Audi vola, la Fiat arranca e la Cina fa la differenza
Economia

Audi vola, la Fiat arranca e la Cina fa la differenza

Sono i mercati asiatici quelli su cui il Lingotto non riesce a sfondare. A differenza di Volkswagen

Da qualche tempo è diventato un leitmotiv incontestabile: Fiat in crisi e Volkswagen in salute. Un dato di fatto che trova la sua spiegazione fondamentale nell’andamento delle vendite in Asia, e in particolare in Cina. È qui infatti che si gioca ormai la vera partita sul futuro del mercato automobilistico.

A riprova di questo scenario sono arrivati, tra gli altri, gli ultimi dati sulle vendite di Audi. Il marchio con i quattro cerchi, appartenente al Gruppo Vw, non solo fa segnare per settembre uno straordinario +13,6%, in netta controtendenza rispetto ad altre case in forte affanno, ma conferma come mercato tra i più prolifici proprio la Cina. Delle 136.600 auto vendute a settembre infatti, l’Audi ne piazza il numero maggiore, 35.512, proprio in Cina che, insieme a Usa e Europa, resta il mercato di riferimento.

“In realtà – ci spiega Francesco Zirpoli, economista dell’Università Ca’ Foscari ed esperto di automotive – è difficile commentare i dati di un marchio sulla base delle vendite realizzate in un solo mese. Queste ultime potrebbero essere infatti frutto del lancio di un nuovo modello o dell’avvio di una campagna di marketing. In ogni caso, in generale, possiamo però dire che il Gruppo Volkswagen comunque sta facendo segnare in questo 2012 dei risultati nettamente migliori della Fiat”. E le ragioni di questo squilibrio favorevole ai tedeschi è da ricercarsi nel diverso posizionamento delle due case automobilistiche sui mercati più effervescenti del momento, rappresentati da Nord America, Sud America e Asia.

“Mentre sul fronte americano – spiega Zirpoli – la Fiat tiene bene, al Nord grazie all’accordo con Chrysle r e al Sud potendo contare su una presenza ormai storica, in Asia le cose vanno molto peggio”. Qui infatti la Fiat sconta un ritardo rispetto a Volkswagen le cui responsabilità però non possono essere imputate solo ai dirigenti del Lingotto. “In questa parte del mondo – dice sempre Zirpoli – la Germania ha potuto contare su una serie di investimenti di carattere istituzionale, che durano da 20-25 anni. Un’accorta politica estera unita a specifici accordi commerciali, hanno fatto sì che si preparasse il terreno giusto per lo sbarco delle aziende tedesche, e non solo ovviamente di quelle legate all’automotive. In questo invece l’Italia paga il prezzo di un Sistema Paese che non è riuscito a creare le stesse condizioni favorevoli”.

In un periodo in cui dunque è quasi scontato sparare a zero sulla Fiat e sul suo amministratore delegato Sergio Marchionne, il professor Zirpoli si sente di spezzare una lancia a favore del gruppo dirigente del Lingotto, che oltretutto “è stato impegnato in processo di acquisizione della Chrysler davvero molto complesso”. Al netto però di quali possano essere le responsabilità politiche ed economiche del mancato decollo delle vendite in Asia , oggi questo rappresenta per Fiat un grave handicap. Soprattutto se si considera che nel 2010, neanche tanto a sorpresa, gli Usa sono stati superati dalla Cina, che è diventata in assoluto il più grande mercato automobilistico del mondo.

Sergio Marchionne ha d’altronde sempre chiarito che l’acquisizione di quote di mercato in Asia resta una delle priorità del proprio Gruppo. Per il momento però bisogna ancora accontentarsi dell’avvio di una joint venture con la cinese Gac. Il primo frutto di questa collaborazione si è avuto qualche mese fa quando è stato inaugurato il nuovo stabilimento Gac-Fiat a Changsha, nella provincia cinese di Hunan. Qui verrà realizzata la Fiat Viaggio, la prima vettura del Lingotto prodotta in Cina. Un primo passo dunque, ma chissà quanto ci vorrà per colmare il gap che si è prodotto in questi anni con la Volkswagen, che intanto continua ad essere in salute.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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