Lenovo cambia pelle: "Meno dispositivi e più servizi"
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Lenovo cambia pelle: "Meno dispositivi e più servizi"

Il settore hi-tech si sta trasformando e per essere dominanti bisogna giocare d'anticipo. L'amministratore delegato di Lenovo Italia, Emanuele Baldi, illustra le soluzioni su cui punta la multinazionale cinese per continuare a guidare il mercato

Il mondo hi-tech sta vivendo un periodo di trasformazione legato alle vendite in contrazione, aspetto prevedibile e inevitabile dopo i picchi registrati durante la pandemia, e dai primi vagiti di una serie di nuove tecnologie destinate a ridisegnare alcuni paradigmi del comparto per gli utenti, per le aziende e per i produttori protagonisti del mercato. Per approfondire il momento e capire le prospettive future del settore, all'indomani dell'annuncio dei risultati dell'ultimo esercizio di Lenovo, Panorama ha intervistato Emanuele Baldi, amministratore delegato di Lenovo Italia.

Iniziamo dalla stretta attualità, cioè i risultati finanziari dell'anno fiscale 2022/2023 appena concluso: numeri in discesa, come prevedibile in un contesto economico globale complicato da fattori esterni - dal conflitto ucraino all'inflazione - che con un fatturato di 62 miliardi di dollari (quasi 10 miliardi in meno dell'anno precedente) descrivono tuttavia la tenuta di Lenovo, in particolare grazie alla crescita di Servizi e Infrastrutture (precisamente le divisioni Solutions and Services Group e Infrastructure Solutions Group), che fanno da contraltare al calo delle vendite dei dispositivi. Le cifre descrivono un'azienda in fase di transizione?

«La premessa è che iniziando l'anno fiscale il primo aprile soffriamo l'impatto del primo trimestre solare, che quest'anno è stato duro per tutti. Inoltre il mercato è in contrazione e sta vivendo nel suo complesso un momento di transizione che, nel nostro caso, a fronte della decrescita dello storico core business dei personal computer mostra la crescita di nuovi business, già ora cruciali a livello strategico. Con server e storage da una parte e i servizi dall'altra, abbiamo due divisioni su tre in crescita, che sono le più piccole ma che già ora rappresentano il 40% dei ricavi dell'azienda, a testimonianza dei miglioramenti rispetto a dodici mesi fa. Senza dimenticare che, al di là dei numeri comunque significativi riguardo al profitto, Lenovo ha chiuso l'anno ancora come leader globale nel mercato dei pc».

Quali sono gli attuali trend di mercato e quali gli elementi chiavi da considerare nel futuro a breve e medio termine nell'ottica di aziende e consumatori?

«Il futuro appare positivo perché i dati mostrano che la fase calante si sta esaurendo e per questo ci aspettiamo una ripresa moderata nella seconda parte dell'anno, con la ripartenza del ciclo standard del refresh tecnologico, poiché le macchine vendute a inizio 2020 entrano nel periodo di sostituzione. Un altro fattore qualitativo che dà ottimismo è l'evoluzione di nuovi sistemi e tecnologie per la digitalizzazione, con l'accelerazione del "New IT" (client, edge, cloud, rete e intelligence) che determina un cambio di assetto per le aziende. La necessità di centrare gli obiettivi in maniera differente rispetto al passato determina per loro la necessità di passare a nuove tecnologie».

Emanuele Baldi A.D. Lenovo ItalyLenovo

E quindi cosa mette sul tavolo Lenovo per le aziende?

«Noi siamo tra i pochi a fornire soluzioni complete, da smartphone e workstation alla parte infrastrutturale. Forniamo modalità operative congruenti tra i vari sistemi, come dimostra il recente lancio del ThinkPhone, lo smartphone per l'utenza business che dal lato software si amalgama alla nostra offerta infrastrutturale. Questa è il punto vincente, perché Lenovo mette a disposizione di privati e aziende soluzioni allo stato dell'arte dal punto di vista tecnologico rispetto alle esigenze software di utilizzo».

Riprendendo il concetto di transizione, un elemento cruciale per fornitori e clienti è il Device-as-a-Service (DaaS), un servizio basato su abbonamenti che fornisce alle aziende un pacchetto completo di dispositivi e supporto che ricalca il passaggio dall'acquisto all'uso di un bene, già visto in altri settori. Perché è un aspetto determinante per un'azienda?

«Il DaaS è il presente e soprattutto il futuro per le aziende, poiché consente di pensare alla tecnologia come strumento da utilizzare senza vincoli. Un cambiamento che determina un impatto rilevante per un'azienda, che ha l'opportunità di modificare il modo di lavorare sul mercato contando su hardware e software aggiornato in base alle esigenze. Ecco perché chi ha puntato sull'as-a-service durante il Covid, quindi circa tre anni fa, si ritrova ora infrastruttura e tecnologia aggiornato a costo zero. Con la stessa rata si assicurano hardware e software in linea con le richieste del mercato, mentre se al tempo avessero acquistato le macchine, oggi sarebbero in grandissime difficoltà nel poter fare un altro investimento. Questo è un vantaggio che non ha eguali».

    Nel corso dell'ultimo anno, Lenovo ha aumentato gli investimenti in ricerca e sviluppo a 2,2 miliardi di dollari, cifra che segna un aumento del 6% rispetto al passato. Su cosa vi state focalizzando?

    «Il grosso investimento è per lo sviluppo di strumenti e modelli d'uso che legano i sistemi di oggi e del domani, a partire dal software. Oggi l'hardware è una necessità ma è il software a fare la differenza. Il riferimento non è ai sistemi operativi, bensì a soluzioni per l'intelligenza artificiale, in particolare la security che è fondamentale, e altri ambiti strettamente attuali per i quali serve un allineamento tra chi sviluppa hardware e software. Per questo tutta la parte software è al momento un'area di grandi investimenti».

    A inizio anno Lenovo ha presentato la prima edizione del Intelligent Transformation Index, per indagare la diffusione delle tecnologie che guidano la trasformazione intelligente, classificando i paesi in base al tasso di adozione di Internet of Things, Big Data e Intelligenza Artificiale. Su 33 paesi l'Italia occupa il 18° posto: cosa vuol dire e quali tendenze sono emerse?

    «Significa che l'Italia sta migliorando perché due anni fa saremmo stati molto più indietro. Il nostro paese è l'ottava industria del mondo e ciò implica una crescita obbligata per la competitività del paese. In questo senso per colmare il gap sono cruciali gli investimenti, a partire da quelli legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Al di là delle polemiche che si sentono, per ora noi abbiamo visto tanti progetti già finanziati dal PNRR in ambito IT, cui noi partecipiamo sia come fornitori, sia come consulenti. Come stretti collaboratori di Consip per lo sviluppo di questi progetti, sono moderatamente ottimista e convinto che si stia andando verso la giusta direzione. Certo è che la crescita nel ranking dipende anche da quello che fanno gli altri paesi, tuttavia le grandi aziende italiane stanno investendo in maniera oculata e siamo a conoscenza di progetti in ambito bancario, assicurativo e manufacturing che mirano a una trasformazione digitale rapida ma al contempo profonda. Un filo che segue anche la Pubblica Amministrazione, dove come principale fornitori siamo anche più coinvolti, ambito in cui stiamo assistendo a mosse significative per rilanciare le azioni dell'Italia».

    Lo stesso report evidenzia come per essere efficace l'infrastruttura digitale debba disporre di personale qualificato, un aspetto in cui l'Italia si è dimostrata un po' indietro rispetto ad altri paesi europei. Abbiamo un problema di competenze digitali?

    «Il dibattito su come il sistema di istruzione e formazione prepara i ragazzi è una problematica annosa. A mio parere il connubio scuola-azienda funziona discretamente, perché da una parte i ragazzi che escono dalle università hanno una buona preparazione e dall'altra le aziende hanno la giusta propensione verso il loro inserimento. In Lenovo, come pure in molte altre aziende, abbiamo diversi piani operativi per includere e formare nuove risorse, con spostamenti interni che permettono loro di conoscere e capire come funziona l'azienda a diversi livelli. Per esperienza personale, inoltre, mi sono accorto quanto sia vantaggioso per l'azienda l'arrivo di giovani con spiccate doti digitali che hanno una visione del mondo diversa rispetto a chi è dentro da tanti anni».

    La fabbrica di Ullo, in Ungeria Lenovo

    Nei mesi scorsi Lenovo ha inaugurato la fabbrica di Ullo, 30 km a sud-ovest di Budapest, primo sito di produzione interna che è parte dei 35 siti sparsi nel mondo. È la prima mossa per una espansione europea?

    «Lo stabilimento ungherese produce soluzioni hardware di fascia alta, perché vogliamo fornire la tecnologia più complessa vicino ai nostri clienti. Non è in questo momento il primo tassello di un sistema già pianificato, però c'è idea di progetto che ci vuole sempre più attenti ai nostri clienti a livello globale, non solo europeo, per servirli al meglio».

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    Alessio Caprodossi