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Garlasco, Chiara Poggi cercò aiuto: il suo sangue sul telefono (e i gioielli dimenticati)

Garlasco, Chiara Poggi cercò aiuto: il suo sangue sul telefono (e i gioielli dimenticati)

Una singola goccia di sangue sotto la cornetta del telefono fisso della villetta di Garlasco suggerisce che Chiara Poggi, prima di morire, tentò una chiamata disperata. Insieme alle nuove analisi BPA del 2025, ricostruiscono un’aggressione in più fasi, con pause in cui la vittima rimase cosciente, mettendo in discussione la dinamica e i tempi fissati nelle sentenze definitive che condannarono Alberto Stasi.

Chiara Poggi cercava aiuto. Lo rivela una singola goccia di sangue scoperta nel luglio 2025 sotto la cornetta del telefono fisso della villetta di Garlasco: la ragazza uccisa il 13 agosto 2007 provò a chiamare qualcuno, il fratello, la madre o forse la polizia durante l’aggressione. Non si trattò quindi di una morte improvvisa né di un aggressore che la colpì di sorpresa, ma Chiara ebbe il tempo di reagire.

Garlasco, Chiara Poggi cercò aiuto: il suo sangue sul telefono (e i gioielli dimenticati)

La goccia di sangue sul telefono

Secondo le analisi dei RIS, la goccia ha un’inclinazione di circa 19 gradi, facendo pensare che la cornetta era sollevata nel momento in cui il sangue cadde: l’assassino colpì Chiara proprio mentre cercava di telefonare, poi sistemò la cornetta lasciando quella traccia ematica. Il reperto era stato catalogato dai militari del RIS di Parma nel 2007, subito dopo il delitto, e quella macchia di sangue venne notata subito, ma venne considerata secondaria. Gli investigatori ipotizzarono una semplice infiltrazione di sangue attraverso lo spazio tra il vano e la cornetta abbassata. Soltanto con la nuova BPA del 2025 quella traccia è tornata centrale nell’inchiesta.

Le nuove fasi dell’aggressione

Le nuove analisi hanno permesso di ricostruire in tre dimensioni la sequenza del delitto in base alle tracce ematiche, comprese quelle sul telefono: Chiara venne aggredita presso l’ingresso e una seconda volta nelle vicinanze del divano del salone. Successivamente la ragazza venne spostata verso il corridoio dove ricevette ulteriori colpi. La terza fase si verificò probabilmente nei pressi del telefono dove la ragazza tentò la chiamata disperata. Il corpo venne poi gettato lungo le scale che conducevano alla cantina, dove venne infine scoperto.

Questa nuova ricostruzione dell’omicidio demolisce quindi la vecchia versione che portò alla condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni, secondo cui la vittima sarebbe stata colpita di sorpresa in un’unica fase senza possibilità di difendersi. Cambierebbero anche orari e durata dell’aggressione che si allunga oltre i 23 minuti ipotizzati inizialmente: l’orario del decesso, inizialmente collocato attorno alle 9:12, potrebbe ora spostarsi in una fascia compresa tra le 11:00 e le 11:30. L’implicazione del nuovo scenario è enorme, rendendo l’alibi di Stasi molto più valido.

I capelli mai analizzati

Secondo la condanna del 2015, l’omicida si lavò via il sangue nel bagno, ma i capelli di Chiara impigliati nelle mani durante l’aggressione, rimasero sul lavabo. Secondo gli inquirenti, «dimostrano chiaramente che il lavandino non è mai stato pulito dal sangue. In caso contrario, i capelli sarebbero stati trascinati via dall’acqua». Le impronte di Stasi, quindi, sarebbero state rilevate sul dispenser perché presenti precedentemente all’aggressione. I capelli non sono però analizzabili essendo privi di bulbo, come conferma la perizia Albani.

Gli accessori dimenticati

I risultati della genetista faranno parte dell’udienza del 18 dicembre insieme alle analisi BPA. Nel mentre, saranno analizzati gli accessori che Chiara Poggi indossava quel 13 agosto: due orecchini di cui uno perso durante l’omicidio e ritrovato sulla scena del crimine, una catenina con ciondolo a forma di dente di squalo, braccialetti al polso destro tra cui uno con il nome della ragazza, l’orologio al polso sinistro e una cavigliera. Nel 2007 «vennero sottoposti ad analisi dai carabinieri del RIS di Parma su delega della Procura», spiegano i consulenti della famiglia Poggi, ed emerse che «i braccialetti e l’orologio sono risultati imbrattati di tracce e non sono stati sottoposti a prelievo».

La richiesta di analizzare quelle impronte risale al primo grado d’appello del 2011, quando Alberto Stasi venne assolto, ma fu dichiarata inammissibile. Nemmeno la riapertura del fascicolo con l’iscrizione di Andrea Sempio nel registro degli indagati a marzo 2025 ha previsto l’esame di quegli oggetti, al contrario di numerosi altri elementi prelevati sulla scena del crimine, poiché nel frattempo erano stati restituiti alla famiglia di Chiara.

La paura di diventare un mostro

Proprio Sempio ha parlato per la prima volta dopo il deposito della perizia Albani. Intervistato a Quarto Grado, ha parlato di «interpretazioni tirate per i capelli, come se qualcuno volesse vederci del male». E sulle foto che lo ritraggono davanti alla villetta di via Pascoli il pomeriggio del 13 agosto 2007, le ha definite una semplice conferma delle sue dichiarazioni messe a verbale.

Sempio si è infine detto preoccupato che, in mancanza di prove, «si cercherà di attaccarmi creando un mostro». Come quell’aggressore che 18 anni fa, si avventò su Chiara mentre lei cercava di chiamare aiuto, senza darle il tempo di fare quella telefonata disperata.

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