A Manila il Papa ai giovani: "Imparate dai poveri"
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A Manila il Papa ai giovani: "Imparate dai poveri"

Lolo Kiko (nonno Francesco), come lo hanno soprannominato i filippini, improvvisa un dialogo con i fedeli. Oltre sei milioni sotto la pioggia battente

La pioggia battente e il vento non hanno fermato oltre sei milioni di filippini dall’abbraccio finale con il pontefice per la messa al Rizal Park di Manila (l'evento più numeroso nella storia dei pontificati). Fin dal mattino i fedeli si sono messi in cammino verso l’immensa area affacciata sulla baia di Manila dove è stato montato il grande palco per il Papa. «Lolo Kiko» (nonno Francesco, in filippino) «we love you», ha scandito la folla per ore.
Al mattino Francesco ha incontrato circa trentamila giovani presso il campo sportivo dell’Università san Tommaso della capitale. Due toccanti testimonianze hanno preceduto il discorso del Papa: Jun Chura (14 anni) e Glyzelle Palomar (12 anni) ex bambini di strada hanno raccontato della situazione drammatica in cui si trovano migliaia di minori a Manila, abusati, drogati, costretti a rubare e a prostituirsi. Tra le lacrime hanno domandato al Papa: «Perché Dio permette tutto questo? Perché sono così pochi quelli che ci aiutano?»

«Il mondo di oggi non sa più piangere»
Ancora una volta Bergoglio ha messo da parte il discorso scritto per parlare a braccio in spagnolo, tradotto da monsignor Mark Miles, il sacerdote della Segreteria di Stato che lo ha affiancato in tutto questo viaggio. «Al mondo di oggi manca la capacità di piangere», ha detto il Papa, rispondendo ai due ragazzi: «Certe realtà della vita si vedono con gli occhi resi limpidi dalle lacrime. Ognuno si domandi: ho imparato a piangere? Ho imparato a piangere quando vedo un bambino con la fame, drogato, senza casa, abbandonato, abusato, usato dalla società come schiavo?». E ha spiegato che Glyzelle «la grande domanda su perché i bambini soffrono l’ha fatto piangendo e la grande risposta si trova imparando a piangere. Chi non sa piangere non è un buon cristiano». Di fronte alle domande: «Perché soffrono i bambini, perché accadono queste tragedie nella vita, la nostra risposta sia o il silenzio o la parola che nasce dalle lacrime. Siate coraggiosi non abbiate paura di piangere».

«Non siate giovani museo»
Rivolto ai giovani, improvvisando un vero e proprio dialogo, li ha messi in guardia: «Corriamo il pericolo di vivere accumulando informazioni. Abbiamo così tanta informazione ma non sappiamo cosa farci. Corriamo il rischio di convertire i nostri giovani in museo: hanno tutto ma non sanno che farci. Non abbiamo bisogno di “giovani museo”, ma di giovani santi». Bisogna imparare a usare «armoniosamente» tre linguaggi: «il linguaggio della mente, il linguaggio del cuore, il linguaggio della mano. Pensare, sentire e fare: a voce alta. E farlo armoniosamente». E imparare a «lasciarsi amare»: «Il vero amore è amare e lasciarsi amare. Dio sempre sorprende, lasciamoci sorprendere da Dio. Non dobbiamo avere la psicologia del computer che pretende di sapere tutto». Povertà, ha spiegato il Papa ai giovani, è «imparare a mendicare», senza pretendere di bastare a se stessi: «Quanti giovani tra voi sanno dare ma non hanno appreso a ricevere? Diventate mendicanti». Il Papa ha suggerito ai giovani di domandarsi: «Ho imparato a mendicare o sono sufficiente a me stesso e voglio solo dare. Penso di avere tutto e di non avere bisogno di niente? Bisogna imparare a tendere la mano dalla propria miseria». Anche ai vescovi presenti il pontefice ha chiesto di «guardare ai poveri in modo speciale: pensatevi i poveri, sentite con i poveri, chiedete ai poveri di darvi la saggezza che hanno».

«Abbiate cura dell’ambiente»
Nell’omelia della messa finale il Papa ha raccomandato di avere cura dell’ambiente, inteso non solo come natura ma anche realtà sociale: «Dio ha creato il mondo come uno splendido giardino e ci ha chiesto di averne cura. Tuttavia con il peccato l’uomo ha sfigurato quella naturale bellezza; mediante il peccato l’uomo ha anche distrutto l’unità e la bellezza della nostra famiglia umana, creando strutture sociali che hanno reso permanente la povertà, l’ignoranza e la corruzione».

«Il diavolo ci minaccia»
«La grande minaccia al piano di Dio per noi è ed è sempre stata la menzogna. Il diavolo è il padre della menzogna. Spesso egli nasconde le sue insidie dietro l’apparenza della sofisticazione, il fascino di essere “moderni”, di essere “come tutti gli altri”. Egli ci distrae con il miraggio di piaceri effimeri e di passatempi superficiali. In tal modo noi sprechiamo i doni ricevuti da Dio, giocherellando con congegni futili; sprechiamo il nostro denaro nel gioco d’azzardo e nel bere; ci ripieghiamo su noi stessi». Occorre invece aprirsi agli altri, alla vita, difendere i bambini e la famiglia per costruire «un mondo di giustizia, onestà e pace».


ANSA/ETTORE FERRARI
Papa Francesco abbraccia un bambino durante l'incontro all'Università di Santo Tomas a Manila

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Ignazio Ingrao

Giornalista e vaticanista di Panorama, sono stato caporedattore dell’agenzia stampa Sir e diretto il bimestrale Coscienza. Sono conduttore e autore della trasmissione A Sua Immagine su RaiUno

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