Paolo Poli: intervista al maestro del teatro italiano
Fiorenzo Niccoli
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Paolo Poli: intervista al maestro del teatro italiano

Si chiama Paolo Poli e Lele Luzzati, il Novecento è il secolo nostro il libro scritto da Marina Romiti, nel quale si fa luce sul sodalizio professionale tra il grande artista e il pittore scenografo

Protagonista delle nostre scene dalla fine degli anni Cinquanta, Paolo Poli, classe 1929, è uno dei grandi maestri del teatro italiano, intellettuale raffinato la cui vita, fatta di orgoglio, rettitudine e passione, è stata anche piena di solitudine e di profonda malcelata, malinconia. Adesso molti episodi della sua esistenza, ricordi e aneddoti, sono raccolti nel libro Paolo Poli e Lele Luzzati: il Novecento è il nostro secolo, scritto da Marina Romiti, pubblicato da Maschietto editore.
Il volume è un vero e proprio excursus nella storia dell'arte italiana di Paolo Poli e di Lele Luzzati, pittore e scenografo, legato all'attore da un lungo sodalizio. Luzzati ha saputo interpretare la vena creativa di Poli materializzandola sulle scene senza troppe spiegazioni. Poli nel libro svela: "Io gli dicevo solo quel che avevo in mente, poi lui faceva come credeva. E riusciva sempre a interpretare il mio pensiero". Nel libro ci sono 25 disegni di Lele Luzzati e 35 foto a colori di Fiorenzo Niccoli. Il racconto della Romiti, infatti, che nella scrittura tiene conto della leggerezza, dell'ironia, della sagace battuta di Poli, è anche ricco di immagini e foto che rappresentano, in sequenza, mondi, storie, culture, eventi di una multiforme vena creativa.
Panorama.it ha incontrato Paolo Poli. Nella lunga intervista, il protagonista spazia in ogni campo della sua sconfinata cultura con voli pindarici che vanno da Dante Alighieri a Madame Bovary, fino a Fellini e Rossellini.

Che impressione le ha fatto questo libro dedicato a lei e Lele Luzzati?
Voglio innanzitutto specificare che non percepisco proventi dal volume. Sinceramente se fossi stato uno scrittore avrei potuto scrivere solo Madame Bovary. Ma l'autrice Marina Romiti è stata molto brava nel raccontare la mia lunga esperienza professionale e d'amicizia con Luzzati. Dei tantissimi ricordi che ho di lui, uno in particolare: quando mi invitava a pranzo, la sua cuoca mi preparava sempre il baccalà con le olive credendo fosse il mio piatto preferito mentre invece io lo detestavo. Ma non glielo ho mai detto. Però quel piccolo evento familiare mi ha fatto riflettere: allora pensavo che il Novecento fosse il secolo del sesso, per me invece è stato quello della cucina. Spesso portavo con me mio nipote di dieci anni che si rivolgeva a Lele dandogli del "tu". Lele lo adorava e lo riempiva di piccoli regali realizzati personalmente da lui.

Lei adesso è in tournée teatrale con lo spettacolo Aquiloni, una rilettura di Giovanni Pascoli. Come mai questa scelta?
Pascoli era considerato noioso, e tutto ciò che era noioso era accreditato come cultura. Oggi Pascoli è un po' dimenticato, come Carducci, ma allora piaceva tanto al povero Pasolini. Considero un'operazione culturale questo spettacolo, ma purtroppo la tournée è necessariamente limitata: molti teatri o sono terremotati o sono senza soldi.  Alle grandi città e ai loro teatri preferisco le periferie, sono più colorate e vive e hanno tanto bisogno di spettacoli. I miei più clamorosi "sold out" li ho realizzati a Caserta. Chi l'avrebbe mai immaginato.

Lei è stato anche un protagonista della vecchia tv. Che pensa oggi del piccolo schermo?
Premetto che non ho il televisore a casa, per libera scelta. Ma sono in sintonia con Ennio Flaiano quando affermava: "credevo che la tv avesse un suo linguaggio, invece è rimasta un brutto cinema con tanta pubblicità". Flaiano non ha lasciato molti libri, ma aveva una predisposizione formidabile per lo spettacolo. Era in grado di realizzare i film interpretati da Totò in soli cinque giorni, senza alcuna regia, soltanto con una macchina da presa a disposizione.

Come mai non ha il televisore in casa?
Mi basta l'esperienza diretta che ho avuto col mezzo, lavorandoci per tanti anni. Anche la Radio la ascolto poco. Ricordo il periodo in cui realizzai Le interviste impossibili, dialoghi con domanda e risposta ai grandi personaggi. Ebbene mi consideravano un birichino, a causa della mia ironia. Solo chi proponeva progetti seri, spesso lugubri, era considerato un grande letterato.

A proposito di letteratura: è vero che Natalia Ginzburg le negò i diritti per trasporre a teatro un suo racconto?
Mi ero letteralmente innamorato del suo libro Le piccole virtù uscito nel 1962; avrei voluto farne una piece teatrale. Quando glielo chiesi, mi rispose che il teatro non le interessava e rifiutò la mia offerta. Eppure lei ha avuto parole singolari nei miei confronti. Ha scritto che fra i miei molteplici volti nascosti c'è essenzialmente quello di un soave, ben educato e diabolico genio del male.

Lei ha vissuto, nel Novecento, il periodo d'oro del cinema. Che ricordi ne ha?
Il dopoguerra è stata un'epoca speciale per il grande schermo. Ho conosciuto Visconti e Rossellini, ho sentito troppe volte Anna Magnani che inveiva contro Ingrid Bergman. Spesso, la sera, in gruppi, eravamo invitati da Federico Fellini a parlare di poesia. Ma poi lui si metteva a discutere di tutt'altro e inventava intere storie che spesso non erano legate alla realtà. Ho conosciuto Tyrone Power, bello ma ermetico di carattere. E poi ricordo Orson Welles che andava sempre di fretta ed era inavvicinabile.

Quali sono stati nel mondo dello spettacolo i suoi amici più cari?
Innanzitutto ho amato molto la città di Milano, dove ho conosciuto Cino Tortorella, l'ex mago Zurlì al quale mi lega ancora una salda amicizia. Io sono del parere che bisogna sempre continuare ad amare ciò che si è amato. Sono stato inoltre molto vicino a Maria Callas, che purtroppo si è rovinata con le sue mani; ho conosciuto Margherita Carosio che faceva l'Elisir d'amore a 76 anni suonati con lo stesso vigore e la stessa splendida interpretazione di sempre. E ho conosciuto e voluto bene alla Faldini, una donna buonissima a cui non importava nulla di fare l'attrice..

Si riconosce nella generazione tecnologica di oggi?
Io appartengo alla vecchia Europa, non alla giovane America. Amo la cultura, l'unica forza che abbiamo è la nostra bella lingua che può essere il mezzo per unire le nostre coscienze. Io sono stato abituato a leggere molto e lo faccio ancora oggi. D'estate, ad esempio, annuncio di andare in vacanza, invece trascorro tutto il tempo nella lettura.

Quale genere di lettura?
Leggo la Divina Commedia come fosse un romanzo, senza mai guardare le note esplicative. Non mi interessa se è ambientata nel Duecento. E poi amo l'Ariosto, il Tasso e la poesia del Seicento. Amo Madame Bovary, per me è sempre stata più importante delle mie sorelle.

Che ricordo ha dei suoi genitori?
Sono stato fortunato, loro mi hanno sempre amato per come sono. Contrariamente ai  miei fratelli che, invece, riflettevano la mentalità dell'epoca. Eravamo in sei figli maschi. Mia madre, in particolare era una gran donna. Pensi che ricordava a memoria interi brani dei discorsi di Giuseppe Mazzini.

La sua opera teatrale Rita da Cascia, nel 1966, destò scalpore per la lettura comica e irriverente che lei dava della vita della santa. Pentito?
Addirittura Oscar Luigi Scalfaro fece un'interrogazione parlamentare sullo spettacolo. Contribuì solo a farmi molta pubblicità.

Paolo Poli e Lele Luzzati: il Novecento è il nostro secolo
di Marina Romiti
Maschietto editore
160 pagg., 20 euro

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Marida Caterini.