50 anni fa l'alluvione del Biellese. La storia e le foto
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50 anni fa l'alluvione del Biellese. La storia e le foto

Tra il 2 ed il 5 novembre 1968 il Piemonte fu colpito da un'eccezionale ondata di maltempo: 100 morti. La Valle Strona spazzata via con le storiche industrie tessili

A mezzo secolo esatto dall'ondata di maltempo che ha colpito l'Italia, ricordiamo la tragica alluvione che colpì il Piemonte ed in particolare il Biellese

A Campore di Vallemosso (Valle Strona) la prima vittima del maltempo fu sepolta da tonnellate di detriti già nel primo pomeriggio del 2 novembre 1968. Si trattava di una operaia di una ditta tessile che rientrava dal turno di lavoro e fu travolta dalla piena del torrente che tagliava in due la stretta valle.

Il Biellese ( e tutto il Piemonte) erano stati investiti già dal giorno precedente da una violentissima perturbazione atlantica con venti umidi di scirocco provenienti dal basso Piemonte, già colpito da forti piogge e allagamenti. Mentre la valle scivolava nel buio a causa dell'improvviso e prolungato black-out, l'impeto del torrente Elvo trascinava con sè due anziane signore che avevano cercato invano di rifugiarsi all'interno della loro merceria.

Cominciava così una delle più gravi tragedie del maltempo del dopoguerra, che cancellerà circa un centinaio di vite in poche ore, provocando miliardi di danni all'industria e all'agricoltura della zona.

Tra questi cento morti, la maggior parte erano concentrati nel biellese, in particolare lungo la Valle Strona sommersa dalle devastanti frane scaricate dai fianchi delle montagne.

La valle della morte

Nell'occhio del ciclone si venne a trovare il paese di Vallemosso, allora in provincia di Vercelli, situato in fondo alla Valle Strona. Fu talmente evidente l'entità del disastro da essere ribattezzata "la valle della morte". Lungo il corso del torrente Strona la furia dell'alluvione metteva in ginocchio Crosa, Strona, Mosso Santa Maria, Camandona, Bioglio. Erano crollate le case, inghiottite le strade, devastate le fabbriche. E come se non bastasse, per un soffio non cedette la diga di Camandona, alimentata dal torrente che dà il nome alla valle.

I primi morti furono accatastati alla meglio nei pochi capannoni rimasti in piedi dopo il passaggio della valanga di fango e detriti dai superstiti dei paesi rimasti completamente isolati. Il giorno successivo ne avevano contati già 70. Sulla strada tra Quaregna e Cossato si aggiunsero altre vittime per il crollo di un ponte sul quale stavano transitando alcune auto. Molte furono le persone sepolte dal crollo delle loro case oppure colti dall'onda di piena nelle strade e nelle fabbriche. Altre furono trascinate in basso dall'impeto delle acque, molti furono gli abitanti colti dalla morte nel sonno, poiché l'ondata di piena più grave si era abbattuta sui paesi piombati nel buio.

I torrenti e l'effetto diga

La principale causa della piena dello Strona fu dovuta al carico eccezionale subito dalle piene degli affluenti che in quota avevano subito il cosiddetto "effetto diga" per l'ostruzione degli alvei dovuta alle numerose frane.

La situazione, mentre imperversava il maltempo sulle teste chine dei soccorritori, era apocalittica. Oltre alle vittime, ingentissimi i danni non soltanto alle infrastrutture ma anche alla maggior parte delle aziende dello storico distretto tessile biellese.

Addio al tessile della prima rivoluzione industriale

Su 40mila addetti al settore, ben 10mila erano rimasti senza lavoro per gli effetti dell'alluvione. 120 stabilimenti su 400 della zona Valle Strona-Valsessera-Valsesia non esistevano più. Tra le punte di diamante del distretto costrette ad interrompere la produzione c'erano Loro Piana, Zegna, Barbero, Pietro e Serafino Bertotto, Tessil-Union, Verlanda, Sella, Reda, Giuseppe e Gregorio Botto. Circa il 50% della fornitura laniera nazionale (la maggior parte della quale destinata all'export) era stata spazzata via dalla furia delle acque, mentre sopra ai pochi tetti rimasti intatti volteggiavano gli elicotteri del Soccorso Aereo di Milano Linate, dell'Aviazione Leggera dell'Esercito, di Carabinieri e Vigili del Fuoco decollati dall'aeroporto di Cameri dove era stata allestita la base del Soccorso aereo.

I segni della terribile alluvione di 50 anni fa furono evidenti fino alla pianura attorno al capoluogo Vercelli, dove il fiume Sesia raccolse la piena dello Strona e degli altri affluenti, riversandosi e danneggiando le campagne circostanti e danneggiando la fitta rete di canali delle risaie, sopra tutti lo storico canale Cavour.

Quando il 7 novembre i primi cingolati dell'esercito giungevano faticosamente in ciò che rimaneva dell'abitato di Vallemosso, il bilancio delle vittime nel solo comune era di 58 morti. Le famiglie senza tetto della zona ben 300.

Le ultime vittime della tragedia di mezzo secolo fa si registrarono a Piedimulera in Val d'Ossola, dove si era spostata l'ondata di maltempo. Per il crollo di della loro casa, fu cancellata un'intera famiglia di 8 persone.

Ansa
Si estraggono le prime vittime dopo la terribile alluvione, Valle Mosso, novembre 1968.

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Edoardo Frittoli