L'album del giorno: Beach Boys, Pet Sounds
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L'album del giorno: Beach Boys, Pet Sounds

Il capolavoro della band californiana, ideato e composto da Brian Wilson in stato di grazia, è considerato uno degli album più ambiziosi nella storia del pop-rock

Alla ricca produzione artistica dei Beach Boys viene data troppo spesso una lettura un po' superficiale, relegandola colpevolmente a musica di mero intrattenimento, divertente, ballabile, festosa, ma in fondo effimera. Giudizi che possono essere parzialmente condivisibili se riferiti alle loro primissime produzioni incentrate sul surf, non semplicemente uno sport, ma un vero e proprio stile di vita improntato sull'audacia e sulla libertà individuale, ma che di certo non colgono la portata rivoluzionaria di un'opera come Pet Sounds, autentica pietra miliare della musica pop-rock.

Nella prima metà degli anni Sessanta i "ragazzi della spiaggia" ingaggiarono negli Stati Uniti un appassionante derby di vendite con i Beatles, in una delle più fertili e salutari competizioni che la storia del rock ricordi, con reciproci apprezzamenti da parte dei due gruppi: Paul McCartney ha più volte dichiarato che considera God Only Knows la migliore canzone d'amore mai scritta. I gioiosi brani dei Beach Boys avevano il loro marchio di fabbrica negli straordinari impasti vocali dei cinque componenti, che hanno diffuso in tutto il mondo il mito dell'eterna estate californiana, tra surf, amori balneari e falò sulla spiaggia.


The Beach Boys - God only knowswww.youtube.com


Ad un ascolto più attento, però, la spensieratezza lasciava spazio a momenti di malinconia e di riflessione, come se nell'aria si respirasse la fine dell'estate, intesa come metafora della gioventù ormai prossima a sfiorire. Tematiche che trovarono il loro apice nel capolavoro Pet Sounds, pubblicato il 16 maggio del 1966, un disco rivoluzionario e ambizioso, ideato, composto e arrangiato da un Brian Wilson in stato di grazia, che all'epoca aveva soltanto 23 anni. Un album troppo in anticipo per quei tempi, tanto che sia il compagno di gruppo Mike Love che i discografici della Capitol Records lo osteggiarono aspramente, i cui risultati di vendite non furono all'altezza delle aspettative. Il disco vendette molto meno del precedente Party! in Usa, mentre in Inghilterra arrivò al secondo posto nella classifica degli album più venduti.

Wilson sembrava averlo già intuito nel titolo della canzone I Just Wasn't Made For These Times (Non sono adatto per questi tempi), anche se è stato poi lo stesso tempo a rendere giustizia alla straordinarietà dell'album. Pet Sounds non è semplicemente un disco pop, ma una vera e propria sinfonia in tredici movimenti. Un viaggio emotivo di 36 minuti dentro la mente geniale e imprevedibile di Brian Wilson, che impiegò oltre un anno per realizzarlo, il medesimo lasso di tempo in cui i Beach Boys incidevano normalmente due-tre album. Due mesi furono necessari solo per realizzare i testi, scritti a quattro mani insieme al brillante pubblicitario Tony Asher, encomiabile nel tradurre e nell'interpretare su carta il complesso mondo interiore di Wilson.

La mente dei Beach Boys chiese ed ottenne di avere in studio alcuni dei migliori musicisti dell'epoca, molti dei quali di provenienza classica, per assecondare la sua visione musicale. Wilson, che in quel periodo faceva uso massiccio di Lsd, si sentiva come guidato da una forza superiore: "Mentre lavoravo a Pet Sounds sognavo di avere un'aureola sulla testa -ha dichiarato l'artista- ma la gente non riusciva a vederla. Dio era con noi tutto il tempo mentre facevamo il disco, era lì con me. Io potevo vedere che era così, lo sentivo nella mia testa e nel mio cervello".

Affermazioni che possono sembrare esagerate, ma innegabilmentePet Sounds è ancora oggi un album di una bellezza quasi sovrannaturale, con un sound che allora non aveva nessun altro disco coevo. Mentre la metà degli anni Sessanta era dominata dal rock, dal beat, dal revival blues e dalla psichedelia, Pet Sounds aveva un suono unico nel suo genere: la batteria e la chitarra, invece che costituire l'architettura dei brani, ne coloravano l'atmosfera, mentre le armonie vocali dei Beach Boys, rese ancora più celestiali da un leggere riverbero, vennero utilizzate anch'esse come uno strumento. L'inizio gioioso di Wouldn't Be Nice, un muro del suono spectoriano di fiati, percussioni e campanelli di bicicletta, è l'unico appiglio con le precedenti produzioni dei Beach Boys.

Già dalla successiva You Still Believe In Me era evidente la rivoluzione copernicana di Pet Sounds, con un sorprendente contrasto tra registri alti e bassi, per non parlare degli avventurosi brani strumentali Let's Go Away For A While e Pet Sounds, che tengono insieme mirabilmente Bach, Phil Spector e Burt Bacharach. In Here Today troviamo addirittura tre melodie diverse che si sostituiscono l'una all'altra: mai un album pop si era spinto così in avanti come idee musicali e qualità degli arrangiamenti. Mentre il rock stava iniziando ad assorbire il vento di cambiamento che sfocerà nella Summer of Love del 1967 e nelle lotte del 1968, Wilson è concentrato sull'unica rivoluzione che per lui conta davvero: quella dall'adolescenza all'età adulta. L'amore è il cuore pulsante di Pet Sounds, con brani di eccezionale lirismo come God Only Know, Don't Talk (Put Your Head On My Shoulder) e Caroline No, la sua composizione preferita, dove il cantante rimpiange una ragazza di cui era innamorato da teenager e che ora, da adulta, non corrisponde più alla sua immagine romantica. Dal 1998 Pet Sounds è entrato a far parte della Grammy Hall of Fame, inoltre è al primo posto sia nella classifica dei 100 migliori album di "Mojo" che dei 200 album più belli di sempre di "Uncut", mentre è al secondo posto dei 500 migliori album di "Rolling Stone".Pet Sounds è ancora oggi, a 54 anni dalla sua uscita, un balsamo per l'anima che mantiene intatti i suoi poteri taumaturgici, nel quale Wilson mise da parte il surf per volare ancora più in alto, ad altezze siderali.

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Gabriele Antonucci