Vito Varvaro: "La mia Sicilia, che guarda troppo poco al futuro"
L'ex ad della Procter & Gamble "rinato" viticultore. Che punta il dito sulla burocrazia e sulla scarsità di manager all'altezza
Una carriera trentennale da top manager, poi il richiamo della propria terra e il ritorno tra le sue braccia. Braccia forti della campagna, quella di Menfi, 13 mila abitanti appena, poco distante da Agrigento, dove ha sede Settesoli, una delle più grandi cantine sociali d'Europa, con il suo vigneto da una mezza dozzina di ettari che producono oltre 20 milioni di bottiglie di vino all'anno e un fatturato che oltrepassa i 50 milioni di euro, provenienti da oltre 40 Paesi del mondo, Cina inclusa.
Una storia che sta dunque a metà strada tra una parabola biblica e un racconto di Pirandello quella di Vito Varvaro, siciliano doc partito trent'anni fa dalla provincia che più si avvicina all'Africa per entrare, da impiegato semplice, in Procter & Gamble e scalare via via tutti i gradini della multinazionale da 150 mila dipendenti, fino a diventarne presidente e amministratore delegato.
Dal largo consumo al vino
Il ritorno del manager-figliol prodigo risale al 2013, quando Varvaro senior, classe 1925, e tra i fondatori dell'azienda vinicola, lo invita a fare a ritroso il percorso di 30 anni prima e portare l'esperienza manageriale acquisita al servizio dell'impresa "di famiglia".
Detto, fatto. "La Sicilia è una terra unica, straordinaria, con delle enormi potenzialità. Anche dal punto di vista delle capacità manageriali. Il contesto che ho trovato al mio ritorno è di massimo livello - racconta Varvaro - e posso affermare in tutta franchezza che i ragazzi che escono dalle università siciliane non hanno nulla da invidiare a quelli che escono dalle migliori università del mondo".
Buoni manager cercasi
Quindi tutto bene, si direbbe. "Non proprio", tiene a precisare il manager. "Quello che manca alla nostra Regione è il desiderio generalizzato di avere a cuore il suo futuro, oltre che una dimensione, o meglio, un'ambizione internazionale. Dobbiamo riuscire a vendere al mondo, essere riconosciuti per i nostri marchi dal respiro che possa andare ben oltre i nostri confini".
Senza contare che, nonostante quanto detto prima a proposito della qualità della formazione: "In Sicilia, i professionisti in grado di gestire aziende private ad alto livello scarseggiano".
L'ultimo paradosso
E poi c'è la questione dei vincoli imposti alle imprese da parte della burocrazia pubblica. Che Varvaro, proprio in questi giorni, si trova costretto a fronteggiare in una maniera paradossale, che non riguarda strettamente le attività di business della sua impresa, ma rende comunque molto bene l'idea le conseguenze di un'ingerenza miope dello Stato.
Al centro della questione che sta sollevando un certo polverone mediatico c'è il sito archeologico di Selinunte, al cui restauro Settesoli avrebbe voluto contribuire con una sponsorizzazione di 50 mila euro. Denaro vero, prezioso per la tutela, la salvaguardia e la rinascita di un patrimonio dell'umanità. Condizionale, appunto. Perché la Regione Sicilia ha "rimbalzato" l'intento dell'azienda dichiarando di non poter accettare una sponsorizzazione in assenza di un regolamento regionale in materia, la cui emanazione spetta alla Regione stessa.
Ma nulla è dato sapere circa quando questo avverrà: un altro pezzo di storia che Pirandello avrebbe raccontato a modo suo molto volentieri.