«Tutti i miei compatrioti sono dei coglioni se paragonati a me». L’ultima (anzi la penultima) lettera di Cézanne
Credevo che Cézanne fosse morto dipingendo, sotto la pioggia. E invece ieri ho appreso che il modo in cui si sono svolti i fatti è sorprendentemente più ingegnoso, forse meno banalmente patetico e più secco – della secchezza con …Leggi tutto
Credevo che Cézanne fosse morto dipingendo, sotto la pioggia. E invece ieri ho appreso che il modo in cui si sono svolti i fatti è sorprendentemente più ingegnoso, forse meno banalmente patetico e più secco – della secchezza con cui il suo sguardo votato alla concretezza guardava alla realtà – e senza dubbio più ironico, essendo la realtà quella cosa che vuole sempre avere l’ultima parola.
Ho appreso innanzitutto che Cézanne non è morto quel giorno, sotto la pioggia, in seguito alla sincope che l’aveva colpito, e neanche, come mi pareva di ricordare ma che mi guardavo bene dal precisare per rovinare l’effetto drammaturgico, il giorno dopo, mentre eseguiva un altro ritratto a cui si era messo a lavorare, ma una settimana dopo; e che quella che – grazie a Rilke e alle sue Lettere – ho sempre creduto fosse l’ultima lettera di Cézanne, cioè quella che scrisse al figlio Paul il 15 ottobre 1906 poco prima di uscire dalla casa-eremo di Aix-en-Provence (con citazioni di Orazio sulle pareti) e andare a dipingere dal vero fino al colpo apoplettico, non è affatto l’ultima, benché meravigliosa. Quella è la penultima, ed è questa:
AL FIGLIO
Aix, 15 ottobre 1906
Mio caro Paul,
sabato e domenica è piovuto e il tempo si è molto rinfrescato. Non fa affatto caldo. (…). Continuo a lavorare con difficoltà, ma insomma qualcosa faccio. È questo l’importante, credo. Poiché le sensazioni formano il fondamento del mio lavoro, credo di essere impenetrabile. E comunque lascerò che quel disgraziato mi imiti a suo piacimento: non è pericoloso. (…). Tutto passa con una rapidità terribile. Non sto troppo male: mi curo, mangio bene. Ti prego di ordinare due dozzine di pennelli come quelli che avevamo ordinato l’anno scorso. Mio caro Paul, per darti le notizie soddisfacenti che vorresti bisognerebbe avere vent’anni di meno. Ti ripeto, mangio bene, e un po’ di soddisfazione morale – ma non c’è che il lavoro che possa darmela – significherebbe molto per me. Tutti i miei compatrioti sono dei coglioni se paragonati a me.
Devo averti detto che ho ricevuto il cacao.
Il tuo caro vecchio padre
Paul Cézanne
Si potrebbe essere già soddisfatti, e sfido chiunque a non amare disperatamente queste ultime righe fino al punto di considerare di volerle tenere a mente per il proprio congedo dalla vita, con buona pace dei propri compatrioti. La quale vita, come detto, è però ingegnosa e piena di spirito, e mi ha rivelato che l’ultimissima lettera Cézanne l’ha scritta a un fornitore il 17 ottobre, 5 giorni prima di morire, ed è questa:
A UN FORNITORE
Aix, 17 ottobre 1906
Signore,
sono passati otto giorni da quando vi ordinato dieci lacche bruciate n. 7, e non ho avuto risposta. Che cosa succede, dunque?
Datemi una risposta, e in fretta, vi prego.
Gradite, signore, i miei distinti saluti.
Paul Cézanne