiti da un contratto a tempo indeterminato si sono potuti riparare sotto l'ombrello del divieto di licenziamento e degli ammortizzatori sociali, per tutti gli altri la pioggia si è trasformata in grandine nel momento del fermo della produzione. Sono stati loro a pagare il conto della pandemia. Un esempio? Le trasformazioni da tempo determinato a indeterminato sono calate bruscamente: -47% ad aprile e -43% a maggio. Il Governo, che un anno fa aveva spinto sulla de-precarizzazione del lavoro con il Decreto Dignità non è stato in grado di mettere al riparo la categoria più debole.

Ora che il termine del divieto di licenziamento per ragioni economiche è oggetto di discussione politica (Confindustria chiede che si torni rapidamente a un regime di normalità), la fotografia di quanto è accaduto in questi primi mesi del 2020 nelle categorie non protette spaventa. Anche perché l'Osservatorio dell'Inps sulla Cassa Integrazione rimanda altri dati che completano il quadro dell'onda lunga che rischia di travolgere in autunno ed inverno il ceto medio italiano. Tra aprile e luglio sono state oltre 2,5 miliardi le ore di cassa e dei fondi di solidarietà autorizzati per far fronte all'emergenza Covid-19. Di queste, solo la metà (1,287 miliardi) di cassa ordinaria mentre tutto il resto è ricaduto sotto le voci straordinarie alle quali si è attinto senza badare a spese pur di mettere in tasca alle famiglie soldi per tirare avanti, rinviando il problema del ritorno sul posto di lavoro in un regime di continua e forte contrazione della domanda e, dunque, della produzione. A leggere i numeri, l'onda lunga non si è esaurita con l'estate e non ha colpito solo le aree meno sviluppate industrialmente del Paese. Anzi. Solo a luglio l'Inps dichiara 449 milioni di euro di cassa o assegni di solidarietà richiesti di cui un quarto dalla sola Lombardia. La locomotiva economica d'Italia.

La morale è che per cercare di tenere in vita il malato (grave) dell'economia serviva e serve adesso una cura da cavallo. L'epoca dei sussidi ha le settimane contate e il mercato del lavoro italiano è in coma farmacologico causa Covid-19 ma già prima non stava bene. Per conferma basta seguire la linea che misura il numero delle posizioni di lavoro attive, mese per mese. A fine maggio ha fatto segnare un calo di 741.729 posti di lavoro rispetto allo stesso mese del 2019, peggiorando sensibilmente i dati di marzo (-278.812) e aprile (-612.965). Ma già dalla scorsa estate la curva aveva cominciato pericolosamente a declinare. Il Covid ha dato la spinta finale, l'autunno con il ritorno (augurato) sul posto di lavoro e a una pseudo-normalità rischia di completare l'opera se non si interverrà cercando di risvegliare il paziente Italia.

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Giovanni Capuano