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Champions League, il calcio italiano si gioca tutto

Scatta la stagione europea e la Serie A sogna di ripetere le gesta di un anno fa. Anche per cancellare gli stenti della nazionale…

Tristemente rassegnato a spiare il grande calcio europeo dal buco della serratura, il calcio italiano ha vissuto la scorsa stagione l’ebrezza del ritorno al passato. Inglesi a parte, i club italiani sono stati i migliori in Champions, Europa e Conference League. Non aver portato a casa nemmeno un trofeo, nonostante le tre finali disputate, ha solo leggermente macchiato un quadro capolavoro. Una annata che obbliga ora la Serie A a guardare con occhi diversi l’autunno europeo che comincia.

Illudersi di essere veramente tornati leader capaci di portare due semifinaliste in Champions League sarebbe un errore mortale. Abdicare all’ambizione di recitare un ruolo da protagonisti, però, equivarrebbe ad una resa senza giustificazioni sul piano tecnico. Perché la scorsa stagione ha chiaramente spiegato che con buone idee tattiche, un pizzico di coraggio e programmazione anche l’impoverito calcio italiano può dire la sua contro corazzate multimilionarie.
Si riparte da qui.

La vera posta in palio della Champions League, che comincia a San Siro con la sfida tra il Milan uscito con le ossa rotte dal derby il Newcastle arabo che in estate ha fatto shopping a Milano, è questa. Dice Pep Guardiola che l’Inter da lui sconfitta a Istanbul può tranquillamente tornare a giocare la finale: certamente lo fa per scaricare un po’ di pressione dalle sue spalle, ma sarebbe sciocco non cogliere il lato positivo del messaggio e cioè che ci siamo adeguati ai ritmi del calcio europeo.

La Champions League è prima di tutto una questione di soldi. Ci sono squadre con budget enormi e altri che devono fare ricorso alle idee; l’Italia fa parte di questa seconda categoria. È questione di soldi anche per quelli che distribuisce pioggia su chi ha la forza di allungare il proprio percorso; lo dimostra la stessa Inter che è un anno fa a ammortizzato, turno dopo turno, la mancata cessione di Škriniar gettando le basi per costruire la squadra di quest’anno con meno sacrifici del previsto.

È questione di soldi anche se siamo alla vigilia di una rivoluzione. Sarà l’ultima Champions League col formato che conosciamo, dal 2024 spazio alla nuova formula che garantirà più partite, più diritti tv e più incassi: stare dentro o fuori sarà esiziale per tutti. Entriamo in un’annata europea in cui sarebbe utile ragionare di squadra: se dovessimo ripetere le prestazioni del 2023, guadagneremo uno slot nella prossima ricca Champions League. Interessa? Se la risposta è positiva, allora coerentemente sarà il caso di mettere da parte sterili polemiche e proteggere il cammino di chi ci rappresenta in Europa.

Dal punto di vista tecnico Inter, Napoli e Lazio hanno avuto in sorte un gruppo che invita all’ottimismo e mette pressione: vietato fallire la qualificazione agli ottavi di finale. Più complesso il ragionamento sul Milan, e ma a una squadra che in primavera è arrivata alle soglie della finale si può e si deve chiedere di essere protagonista anche dentro il girone della morte. In fondo sono stati proprio rossoneri, in questi anni, a dimostrare per primi di essere capaci di sviluppare un calcio europeo. La sfida di pioli è difficile, ma è affascinante e possibile.

Questa Champions League arriva infine in un momento storico particolare. Gli stenti dell’Italia, prima di Mancini ora di Spalletti, hanno permeato di pessimismo tutto l’ambiente. C’è bisogno di una scossa e mai come questa volta può venire dall’Europa dei club. È interesse di tutti, anche della nazionale, che le tre coppe europee siano affrontate con serietà, cattiveria agonistica, ambizione e progettualità. Solo così si può uscire dalle secche dell’attuale palude e recuperare almeno in parte lo status che da troppo tempo abbiamo perduto.

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Giovanni Capuano