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Calcio

Napoli in festa: è scudetto

Terzo tricolore della storia per i partenopei, merito del coraggio e della programmazione di De Laurentiis, Giuntoli e Spalletti. Ora il bivio: aprire un ciclo o farla restare una straordinaria impresa isolata

E scudetto sia, il più meritato e bello degli ultimi anni perché premia una squadra capace di dominare il campionato come raramente è accaduto nella sua storia recente e antica. Scudetto sia, questo del Napoli: il terzo della serie dopo gli anni ruggenti di Maradona e dei titoli del 1987 e 1990. Fa festa Napoli tutta e se lo merita, per come ha saputo soffrire nel trentennio di alti (non molti) e bassi (alcuni sportivamente drammatici) che ha traghettato i colori azzurri dall'epopea di Diego a quella del gruppo di Luciano Spalletti che dello scudetto che da oggi viene cucito sulle maglie dei partenopei è l'architetto.

E' suo il titolo, ma non solo. Non è lo scudetto dell'improvvisazione ma è la vittoria della programmazione: nasce da lontano, da almeno un paio di stagioni e dal coraggio con cui De Laurentiis ha saputo decidere che un ciclo si era chiuso e che Napoli e il Napoli non potevano più sostenerne i costi per non tornare ad antichi vizi. Il patron è l'artefice di questa festa, lui che l'estate scorsa veniva invitato dalla gente di Napoli ad occuparsi del Bari, accusato di non voler investire sul sogno di una città. Aveva ragione ADL così come era stata corretta e vincente la scelta del Milan di Elliott che cede il tricolore in una staffetta della sostenibilità che deve diventare un faro per il calcio italiano del futuro.

Per vincere non serve spendere follie e indebitarsi: serve competenza e coraggio. De Laurentiis e i suoi uomini li hanno avuti e ora ne godono i dividenti con una festa che non finirà più perché farà sfogare l'attesa e la gioia repressa per troppo tempo. Il Napoli è la quarta squadra a vestirsi di tricolore in Serie A negli ultimi quattro anni: Juventus, Inter, Milan e ora gli azzurri. Anche questa è una buona notizia, non se ne abbiano male tutte le altre: dove c'è competizione e alternanza c'è un sistema in salute.

La tentazione di rincorrere vecchi stereotipi in queste settimane di stordimento festaiolo è forte. Lo scudetto del Napoli, però, è una questione calcistica e non altro: non è il riscatto di una città che sta già vivendo per conto suo una primavera di turismo, arte e cultura e non è nemmeno una toppa sui mali e le contraddizioni che continuano a contraddistinguerla. E' calcio e basta, un piccolo miracolo reso possibile dal lavoro di chi lo ha programmato. I nomi? Il già citato De Laurentiis, il direttore sportivo Giuntoli che è l'uomo che ha pescato il talento di Kvratschelia in Georgia e la solidità di Kim in Turchia per far dimenticare gli addii di Insigne e Koulibely, e Luciano Spalletti.

Il tecnico toscano tocca l'apice di una carriera composta da tanta gavetta e occasioni che fin qui gli erano passate davanti senza essere colte, non sempre per responsabilità sua. Se un gruppo messo su a metà estate ha cominciato a incantare in poche settimane (alzi la mano chi ci avrebbe creduto) il merito è suo. Poi vengono i calciatori, che hanno dimostrato di valere più delle griglie che li collocavano alle spalle delle solite note. Tutto cancellato in un tripudio di qualità estetica e competitività estrema.

E' un piccolo peccato che questo Napoli, dopo aver a lungo incantato anche in Europa, si sia fermato sulla soglia delle semifinali della Champions League. Merito del Milan, dunque giù il cappello davanti ai rossoneri, ma sarebbe stato affascinante vedere i neo campioni d'Italia misurarsi fino in fondo con il top del Vecchio Continente. Sarà la sfida della prossima stagione, sempre che De Laurentiis abbia la forza di trattenere i suoi fuoriclasse e Spalletti sia capace di ripetersi pur avendo i riflettori di tutti puntati addosso.

I prossimi mesi saranno impegnativi per tutti. Ci sarà spazio di festeggiare a lungo, in questo Napoli si dimostrerà come poche altre al mondo, ma anche di dover pensare a cosa fare da grandi. Non è scontato che si possa resistere alle lusinghe che vengono da altri calci e da altre ricchezze, né per De Laurentiis e nemmeno per i protagonisti di questa cavalcata. Farlo, però, darebbe un senso di completezza a un'impresa destinata a rimanere nella storia ma che può anche non restare isolata. Non si sa se il Napoli sia all'alba di un ciclo vincente, di sicuro meriterebbe di guardare le sue carte fino in fondo.

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Giovanni Capuano