Laura Bocci, "La seconda India"
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Laura Bocci, "La seconda India"

Si viene qui per cercare. In India, materia prima di ogni possibile e dove "tutto l'umano è degno". Così ha fatto Giuliano, fuggendo da una famiglia scomoda. Riuscirà a trovare le domande, a riprendere il controllo sul suo destino?

"Quarantasette anni senza avere combinato nulla di buono". Nel mezzo del cammin della sua vita Giuliano ha scelto di lasciare Napoli e trasferirsi un paio d'anni a Calcutta per un dottorato. Ma la sua tesi langue, fagocitata nel pc di un soldatino dell'Indian technology. E la vita amorosa non decolla, impelagata in una non-storia con una scrittrice bella e impossibile. Un progetto umanitario in Andhra Pradesh è l'occasione per partire verso sud con un gruppo di amici. La seconda India è la storia di questo viaggio che, come avrete capito, è prima di tutto un lungo viaggio interiore.

Laura Bocci, germanista, traduttrice e scrittrice, ha costruito una scatola cinese mescolando fiction e reportage, esistenzialismo e psicoanalisi, cultura orientale, letteratura di viaggio e squarci su straordinarie esperienze di cui non sappiamo quasi nulla, come l'innovazione collettiva prodotta dalle comunità rurali del terzo mondo: quell'esodo a rovescio sponsorizzato in India da battagliere intellettuali come Arundhati Roy e Vandana Shiva. Non è facile fondere creativamente in un romanzo moderno Hermann Hesse e Pier Paolo Pasolini, Anita Nair e Raj Patel, Aravind Adiga e Amartya Sen. Eppure il pastiche funziona e appassiona, cibando i lettori che hanno fame di storie d'amore ma anche di spirito.

Lontana dalla mitologia dell'India romantica e critica verso la stereotipata immagine di Madre delle nuove sorti progressive, Bocci azzarda un nuovo Esperimento con l'India, trasferendo nel romanzo la tensione di chi osi avventurarsi in questa foresta illusionistica, carico di pregiudizi eppure inerme di fronte alla sua immagine polimorfa. Calcutta adotta il protagonista nel suo ventre ripugnante e lui stesso ne adotta un figlio tra i più diseredati, mantenendosi tuttavia a distanza di sicurezza. Una distanza disinfettata. Perché come scriveva Giorgio Manganelli, "l'India invade ogni anfratto come l'innocenza pervasiva dell'acqua: taciturna, macera e corrode, impaluda e nutre."

Fra le pagine di questo libro, così intriso di riferimenti letterari, filosofici, psicologici e sociali, non troverete però nemmeno uno fra gli spiegatori del mistero indiano in Occidente. La tentazione saggistica non soverchia mai il bandolo narrativo, che resta saldamente ancorato a una complessa vicenda di formazione. Nessun bagliore di verità intraviste. La seconda India è la gigantografia di un bivio, uno dei tanti che costellano l'esistenza e che a Calcutta o a Mumbai, a Hyderabad o a Kanyakumari, appaiono chissà perché improvvisamente schiaccianti e ineluttabili. Impossibile passare oltre senza aver cambiato pelle.

Nella sua foresta di simboli, cioè nella radice psicoanalitica, scorre la linfa vitale della Seconda India. Occidente e Oriente si scrutano, si respingono, si compenetrano. Si accettano. E nella debolezza intrinseca al sentirsi visceralmente umani, si scoprono più simili di quello che poteva sembrare. Giuliano, maestro di autoanalisi bloccato a uno stadio affettivo pre-relazionale, tiene sul comodino come un totem un libro dello psicanalista viennese Otto Kerrnberg, consigliato dall'amata sorella, analista lacaniana. Come nel più classico degli atti mancati, una notte la "normalità e patologia delle relazioni d'amore" annegano in una caraffa d'acqua posata sul pavimento.

Allo stesso modo, protetto dalle intricate liane di un ficus bengalensis, il sacro baniano sotto le cui fronde il Buddha raggiunse l'illuminazione e il filosofo Vivekananda trovò soluzione alla "questione più importante della sua vita", un giorno Giuliano spezza la catena del narcisismo primario e per la prima volta palpita di desiderio per una donna. Un varco di platonica, disperata ossessione è la simbolica chiave per aprire la porta del cambiamento. Una porta che, a saperla guardare, era già spalancata. Comincia così una sorta di "cura omeopatica per la psiche", espressione che rende magnificamente il concetto: alleviare il dolore con il dolore, ma a dosi più piccole.

Com'è proprio del pensiero indiano, dove la psicologia e l'embriogenesi tendono a confondersi e intrecciarsi con la genesi del cosmo, per Giuliano l'esordio nel mondo delle pulsioni passa attraverso una "nuova nascita" irta di paradossi e contraddizioni. L'autrice abilmente non li scioglie, lasciando scoperto il groviglio della rete in cui si dibatte il suo protagonista mentre ne fa esperienza diretta. In consonanza con i tradizionali sistemi psicofilosofici indiani ma anche con l'approccio psicoanalitico occidentale di pionieri come Donald W. Winnicott e Melanie Klein, i paradossi vengono accettati e mantenuti come sono. Non vengono cioè "risolti" nemmeno al cospetto del colpo di scena narrativo finale.

Sarà l'amicizia a costituire il collante di ogni cosa. L'amicizia che travalica ogni barriera, lava i panni sporchi dell'altrui coscienza, lenisce guarisce salva e consola. In India è un sentimento fondativo o Dharsan, il dono di sé che si fa agli altri e che si riceve in cambio, con la pura e semplice vicinanza. Qualche volta l'amicizia, silenziosamente e misteriosamente, si muta in compassione e tenerezza, qualcosa di molto simile a ciò che chiamiamo amore. E rare, rarissime volte assume le sembianze della passione, cioè diviene definitivamente amore.

Ma tutto ciò può forse accadere solo in India, paese dove si ha il coraggio di ammettere che gli unici amori veri sono quelli infelici. In India dove non la coerenza ma la tolleranza è al primo posto tra le virtù, e dove il popolare dio Shiva è al contempo severissimo asceta e indefesso amatore. Oppure tra le pagine di un libro, per noi che amiamo essere consolati quando le dinamiche che regolano i rapporti ci sembrano troppo complicate, e quando ci sentiamo sopraffare dalla vanità e inutilità degli sforzi umani.

Laura Bocci
La seconda India
Manni
288 pp., 18 euro

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Michele Lauro