Donne-soldato a stellette e strisce
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Donne-soldato a stellette e strisce

Il Segretario alla Difesa Leon Panetta ha tolto il bando alla partecipazione delle donne-soldato alle azioni di combattimento. Ma già da anni, le donne arruolate sono in prima linea

Se quelle quattro donne, decorate con le onorificenze militari più prestigiose, non si fossero impuntate, probabilmente Leon Panetta non avrebbe mai deciso il passo storico che verrà presto ufficialmente annunciato: le donne-soldato potranno partecipare al combattimento. Se non avessero fatto causa alle Forze Armate, se non fossero state appoggiate dall'American Civil Liberties Union, se la loro battaglia non fosse quella di centinaia di altre donne soldato - che sono (state) in prima linea senza che questo venisse mai riconosciuto loro -, i vertici dell'amministrazione Obama, forse, avrebbero fatto finta di nulla.

Ma, le quattro sono delle combattenti, eccome. Una di loro, il maggiore Mary Jennings Hegar ha ottenuto la Purple Heart e la Distinguished Flying Cross (due medaglie, una delle quali concessa dalla presidenza) perché, nel 2009, mentre era in Afghanistan come pilota di un elicottero di soccorso, durante un'operazione di recupero di alcuni soldati feriti, il suo veivolo è stato abbattuto, e, una volta a terra, è rimasta coinvolta in una sparatoria, ha risposto al fuoco e ha messo in fuga i nemici, salvando la vita agli altri militari. "L'abilità in combattimento non deriva dal genere" - disse la Hegar quando, qualche settimana f a, è venne annunciata la causa contro le forze armate.

"Ci sono decine di donne soldato che muoiono servendo il loro paese senza veder riconosciuto il diritto a servire il loro paese" - aggiunse il Sergente Maggiore Jennifer Hunt, un'altra delle quattro, premiata anche lei con la Purple Heart dopo che il veicolo su cui si trovava è saltato in aria, colpito da una bomba. Nel decennio di guerre in Iraq e in Afghanistan almeno 140 donne soldato sono morte in prima linea, svolgendo dei compiti che le hanno costrette a rimanere coinvolti in azioni, o situazioni di combattimento, ma senza che le autorità militari e civili degli Usa riconoscessero ufficialmente che loro erano lì, a rischiare (o a dare) la vita per il paese.

Tammy Duckworth quando ha saputo della scelta di Leon Panetta si è detta molto felice: ora è deputata al Congresso, dopo aver passato un paio di anni nell'amministrazione Obama.Arriva dall'Illinois, dove era rientrata dall'Iraq dopo che nel 2004 aveva perduto entrambe le gambe quando l'elicottero che co-pilotava era stata abbattuto da un razzo lanciato dai guerriglieri pro Saddam. Ora ha due protesi al titanio. E'la prima donna disabile ad essere stata eletta alla Camera dei Rappresentanti, e aspettava da tempo la decisione del Pentagono.

La mossa di Leon Panetta (l'ultima, prima di lasciare il suo posto al nuovo Segretario alla Difesa a Chuck Hagel) apre la possibilità alle donne-soldato di diventare comandanti delle formazioni di élite. Nel febbraio del 2012, i vertici del Pentagono avevano già aperto alla presenza delle donne in molteplici ruoli di prima linea: dai sommergibili al supporto logistico dei battaglioni corazzati, dai medici agli operatori radio, dall'intelligence e dalla polizia militare (una donna, Janis Karpinsky era al comando della military police ad Abu Ghraib, il carcere delle torture in Iraq),  alla guida d i elicotteri e di veicoli. Ma non era arrivato il segnale verde per poter essere essere inquadrate in unità delle fanteria che partecipano ad azioni di combattimento, nelle forze speciali (Navy Seals) e nei carristi. Anche questo bando dovrebbe cadere.

Le donne in servizio attivo sono il 14% del milione e 400.000 militari che compongono le Forze Armate statunitensi. Vita, in alcuni casi per nulla facile. Nello scorso mese di dicembre, l'USA Today ha rivelato i dati di un'inchiesta. Su 1.100 soldatesse interpellate, poco meno della metà ha rivelato di aver subito molestie sessuali una volta arrivate in zona di guerra da parte dei commilitoni, mentre il 22% circa ha detto di aver subito una vera e propria violenza sessuale.

Nel corso degli anni, la condizione professionale delle donne è migliorata tra le donne soldato. Diverse di loro sono arrivate ai gradi più alti. Sette donne sono al comando di specifici settori dell'esercito. Sono tutti generali. Come il Tenente Generale Patricia Hororo, a capo del corpo medico dell'esercito, o il Tenente Generale Mary Legere, che guida l'intelligence. Da qualche settimana è andata in pensione Ann E. Dunwoody, la prima donna a raggiungere il grado più alto: generale a quattro stelle. Fu George W. Bush a promuoverla. 38 anni di servizio, una mago della logistica, la Dunnwoody è stata premiata con il traguardo più alto grazie alle capacità dimostrate negli ultimi anni di comando, quando aveva il compito di garantire dalla sua base negli Usa i rifornimenti per le truppe combattenti a migliaia di chilometri di distanza.

Ma sono tanti i ritratti d el Wall of Fame delle donne soldato. Da Marcia M. Anderson, prima afroamericana a diventare generale al colonnello Debra Lewis, una tra le prime graduate a West Point; da Leigh Ann Hester, sergente in Iraq, prima donna ad avere la Silver Star, la medaglia più importante a Oveta Culp Hobby, colonnello, prima responsabile del servizio femminile dell'esercito Usa nella Seconda Guerra Mondiale e poi chiamata dal Presidente Eisenhower a fare parte della sua amministrazione.

E indietro, ancora nel tempo, passando attraverso le guerra americane - dove le donne hanno sempre partecipato - fino alla Rivoluzione Americana, a Molly Pitcher. Secondo alcuni storici, in realtà, la donna non è mai esistita. Forse si tratta solo di un soprannome di una persona che ha effettivamente partecipato alla battaglia di Monmouth, forse, la storia tramandata ha voluto così riassumere in quel nomignolo, l'impegno delle donne sui campi di battaglia della guerra contro gli inglesi. Comunque sia, è stata al prima stella dell'esercito americano.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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