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San Siro chiuso per emergenza Coronavirus (Ansa)
Calcio

Il Coronavirus ferma il calcio. Stop a un sistema che vale 3,5 miliardi

Il dibattito sulla sospensione della Serie A per Coronavirus tenga conto anche del valore economico del pallone - LO SCIOPERO PRIVILEGIATO DEI CALCIATORI

Non sono solo 22 milionari in mutande che corrono dietro a un pallone o migliaia (milioni) di drogati del calcio incapaci di immaginare i propri week end senza poter tifare la propria squadra del cuore. No. Il sistema calcio in Italia, colpito dall'emergenza Coronavirus al pari di tanti altri, è anche un settore economico che muove miliardi di euro tra valore della produzione diretta (3,5 miliardi nel 2017) e impatto socio-economico generato (3,01 miliardi la stima elaborata da Figc e Uefa). Senza contare gli operatori che ruotano attorno alle manifestazioni del calcio professionistico e all'indotto di secondo livello: broadcaster, operatori della comunicazione, scommesse, esercizi commerciali e tutto ciò che ha contatti con il rito sacro della partita della domenica.

La fotografia è che, messo tutto insieme, il carrozzone del calcio italiano muove molto più dello 0,19% del Pil nazionale indicato nel Report Calcio 2019 redatto dalla federazione con la consulenza di PwC. Un valore di per sé in crescita (nel 2013 era 0,17%) e che tende al 2% indicato dal numero uno del Coni, Giovanni Malagò, quando indica il peso di un mondo che ha smesso da tempo di essere solo uno sport per trasformarsi in business. Spesso in perdita, ma certamente business per di più centrale per la vita di milioni di italiani.

QUANTO VALE IL CALCIO ITALIANO

Sommando tutte le voci di fatturato diretto dei tre campionati professionistici di Serie A, B e C la cifra che esce è di 3,551 miliardi di euro. E' il giro d'affari del calcio professionistico italiano, quello che transita direttamente attraverso i suoi club e protagonisti producendo nel complesso una perdita aggregata di 215 milioni di euro, segno che l'equilibrio dei conti è lontano, si bruciano ancora troppi soldi ma il fascino del pallone rimane irresistibile e ha cominciato ad attrarre anche investimenti stranieri.

L'ultima fotografia risale alla stagione 2017-2018 e mostra un trend in crescita costante: +6% rispetto all'anno prima e +24% sul 2016. Quasi un boom, se non fosse il ritardo infrastrutturale che ha scavato un solco rispetto alle altre realtà europee trascinanti e non solo. La Serie A da sola copre oltre quattro quindi di questo valore di produzione, sfondando quota 3 miliardi.

Nel dettaglio, i diritti tv tengono in piedi il sistema contribuendo per oltre 1,25 miliardi di euro, seguiti dalle plusvalenze (777 milioni), dagli sponsor (575) e dai ricavi da stadio (341), una delle voci che ha fatto litigare di più i presidenti, mal disposti all'idea di chiudere le porte e dover rimborsare i propri abbonati.

TASSE E VANTAGGI PER LO STATO

Un giro d'affari con benefici anche per lo Stato che dal sistema calcio professionistico ha ricevuto nell'ultimo decennio oltre 11 miliardi di euro di contributi fiscali e previdenziali a fronte di una spesa da 749 milioni euro sotto forma di versamenti (in misura sempre minore) erogati dal Coni alla Figc. Nell'anno fiscale 2016 il pallone ha generato contributi per 1,2 miliardi di euro, il 70% del totale dello sport italiano e un terzo del macro settore economico delle attività artistiche, sportive e dell'intrattenimento.

Poi ci sono le scommesse: 9,1 miliardi di euro di raccolta (dato 2018) sul calcio, 211 milioni di gettito erariale che non torna indietro a chi lo rende possibile. Una delle sfide aperte perché è a questa cassa che il football italiano vuole attingere per recuperare altri fondi.

L'IMPATTO SOCIO-ECONOMICO DEL CALCIO

A questo si aggiungono gli oltre 3 miliardi di impatto socio-economico e valore generato, come calcolato da Figc e Uefa utilizzando lo strumento del SROI (Social Return on Investment Model). Significa che la pratica calcistica a tutti i livelli, professionistici e non solo, consente al sistema Paese di contabilizzare dei vantaggi economici non indifferenti e strettamente legati al pallone che rotola.

Un esempio? Sono 98.000 i posti di lavoro generati (18.000 dal settore edilizio), 135 milioni gli euro spesi in investimenti infrastrutturali e 606 quelli che riferiscono alle spese sostenute dai praticanti per poter accedere alla pratica sportiva tra quote di iscrizione, attrezzature, viaggi e voci similari. Un contributo diretto all'economia nazionale che supera i 742 milioni di euro.

A questo si somma il valore del volontariato (812 milioni) che consente di portare avanti il calcio ai livelli di base e 1,2 miliardi di risparmio nella spesa sanitaria del SSN: prevenzione, costo degli infortuni e percezione di benessere. Stime, vero. Ma fotografia di un mondo che non può essere trattato solo come passatempo.

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Giovanni Capuano