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Calcio

Riaprite stadi e palazzetti o diteci perché odiate lo sport

Il nuovo paradosso delle riaperture decise dal Governo: si potrà ballare ma restano i limiti per basket e volley, oppure girare senza mascherina all'aperto purché non per vedere una partita. E i ristori restano tabù.

Stadi e palazzetti, la prossima volta. Si spera. Perché una volta liberate le discoteche dalla condanna all'eutanasia che le ha perseguitate per mesi lungo l'emergenza della pandemia, settore messo in ginocchio dal Covid ma anche dal copia-incolla dei divieti prorogati, rimane la spiacevole sensazione che il Governo non si sia accorto che esiste un altro settore economico che sta pagando caro l'inazione e il disinteresse di chi comanda. E se lo stop alle mascherine all'aperto dall'11 febbraio, la caduta delle limitazione per vaccinati anche in zona rossa e la riapertura (era ora!) dei locali da ballo giusto in tempo per San Valentino sono una buona notizia, non si comprende perché dalle parti di Palazzo Chigi non compiano lo sforzo di percorrere anche l'ultimo miglio della restituzione del Paese alla normalità.

Per intenderci, venerdì sera (11 febbraio) nelle discoteche all'aperto sarà possibile ballare senza indossare le mascherine con capienza al 75% mentre in quelle al chiuso, scendendo al 50%, ci si potrà ammassare a patto di tenere su una Ffp2. Sempre se in possesso del Super green pass. Sabato 12 febbraio, invece, il match scudetto tra Napoli e Inter sarà riservato a soli 27mila fortunati, metà della capienza dello stadio Maradona così come accaduto nell'ultimo turno di campionato e così come accadrà la settimana dopo in Champions ed Europa League, negando ai club incassi milionari e a questo punto pure legittimi, visto che l'emergenza sanitaria è alle spalle.

E lo stesso vale per il resto dello sport. Il basket, ad esempio, celebrerà dal 16 febbraio la Final Eight di Coppa Italia a Pesaro. Con quanto pubblico? Ad oggi il 35% e non c'è alle viste niente se non vaghi messaggi di riaperture entro la fine del mese, tanto che è stata richiesta una deroga e si vedrà se ci sarà risposta e se sarà positiva. Altrimenti avanti così, ma che nessuno si sogni di ricevere un aiuto perché gli stessi governi che hanno coperto di denaro musei, cinema e teatri - solo per restare al mondo dell'intrattenimento - non hanno mai mostrato interesse per lo sport professionistico.

Che l'Italia sia un paese strano lo si era già intuito vedendo lo spettacolo del teatro Ariston a Sanremo trasformato in discoteca (mentre le discoteche erano sbarrate) in diretta tv, senza che nessuno alzasse un dito per eccepire. Ora, però, con l'ultimo step di riaperture la situazione si arricchisce di altri paradossi. E' più sicuro ballare al chiuso con mascherina o stare dentro un palazzetto dello sport? Per la logica non c'è differenza, per il Governo i club di basket e volley devono rimanere al 35% della capienza. E quelli di calcio al 50% anche se appena fuori si potrà fare tutto liberamente, senza mascherine.

Il risultato di questo impasto di pregiudizio contro l'imprenditoria sportiva e burocrazia che non accetta di fare un passo indietro è duplice. Da un parte i danni economici senza ristori - perché pensare di dare sostegno alla Serie A o allo sport professionistico in generale è tabù per la nostra classe politica -, dall'altra il messaggio devastante per cui seguire la propria squadra del cuore rimane un'attività pericolosa. L'unica verrebbe da pensare e chissà quanto pubblico si sarà perso in questi mesi e quanto tempo di vorrà a riportarlo dentro uno stadio o un palazzetto, luoghi ormai desertificati per decreto.

La morale è semplice: se il Covid è alle spalle riaprire tutto utilizzando lo stesso metro, non pesando convenienze e pesi della rappresentanza nel Governo. Oppure mettere mano ai fondi a sostegno e non per finta, escludendo chi si occupa di sport professionistico per paura di essere criticati dalla massa. Oppure ancora, ed è la terza opzione, spiegare perché questo Governo odia lo sport e ne mette a rischio la sopravvivenza dal momento che non può sfuggire come il sistema si regge in una piramide rovesciata dove a sostenere tutto c'è chi spende, incassa e perde di più.

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Giovanni Capuano