Nepal
(Ansa)
Difesa e Aerospazio

Dietro l'incidente aereo in Nepal una crescita commerciale più rapida di addestramento e tecnologia

Addestramento piloti non adeguato, tecnologie negli scali non adatte. Ecco perché l'aereo della Yeti Airlines si è schiantato al suolo

L’incidente accaduto domenica scorsa all’ATR-72-500 della Yeti Airlines, un esemplare con 15 anni di servizio, non rimarrà certamente un mistero. Trovati i registratori di volo, se saranno leggibili i dati registrati, probabilmente già durante la relazione tecnica preliminare si saprà quale situazione ha causato la morte di 72 persone, tutti gli occupanti del volo che oggi, purtroppo, rappresenta il peggiore disastro aereo accaduti negli ultimi trent’anni di aviazione nepalese. Era, infatti, il 1992, quando un altro incidente causò la morte di 167 persone, ma l’elenco degli incidenti aerei avvenuti nel Paese è purtroppo lunghissimo.

Sfatiamo però subito le voci di una manovra eroica effettuata dai piloti per evitare che lo schianto avvenisse sulle case: il primo video pubblicato su YouTube mostra un velivolo che fatica a restare alla quota prevista, troppo lento anche per una fase di avvicinamento – per gli aeroplani la velocità è vitale e l’aereo aveva il carrello estratto e i flap in posizione intermedia – e quindi una rapida e totale perdita di controllo che ha visto l’Atr schiantarsi al suolo praticamente rovesciato.

Lasciamo le conclusioni a chi condurrà l’inchiesta, tuttavia quelle riprese pongono inevitabilmente dubbi sul modo in cui l’equipaggio potrebbe aver reagito a un’avaria improvvisa, per esempio alla perdita della spinta fornita da uno dei due motori, probabilmente il sinistro. Il punto è che durante il corso per l’abilitazione alla conduzione di aeroplani con più motori, la prima cosa che si impara è proprio come evitare la perdita di controllo dovuta al fatto che – con i motori posizionati sulle ali – la mancanza di potenza di uno solo porta inevitabilmente a una situazione di spinta asimmetrica per reagire alla quale serve grande tempestività. E quando ci si allena al simulatore di un aeroplano come l’Atr-72 si replica più volte questo tipo di esercizio. Un’altra situazione che gli investigatori dovranno accertare o scartare è invece la possibilità che a perdere potenza possano essere stati entrambi i motori a causa di mancanza di carburante, oppure per la presenza di carburante contaminato, fattore che può bloccare entrambe le turbine. Difficile, a livello di probabilità, ma non impossibile.

Sarà quindi importantissimo desumere dalle scatole nere appena ritrovate quali azioni hanno compiuto i piloti e quali errori – a terra, durante la manutenzione, oppure nella gestione del volo - siano stati commessi, perché nulla, in un’inchiesta di questo tipo, viene dato per scontato, a partire dalla situazione personale dell’equipaggio, fino a un eventuale errore materiale come un errato bilanciamento del carico o una manutenzione o procedura male eseguita. Ricordiamo purtroppo quanto avvenuto all’Atr-42 italiano a Conca di Crezzo il 15 ottobre 1987 (piloti non informati delle reali condizioni di possibile formazione di ghiaccio) e quello caduto in mare il 6 agosto 2005, volo Tuninter 1153, in volo da Bari a Palermo (errata pianificazione del carburante e della manutenzione). Di certo, nonostante il territorio nepalese sia tra quelli orograficamente più impegnativi al mondo, gli aeroporti di partenza e arrivo dalla rotta prevista (Pokhara e Kathmandu, che hanno piste lunghe oltre 2.700 metri situate in zone senza rilievi troppo vicini alle direttrici di decollo), non erano certamente luoghi complessi ove operare, né le condizioni meteorologiche avverse. Inoltre, si tratta di una rotta che normalmente vede i velivoli raggiungere quote massime di 12.500 piedi (3.800 metri), molto al di sotto del massimo raggiungibile dall’Atr-72. Poco invece, questa volta, si può desumere dal portale di monitoraggio dei voli Flightradar24, poiché non è stato possibile raccogliere e visualizzare i dati provenienti dal sistema di riporto della posizione del velivolo. Questo incidente segna un brutto colpo per la comunità della cittadina di Pokhara, che soltanto due settimane fa aveva festeggiato l’inaugurazione del nuovo aeroporto, voluto proprio per facilitare l’arrivo di pellegrini in visita religiosa e di turisti amanti delle montagne nepalesi. Il trasporto aereo nepalese negli ultimi anni è cresciuto molto rapidamente, trasportando merci e persone tra regioni spesso difficili da raggiungere. Ma una crescita troppo rapida è spesso una delle ragioni per le quali i sistemi di trasporto vengono afflitti da scarsa sicurezza, a causa di formazione troppo frettolosa e cultura della manutenzione insufficiente. E nonostante l’adesione all’Icao, l’organizzazione internazionale dell’aviazione civile, una buona parte delle compagnie aeree nepalesi sono state bandite dallo spazio aereo europeo. Di fatto il paese himalayano possiede anche alcune delle piste di atterraggio più remote e difficili del mondo, fiancheggiate da cime innevate con avvicinamenti che rappresentano una sfida anche per i piloti esperti. E tra i parametri giudicati insufficienti dall’Agenzia per la sicurezza aerea europea (Easa), la mancanza delle infrastrutture necessarie a elaborare previsioni meteorologiche accurate, specialmente nelle aree più remote, e i sistemi di comunicazione radio e radar. Nelle ore immediatamente successive all’incidente, il primo ministro del Nepal Pushpa Kamal Dahal ha convocato una riunione d’emergenza, mentre il governo ha formato una commissione d'inchiesta di cinque membri per indagare sulla causa dell'incidente e ha incaricato le autorità di condurre un'ispezione tecnica di tutti gli aerei della flotta nazionale.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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