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(Ansa)
Economia

Altro che caro bollette. Gli investimenti degli italiani sono in profondo rosso

Si parla tanto degli aumenti di luce e gas ma chi ha investito in azioni, fondi ed obbligazioni sta perdendo migliaia (se non decine di migliaia) di euro

Si sta tanta a parlare dei rincari delle bollette dovuti principalmente all’impennata dei prezzi del gas, ma sono in pochi a citare le grandi perdite che gli investitori italiani si stanno giocando sul piano degli investimenti finanziari.

Certo, nel caso delle bollette, gli italiani possono arrivare (come spiega una ricerca di Altroconsumo) a subire rincari per la luce fino anche a 1100 euro l’anno. Cifre importanti per molte famiglie italiane, non c’è dubbio, ma nulla se paragonato alle perdite che molti investitori stanno scontando sui mercati.

Basti sapere che, come rileva Morningstar, per la seconda volta in 40 anni sia le azioni che le obbligazioni hanno avuto rendimenti medi negativi, in un contesto estremamente volatile, caratterizzato dall’impennata dell’inflazione, dalla fine delle politiche monetarie ultra-espansive e dai timori di recessione. Il tutto aggravato dall’invasione russa in Ucraina, che ha fatto salire i costi energetici ed emergere le fragilità della catena alimentare.

Per avere una idea delle perdite, l’indice Morningstar azionario globale ha perso oltre il 13% in euro, mentre quello obbligazionario è sceso del 7,2% nel primo semestre.

Sempre secondo i dati Moringstar, in effetti, ci sono interi comparti azionari che nel 2022 hanno avuto risultati negativi. È il caso, ad esempio, dei titoli del comparto delle energie alternative (-7,3%) o delle azioni del settore tencologico (-27,96%). Lo stesso vale per le azioni americane a larga capitalizzazione o per le Pmi provenienti da Paesi nordici (-32,57%).

La lista è lunga e tocca i settori del private equity (-23,73%), molti titoli dei Paesi asiatici come il Vietnam (-20,73%), Taiwan (le società a grande capitalizzazione hanno ceduto il 23,14%) o la Cina (-18,92%). Male anche l’azionario svizzero (-17,18%) e quello francese (i titoli delle Pmi qui hanno perso il 16%). La lista di settori col segno meno è insomma lunghissima.

Anche per chi ha preferito la diversificazione di un fondo comune di investimento la situazione è altrettanto difficile. Basti notare che solo il 26% dei fondi sul mercato ha avuto un rendimento positivo nel terzo trimestre 2022.

Come si evince dai dati Morningstar, su 343 categorie europee di fondi ed Etf (i fondi passivi scambiati in Borsa), solo poco più di un quarto ha avuto un rendimento medio positivo e alcune di queste sono di nicchia.

Ad avere la peggio in questo caso sono stati i comparti specializzati in titoli immobiliari, inclusi i Reit (Real estate investment trust). In particolare, la categoria Immobiliare – indiretto Europa ha ceduto il 16,6%.

Non è andata meglio ai fondi che investono nell’azionario cinese. Come per chi ha investito direttamente nei titoli di questo settore, i fondi che puntano sulla Repubblica Popolare hanno perso in media il 16%.

La terza peggior categoria è stata l’obbligazionario inflation-linked in sterline, che ha perso in media il 16% in euro. Oltre alla volatilità della divisa inglese sul mercato valutario, che è seguita all’annuncio del pacchetto di misure fiscali da parte del governo, i fondi sono penalizzati dall’andamento dei titoli agganciati all’inflazione.

Come se non bastasse, a gettare benzina sul fuoco, c’è il mercato delle valute con il dollari che sta letteralmente spazzando le altre divise. Anche questo è un altro elemento di difficoltà per gli investitori.

Basta dare uno sguardo al Dollar Index, l’indice che calcola la forza relativa della valuta americana rispetto a euro, yen, sterlina, dollaro canadese, corona svedese e franco svizzero.

Per intendersi, quando l’indice sale significa che i biglietti verdi sono forti, al contrario quando i valori sono bassi, questo è sintomo di debolezza.

Storicamente il suo valore era pari a 100 nel marzo del 1973, quando è stato istituito. Nel corso della sua storia il valore massimo è stato raggiunto nel 1985 con un valore di 164, mentre il suo minimo è stato segnato nel 2008 a quota 71. Oggi siamo introno a 113, in salita.

Tanto per intendersi, un dollaro “forte” danneggia l’intera economia globale: anche perché più della metà del commercio internazionale è regolata in dollari. Il che rende ogni investimento enormemente più costoso. Quel che è peggio, è che l’ascesa del dollaro non è certo finita.

Si capisce, insomma, perché le più che giuste preoccupazioni sulle bollette, possano in realtà essere ben poca cosa rispetto ai tanti risparmio degli italiani che in questi mesi stanno andando in fumo per via di rendimenti negativi da tempo.

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Gianluca Baldini

(Milano, 1980). Giornalista specializzato in finanza ed economia, ha mosso i primi passi nel giornalismo prima all'Adnkros e poi, come collaboratore, al Sole 24 Ore e a Milano Finanza. Dopo una parentesi nel mondo delle quattro ruote, dove ha lavorato per Alvolante.it, dal 2010 è in Blue financial communication, la casa editrice quotata in Borsa che edita i periodici e i siti di Bluerating, iFinance e Private. Ha vissuto negliStati Uniti e in Portogallo.

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