“Sei proprio il mio typo” a ognuno la sua font
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“Sei proprio il mio typo” a ognuno la sua font

Si dice “il font” o “la font”? Cosa cambia tra “font” e “carattere”? Che font ha usato Gutenberg per stampare la sua Bibbia?

Si dice “il font” o “la font”? Cosa cambia tra “font” e “carattere”? Che font ha usato Gutenberg per stampare la sua Bibbia? I font più belli sono anche quelli più leggibili? A queste e a molte altre domande risponde Simon Garfield in un volume uscito da poco per i tipi di Ponte alle Grazie dal titolo Sei proprio il mio typo (calco dell’originale Just my type), un saggio utile per chi vuole avvicinarsi per la prima volta alla raffinata arte della tipografia senza timori reverenziali, ma soprattutto un libro straordinariamente divertente.

Si scopre, ad esempio, che il Futura è l’unico font ad avere varcato i confini del globo terraqueo (arrivando sulla luna grazie agli astronauti dell’Apollo 11) e che i nazisti abbandonarono il gotico dopo averlo strenuamente difeso per anni perché non riuscivano più a far fronte alle richieste che arrivavano da ogni parte del Reich (oltre a essere del tutto incomprensibile alle popolazioni locali).

E che dire della burla apparsa sul Guardian nel ‘77 in cui si magnificava la meravigliosa isola di “San Seriffe”? Una volta arrivati al “Bodoni International Airport” si poteva scegliere se bagnarsi nella pittoresca baia di “Garamondo” o se visitare piuttosto il meraviglioso porto di “Clarendon”. Per settimane le agenzie di viaggio del Regno Unito non seppero che pesci pigliare. Per non parlare della controversa sessualità di Eric Gill, inventore del celebre Gill Sans, che pare gradisse condividere le lenzuola con il cane di casa (oltre che con familiari di ogni ordine e grado).

Sordido,  grottesco direte voi. Ma le vie dei Sans sono infinite… Chi l’avrebbe detto, ad esempio, che proprio dalla rielaborazione di un Akzidenz Grotesk del 1898 sarebbe venuto fuori nel 1957 il castissimo Helvetica? Nel mondo della tipografia il peggior peccatore può dar luce al più candido dei font e dannazione e santità sono poco più che contratti a progetto.

Basta pensare al Comic Sans. Nasce sotto i migliori auspici nel 1994, dalla mano di Vincent Connaire, allo scopo quasi umanitario di agevolare l’uso di una suite Microsoft pensata per i neofiti del personal computer. Pochi anni più tardi la febbre dilaga: il Comic Sans appare sui menù dei ristoranti, sulle ambulanze, nei temi scolastici, sulle lapidi funerarie… fino a diventare uno dei font più detestati di tutti i tempi.

Un improvviso cambio di font può portare a una vera e propria crisi di immagine (come nel caso del passaggio dell’IKEA dal Futura al Verdana), o risollevare le sorti di un’intera rete metropolitana (New York, Londra, Parigi…), o incidere sensibilmente sull’andamento di una campagna elettorale (noi non lo sappiamo, ma il presidente Obama ha un debito importante col Gotham con cui sono stati stampati i suoi manifesti).

Una responsabilità altissima e silenziosa quella del disegnatore di font, misconosciuta ed esoterica. Ma pochi altri uomini hanno avuto una simile influenza sul nostro modo di leggere il mondo, Simon Garfield ci racconta il perché.

@giuliopasserini

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Giulio Passerini