Verizon-gate: l'ossessione di Obama per il controllo
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Verizon-gate: l'ossessione di Obama per il controllo

La Casa Bianca ammette: telefoni ascoltati. Obama come Nixon: porta avanti una pratica di sorveglianza iniziata anni fa. Con un scopo: tutto politico. L'analisi di Lookout news

Il Grande Fratello Barack ti ascolta. Il Verizon-gate è solo all'inizio; è solo la punta dell'icerberg. È l'ennesimo, ultimo (in senso cronologico) scandalo sullo spionaggio di cittadini americani che colpisce la Casa Bianca. Sapere che le registrazioni di milioni e milioni di telefonate sono state richieste e ascoltate dalla National Security Agency fa impressione. Barack Obama come, forse, peggio di Richard Nixon: l'ossessione per la sorveglianza. C'è molto di vero. Anche se quest'ultimo scandalo deve essere spiegato e contestualizzato nell'ambito dell'ultimo decennio di lotta al terrorismo, iniziata sotto George W. Bush dopo l'11 settembre e che è proseguita con Obama. Ma, contrariamente a quanto si pensasse quattro anni fa, l'attuale presidente, invece che allentare il controllo, ha deciso di aumentarlo.

Guardiamo cosa dicono le prime notizie relative al Verizongate. Un funzionario della Casa Bianca sotto forma anonima ha ammesso i controlli: "uno strumento fondamentale per proteggere la nazione dalle minacce terroristiche nei confronti degli Stati Uniti". Secondo il Washington Post, una prima richiesta di sorveglianza delle telefonate era stata fatta nel 2006, quando presidente era Bush Junior. Una misura, diretta conseguenza del Patriot Act, la legge sulla sicurezza nazionale, varata dal Congresso dopo l'attacco alle Torri Gemelle.

Se gli americani sapessero
Che milioni di telefoni fossero sotto controllo era emerso già l'anno scorso. Il New York Times cita una lettera di due senatori democratici del Senate Intelligence Committee al ministro della Giustizia Eric Holder. Val la pena leggerne alcuni passaggi: ''Siamo convinti che gli americani sarebbero sbalorditi se venissero a sapere i dettagli di come alcune corti abbiano interpretato la Sezione 215 del Patriot Act'', scrivevano i due, Ron Wyden dell'Oregon e Mark Udall del Colorado, entrambi del partito democratico. La norma in questione ha reso piu facile per l'amministrazione ottenere il segnale verde dalla Foreign IntelligenceSurveillance Court per avere dati che vengono considerati ''rilevanti'' per le indagini connesse alla sicurezza nazionale.

Quello che i due parlamentari vedevano era un inasprimento dei controlli sotto la presidenza Obama, già iniziati con George W. Bush. "Osserviamo che  c'e' un gap significativo tra quello che gli americani pensano la legge consenta e quello che il governo, in segreto, invece fa in nome di quella legge. Questo e' un problema, perche' e' impossibile informare l'opinione pubblica". Il New York Times - che venne in possesso di quella lettera - capì che la storia rischiava di essere molto più importante. E chiese all'amministrazione Obama di spiegare come applicava i poteri che venivano conferiti dal Patriot Act. Non venne mai data alcuna risposta alla richiesta del quotidiano.

Gli scandali fanno chiarezza sulla politica di Obama
Poi, a poco a poco, specialmente nelle ultime settimane si è compreso come abbia agito Barack Obama. A parte lo scandalo dell'IRS, il fisco americano che ha messo sotto torchio i gruppi conservatori (di cui non si è assunto la responsabilità), quello che interessa sono i controlli ai danni di giornalisti. L'Attorney General Eric Holder viene chiamato in causa per lo spionaggio delle mail dei cronisti dell'Associated Press, messe sotto sorveglianza per una fuga di notizie relative a un'operazione della Cia contro Al Qaeda in Yemen. Poi viene fuori che anche la posta elettronica di giornalista della Fox News Television, James Rosen viene"visionata" dal Dipartimento della Giustizia. L'amministrazione sembra essere ossessionata dal fatto che non vengano rivelate informazioni sensibili sulla sicurezza nazionale.

Viene chiamata in causa la Libertà di Stampa. Gloriosi cronisti come Carl Bernstein, che con Bob Woodward fece scoppiare il Watergate, attaccano Obama e lo accusano di voler impedire all'opinione pubblica di sapere cosa fa il governo in segreto. Lo stesso Obama rivendica la sua politica durante una conferenza stampa: si tratta di sicurezza nazionale. Evita di dire, ovviamente, che questi controlli possono servire anche e soprattutto per tenere sotto controllo i cronisti che indagano su casi imbarazzanti come il Benghazi Gate, in cui è coinvolta Hillary Clinton, candidata nel 2016.

L'ossessione di Obama per il controllo delle informazioni
Su questo terreno, Barack Obama non vuole avere motivi di imbarazzo. Forse la sua ossessione per la fuga di notizie si può spiegare così. Meno si sa quello che fa il governo (vedi i droni) meglio è (per la sua immagine pubblica). E'un presidente progressista, eletto anche per cambiare pagina rispetto al predecessore. Non può permettersi troppe scelte basate sulla pura ragione di stato. Ma non c'è solo questo. Quello che dice l'anonimo funzionario della Casa Bianca è vero: i controlli di milioni di telefonate sono stati fatti per evitare possibili attacchi terroristici. Obama non vuole essere colto di sorpresa, messo in seria difficoltà da un attentato. Per questo ha aumentato la sorveglianza e la prevenzione. In modo capillare. Non lo ha fatto contro la legge, ma applicandola come neppure Bush Junior aveva fatto.

Tutto questo ha uno scopo: politico. La sicurezza è una delle bandiere di un Grand Old Party sempre più destinato al declino, come hanno dimostrato le ultime elezioni. Storicamente, i democratici su questo terreno sono apparsi sempre deboli (vedi Jimmy Carter) e i repubblicani, invece, forti. L'obiettivo di Obama sembra essere quello di scippare quel vessillo ai conservatori. Se ci riuscisse, per il partito democratico sarebbe una grande vittoria: toglierebbe ai repubblicani una delle ultime armi che hanno per tentare di ritrovare consenso nella società americana. Ma questa politica da parte della Casa Bianca rischia di produrre l'effetto opposto.

Taci, il Grande Fratello Obama ti ascolta.

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Michele Zurleni

Giornalista, ha una bandiera Usa sulla scrivania. Simbolo di chi vuole guardare avanti, come fa Obama. Come hanno fatto molti suoi predecessori

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