Philip Morris Manufacturing & Technology di Bologna. GregoireVerdeaux vicepresidente Philip Morris International.
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«Ecco perché un futuro senza fumo è possibile»

La grande scommessa lanciata da Philip Morris International è sostituire le sigarette con prodotti privi di combustione in un tempo breve. Gregoire Verdeaux, una delle figure in prima linea dell’azienda, spiega a Panorama cosa serve per riuscire nell'impresa.

Ha ricoperto diversi incarichi di prestigio presso varie istituzioni, dalla Commissione europea fino alle Nazioni Unite. È stato attivo in politica, sia come consulente che in prima linea, al fianco dell’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, come vicecapo di gabinetto. Vanta diverse lauree, una conseguita a Sciences Po, il tempio degli studi d’eccellenza d’Oltralpe. Dopo i tanti ruoli pubblici, si è cimentato con il settore privato, in particolare in Vodafone: dal 2014 al 2019 ha aiutato il colosso della telefonia a crescere in Europa, Africa e Asia; nei tre anni precedenti era stato in Edf, il principale produttore di elettricità in Francia.

Gregoire Verdeaux è abituato alle imprese complesse, agli stravolgimenti orchestrati a regola d’arte. Perciò ha deciso di accettare l’ennesima sfida: supportare Philip Morris International nella metamorfosi del suo business. Nella grande rottura con la sua storia: «La sostituzione delle sigarette con prodotti senza combustione nel più breve tempo possibile» conferma Verdeaux, che dalla fine del 2020 è vicepresidente senior per gli External affairs dell’azienda.

«Per me» spiega «è stata una scelta logica, un passaggio naturale di carriera. Nei dieci anni precedenti ho lavorato nella transizione del settore energetico verso una produzione priva di CO2, poi nelle telecomunicazioni per lo sviluppo del 5G. In PMI ho trovato un simile impegno alla transizione».

Quali sono le lezioni principali che ha appreso nel suo passato?

Ci sono tre prerequisiti che ho imparato essere essenziali per una vera trasformazione: non può essere un cambiamento superficiale, deve rappresentare un punto fermo all’orizzonte chiaro a tutti, internamente ed esternamente; i consumatori sono la priorità assoluta: senza di loro non ci sarà business; nessuna azienda può supporre che le verrà data fiducia a prescindere. Il modo migliore per ottenerla è con i fatti.

PMI immagina un futuro senza fumo. È stato un paradigma di rottura, che ha imposto a tutto il mercato di riscrivere le sue regole, i paradigmi, le prospettive. A che punto siamo, annunci a parte?

Oggi, nonostante le politiche di prevenzione e cessazione, nel mondo ci sono oltre un miliardo di fumatori, e, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, non diminuiranno da qui al 2025. In Italia sono oltre 11 milioni. La nostra ambizione è portare tutti coloro che altrimenti continuerebbero a fumare verso alternative prive di combustione. Un cambio di paradigma così importante ha richiesto un mutamento totale del nostro business per diventare un’azienda basata su scienza e tecnologia.

Cosa è stato fatto e cosa c’è ancora da fare?

A oggi abbiamo investito più di 8 miliardi di dollari sui prodotti senza fumo. In PMI oltre 930 persone lavorano in ricerca e sviluppo per innovare e migliorare continuamente il nostro portafoglio di prodotti senza fumo. Nel 2020, il 99 per cento delle nostre spese di R&S sono state dedicate a questi prodotti. E i nostri investimenti stanno dando i loro frutti: 14,9 milioni di adulti in tutto il mondo sono già passati a Iqos, il nostro prodotto tecnologicamente più avanzato, e hanno abbandonato le sigarette.

Quali territori sono più avanti? In che termini? E l’Italia, dove si pone?

Molti Paesi, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Nuova Zelanda e diversi Stati membri dell’Unione europea, stanno adottando normative in grado di incoraggiare i fumatori che non smettono a passare ad alternative senza combustione, garantendo che questi prodotti non finiscano nelle mani sbagliate, come quelle di minori, non fumatori o ex fumatori. In Giappone, dove Iqos ha guadagnato una quota di mercato superiore al 20 per cento, studi indipendenti mostrano che la sua introduzione è stata molto probabilmente causa della riduzione delle vendite di sigarette. Nel Vecchio continente, la domanda di prodotti senza fumo sta aumentando rapidamente, con una quota di oltre il 5 per cento nell’intera regione, con alcuni mercati, come l’Italia, dove oltre un milione di persone sono passate a Iqos e hanno abbandonato le sigarette.

Sempre stringendo sull’Italia, il 2021 è stato costellato di annunci che hanno dimostrato la centralità del Paese nella vostra visione globale. Cosa già è stato fatto e quali sono i prossimi passi? Quali sono i benefici pratici, misurabili, per il nostro territorio?

Solo nel 2021, abbiamo confermato i nostri impegni sulla filiera agricola con il più alto investimento nel settore da parte di un’azienda privata; a fine anno abbiamo inaugurato a Bologna il nuovo Centro per l’eccellenza industriale, che fa parte di un più ampio piano di investimenti per l’Italia, pari a circa 600 milioni di euro in tre anni, legato ai prodotti senza fumo, con un impatto occupazionale stimato diretto, indiretto e indotto di circa 8 mila posti di lavoro lungo la filiera. E questo senza tener conto del fattore più importante: i dati ufficiali dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli testimoniano che i prodotti innovativi possono avere un ruolo per accelerare la fine delle sigarette.

L’innovazione ama galoppare, le norme tendono a imbrigliarla. Come si trova un bilanciamento tra la corsa in avanti e l’esigenza di farlo secondo le regole?

Le regole dovrebbero evolvere quando la società cambia, ma l’innovazione si scontra con lo scetticismo. Quando ero ragazzo i cellulari erano considerati un gadget costoso e l’energia solare antieconomica, una fantasia per scienziati. Tutte le innovazioni comportano dei rischi da gestire, ma è importante bilanciare una sana cautela con i benefici del progresso. Non possiamo sacrificare le opportunità offerte dall’innovazione in nome di pregiudizi non supportati dai fatti. In alcuni Paesi i fumatori non hanno accesso ai prodotti senza combustione. È una logica errata che potremmo definire «fallacia della soluzione perfetta». Citando le parole di Voltaire: «La perfezione è nemica del bene», il progresso richiede miglioramenti costanti.

La sostenibilità ha un peso e un ruolo in questa strategia?

Nel nostro caso essere sostenibili significa innanzitutto affrontare l’impatto dei nostri prodotti concentrando gli sforzi sulla sostituzione delle sigarette con soluzioni alternative. Ma non solo: la sostenibilità è parte di tutte le nostre attività, da come ci procuriamo il tabacco a come stiamo riducendo l’impronta ambientale e sociale, oltre ai modi in cui stiamo affrontando i rifiuti post-consumo.

Quali sono i vostri obiettivi di breve e lungo periodo?

Sono obiettivi ambiziosi: per esempio, nel nostro ultimo Integrated Report ci siamo impegnati a dotare, entro il 2023, il 100 per cento dei nostri dispositivi elettronici di tecnologie in grado di verificare l’età degli utenti e abbiamo confermato l’obiettivo di raggiungere la carbon neutrality entro il 2025 come azienda, fino ad arrivare a zero emissioni in tutta la nostra filiera entro il 2040.

Immagini di dover fare quest’intervista tra cinque o dieci anni. Che presente pensa potrebbe raccontarci? Industria e governi saranno riusciti a fare insieme un buon lavoro?

Mi piace pensare che tra cinque o dieci anni potremmo voltarci indietro e dire che abbiamo colto la nostra occasione, tutti insieme. Abbiamo la possibilità di rendere le sigarette un ricordo del passato e il mondo ha un gran bisogno di buone notizie. Ciò che spero per il futuro è quello che è stato annunciato in Nuova Zelanda: regolamentazione proporzionata al rischio basata su fatti e scienza, accettazione del fatto che l’industria deve essere parte della soluzione, eliminazione graduale delle sigarette e sostegno alle alternative senza fumo, tassazione per tutti i prodotti contenenti nicotina, informazione accurata per i fumatori. Nulla vieta che anche in Italia tutto questo trovi piena applicazione.

In quest’epoca di pessimismi, si sente di andare in controtendenza?

Se c’è la volontà, c’è il modo per farlo.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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