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Calcio

Razzismo, rigori e rispetto degli arbitri: la verità di Rocchi

Il designatore della Serie A presenta la stagione che nasce. Giovani che stanno crescendo, rapporto con il Var, meno tolleranza sulle proteste e la statistica sui rigori concessi che non è un'ossessione

Nelle ultime immagine della scorsa stagione il solito corollario di proteste e polemiche, anche se poi la realtà è che l'ultimo è stato un campionato tra i meno conflittuali a livello arbitrale. Merito (colpa?) anche del super Napoli, ma anche del lavoro della squadra dei direttori di gara che ora si ripresenta sul palcoscenico della Serie A. Come? Cresciuta di sicuro, con un manipolo di ragazzi che sta facendo esperienze importanti, su big match e anche a livello internazionale, con l'obiettivo di completare in tempi ragionevoli un cambio generazionale obbligato.

Per tornare ai momenti in cui esprimevamo molti tra i fischietti élite in giro per l'Europa bisognerà avere pazienza "qualche annetto", spiega Gianluca Rocchi che degli arbitri italiani e il designatore e l'allenatore. Però la strada è tracciata e da qui si riparte.

Gianluca Rocchi, l'inizio del campionato è un po' come il promo giorno di scuola anche per gli arbitri?

"E' sempre una grande emozione ricominciare. C'è dietro un lavoro di un mese e mezzo nel corso dell'estate e la prima giornata rappresenta il momento dell'impatto".

L'estate è servita anche a lasciarsi dietro le scorie della scorsa stagione?

"In realtà alla fine di una stagione ci sono tantissime cose da gestire, anche a livello burocratico o di programmazione. Per me il tempo di staccare non è stato tantissimo anche se certamente avere un po' più di pausa ci ha fatto bene".

L'anno scorso è finito con le solite polemiche e con l'accusa che qualche arbitro possa rifiutarsi di dirigere squadre difficili da gestire. Questo inizia con il messaggio chiaro che gli arbitri vogliono rispetto

"Ribadisco di non aver mai ricevuto da nessun arbitro la richieste di non fare più qualche squadra. Anzi. Stiamo cercando di rompere anche gli ultimi tabù sul fatto che un arbitro che risiede in una città non possa dirigere la squadra della stessa. Anche questo muro lo butteremo giù definitivamente molto presto in questa stagione".

Il rispetto?

"Non è solo un messaggio italiano ma viene dall'Europa. A me per primo dà fastidio che la Serie A, uno dei tornei maggiori al mondo, passi come quello in cui c'è il maggior tasso di proteste. Io mi rendo conto del lavoro degli allenatori anche perché pure io lo sono, a modo mio. Capisco benissimo lo stress e le fatiche cui vanno incontro, ma dico che dobbiamo aiutarci. A breve li incontrerò per parlarne insieme. Devono darci una mano perché altrimenti rischiamo di fare i poliziotti con chi non vuole ascoltarci e la filosofia non è questa, noi vorremmo arrivare a una condivisione delle scelte".

Quest'anno la squadra degli arbitri comincia ad avere anche le spalle un po' più solide. Usciamo da stagioni in cui sono stati lanciati su big match giovani con meno di 20 presenze in Serie A

"Un amico mi ha detto che fino alla 50° partita non sei un arbitro di Serie A e devo dire che aveva ragione. E' un percorso che abbiamo accorciato, gli stiamo chiedendo impegni importanti che per loro sono soddisfazioni ma presentano difficoltà. Dobbiamo attenderci qualche difficoltà iniziale, però dopo due anni comincio a conoscere molto bene i ragazzi, so chi mi può dare alcune cose e chi non me le può dare".

L'anno Zero è finalmente alle spalle e siamo all'anno Uno?

"E' un'immagine che mi piace. Siamo all'anno Uno ed è chiaro che per avere un gruppetto di arbitri che possono fare tutto in Serie A, e poi la Champions League con frequenza, qualche anno ci vorrà".

Razzismo: spesso vi siete portato dietro l'etichetta di quelli che in campo preferiscono far finta di non sentire. Ora, invece, l'indicazione è fermarsi

"Il mio messaggio nasce proprio da questo. Ci è stato detto non solo che non vogliamo sentire, ma anche chi ha fatto battute di pessimo gusto sul fatto che gli arbitri avessero attenzioni diverse verso i giocatori di colore rispetto ad altri. Non è accettabile essere associati a questo. I ragazzi l'anno scorso erano molto dispiaciuti quando è successo che, per cercare di far rispettare il regolamento, non avessero compreso il momento attraversato da un calciatore e su questo abbiamo lavorato. Ed è un messaggio anche per i tifosi; io amo andare negli stadi e penso che certi comportamenti siano davvero inaccettabili".

Quanti rigori sono stati fischiati l'anno scorso?

"108"

Quel numero è un'ossessione per gli arbitri?

"No, assolutamente. Potrebbero essere anche 150, noi dobbiamo fischiare quelli che ci sono, l'importante è saperli selezionare essendo una punizione massima. E' un percorso intrapreso quando sono arrivato; avevo lavorato con le società e avevo capito che questa era la filosofia che apprezzavano di più, non ho fatto altro che trasferirla ai ragazzi. Sono sorpreso di quanto, con forza, siano riusciti a trasferirla in campo. A loro dico sempre che è molto più facile fischiare un rigore nel dubbio che non fischiarlo, perché scegliere di non fischiare è una scelta molto importante".

Siamo diventati un campionato più europeo a livello di arbitraggio?

"I numeri dicono questo ed era l'obiettivo. Noi siamo al servizio delle squadre e credo sia un vantaggio anche per loro. Sarà un caso, o forse no, ma usciamo da una stagione con tre finaliste italiane nelle tre coppe europee e molto probabilmente avere un arbitraggio la domenica con la stessa filosofia rende tutto più facile".

La creazione di una squadra di addetti al Var 'professionista' è un processo irreversibile?

"E' il nostro fiore all'occhiello. Ci vengono chiesti ogni settimana in giro per l'Europa e il Mondo. L'obiettivo è avere a breve tutte le gare della Serie A coperte da VMO, Video Match Official".

Gli arbitri hanno compreso che il Var va visto come opportunità di carriera alla pari di quella in campo?

"Chiedetelo a Di Paolo, uno dei Var più importanti che abbiamo. Un ragazzo che aveva fatto una carriera in B senza picchi, normale e oggi ha fatto il Mondiale Under 20 da cui è uscito molto bene e viene chiamato regolarmente in Champions League e nelle competizioni europee. Se lo chiedete a lui può darvi la risposta migliore. Ne abbiamo altri che diventeranno internazionali a breve".

Sono passati un po' di anni dalla sua introduzione. Oggi del Var ci si fida?

"Tendenzialmente credo sia stato un portatore di giustizia nel calcio. E' un percorso irreversibile, impossibile pensare a una competizione o anche a una sola partita senza, basti vedere cosa è successo nell'Europeo Under 21 questa estate. La tecnologia serve, non puoi farne a meno. Quello su cui noi arbitri dobbiamo lavorare è arbitrare come se non ci fosse. Poi nel momento del bisogno aiuta. Anche tre o quattro volte in una partita. Si salva prima di tutto la correttezza di un risultato e poi la 'vita' di un arbitro. Vengo da un'epoca senza Var in cui se facevi un errore erano settimane di problemi".

Sarà la stagione dei maxi recuperi come Mondiale?

"Non cambia granché rispetto a prima ma anche nella seconda parte del Mondiale ci sono stati recuperi simili ai nostri. Al Mondiale le partite duravano circa 100 minuti e in Serie A siamo a 98'30'' perché abbiamo una media di 8 minuti di recupero a gara. In Champions League si giocano anche oltre 60 minuti di effettivo ma molto dipende dalla qualità dei giocatori e dall'importanza della manifestazione: si spiega così. Aggiungo altri numeri: in Serie A siamo a 54' di gioco effettivo e in Serie B non arriviamo a 50', bisognerà lavorare. C'è un arbitro che ha fatto due gare nel corso di un mese nella scorsa stagione, la prima 45' e l'altra 61': stesso arbitro. La chiave che erano quattro squadre con filosofie completamente diverse. Agli arbitri ho detto di fare i recuperi che devono essere fatti e che non voglio vedere 0 minuti perché nel calcio di oggi è un numero che non ha nessun senso".

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Giovanni Capuano