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(Ansa)
Economia

Come comportarsi davanti agli Utp, i crediti difficili da riscuotere

Le operazioni finanziarie che coinvolgono gli Utp – unlikely to pay, cioè i crediti che molto difficilmente potranno essere riscossi – sono sempre più frequenti nel contesto bancario, anche a causa del grande numero di istituti che negli scorsi anni si sono trovati in difficoltà. Queste operazioni sono destinate solo a produrre margini in capo ai soggetti finanziari coinvolti o possono essere di supporto alla soluzione della crisi di impresa? Ne abbiamo discusso con Massimo De Dominicis, socio fondatore di DDP & Partners, studio associato di Milano specializzato in consulenza alle imprese, in particolare per quanto riguarda ristrutturazioni aziendali, fusioni e acquisizioni e altre operazioni straordinarie.

In cosa consistono queste operazioni?

«I grandi numeri relativi alle operazioni che coinvolgono i crediti Utp oggi vengono principalmente gestiti a livello di portafogli, che vengono trasferiti da chi li detiene, ad esempio istituti bancari in difficoltà, a società specializzate sia pubbliche, come Amco, che private, come Prelios. Le banche preferiscono cedere questi pacchetti di crediti a specialisti, in grado di gestirli in ottica ristrutturatoria o, nei casi più gravi, di recupero. Questo sistema ha permesso e permette tuttora di fornire una soluzione per le banche, sgravandole da crediti problematici e risolvendo così questioni sia di bilancio che operative, ma non permette, in automatico, di risolvere le tematiche di crisi finanziaria dei singoli debitori».

Cosa significa?

«Nelle operazioni di cessione di portafogli di crediti deteriorati si parla sempre di grandi numeri, pacchetti che di norma arrivano a centinaia di milioni di euro di valore nominale (in Italia si stima come esistente uno stock di molti miliardi di euro di valore nominale di crediti deteriorati) suddivise in centinaia o addirittura migliaia di posizioni singole, che prima o poi dovranno trovare specifico esito. In caso di mancata tempestiva soluzione delle singole posizioni Utp, infatti, i relativi creditori andranno incontro a probabili fallimenti o a bancarotta familiare in caso di crediti privati. Con la sola attivazione di cessioni dei portafogli Utp a soggetti acquirenti, in assenza di una specifica gestione di ciascun credito sottostante, non si attutisce del tutto l'impatto sul territorio: le banche risultano sgravate da notevoli problematiche ma le imprese i cui crediti fanno parte di questi portafogli rischiano di restare in difficoltà. Il fatto che il creditore cambi di nome non risolve il problema».

Quali potrebbero essere le soluzioni?

«Le imprese in questione, quantomeno quelle meritevoli di essere salvate, avrebbero bisogno di soggetti che oltre a divenire i nuovi creditori in ragione delle descritte cessioni siano anche in grado di erogare nuova finanza. Se un'azienda ha difficoltà a rientrare del mutuo, ad esempio, e la banca cede il suo credito a un altro soggetto finanziario, senza modifica degli accordi contrattuali e/o erogazione di nuova finanza per l'imprenditore non cambia nulla. Sarebbe invece necessario che il nuovo creditore metta in conto l'ipotesi di finanziare quest'impresa per farla uscire dalla crisi. Il gestore dell'Utp non deve solo puntare a comprare a poco un credito che vale tanto, ma deve anche essere disposto a investire ciò che serve per provare a salvare le imprese in crisi. Serve un punto di incontro tra la gestione del credito finanziario e l'impatto sull'economia reale».

Investire in un'impresa in crisi è però molto rischioso…

«Si tratta infatti in genere di prestiti più onerosi per il rischio, ma tutto dipende dalla bontà del progetto. Se l'impresa adotta un valido piano di riduzione dei costi, ad esempio, può creare degli spazi nel conto economico che le permetteranno di pagare gli interessi sul prestito. Un progetto valido permette di attrarre capitali, perché offre una redditività più elevata, specie in un orizzonte di tassi bassi. Queste operazioni stanno cambiando il panorama del credito italiano, perché con queste cessioni la gran parte dei crediti oggi qualificati come "non performing" finirà in mano a fondi specializzati. Per quanto ci riguarda lavoriamo come advisor nei confronti di soggetti impegnati in operazioni Utp, coinvolti nelle singole operazioni di risanamento: al momento stiamo seguendo un'operazione che porterà a un miliardo di valore nominale di crediti che ora valgono 300 milioni di euro».

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Chiara Merico