Home » Tempo Libero » Viaggi » Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare

Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare

Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare

Nel villaggio di Bukchon, tra hanok restaurati e tecnologia discreta, l’esperienza del soggiorno diventa un viaggio sensoriale tra storia, design e silenzio

Nel cuore antico di Seoul, dove i tetti neri delle case tradizionali si arrampicano tra i vicoli del Bukchon Hanok Village e le lanterne si accendono al tramonto come ricordi, esiste un modo di dormire che non è semplicemente pernottare. È un attraversamento. Un rito. Una sospensione. Qui, dove le linee curve dei tetti sembrano disegnate con inchiostro liquido contro il cielo e le ombre delle travi si allungano sui pavimenti di legno grezzo, la città smette di essere metropoli e torna a essere memoria.

Seoul ha una doppia natura. Quella delle strade illuminate ventiquattro ore su ventiquattro, dei caffè dove si ordina col volto, dei grattacieli specchiati che sembrano navicelle. E poi quella fatta di cortili silenziosi, di vecchi mercati, di quartieri che hanno resistito alle ruspe e al tempo. Bukchon è il centro di questa seconda anima, e viverci – anche solo per una notte – significa rallentare fino quasi a sparire.


In questo scenario sospeso tra la storia e il presente, il gruppo Nostalgia Hanok Hotel ha dato forma a un progetto visionario: un hotel diffuso costruito non sopra, ma dentro la storia. E in questo sogno, due nomi brillano come sigilli di eleganza: Slow Jae e Double Jae. Due dimore d’autore, due narrazioni spaziali, due modi diversi di ascoltare – attraverso l’abitare – la voce sommessa della Corea antica che ancora vive nel cuore ipertecnologico della sua capitale.

Quando la Corea diventa esperienza: perché dormire in un hanok

Dormire in un hanok significa fare un passo indietro nel tempo senza rinunciare a nulla del presente. È entrare in una casa in legno, pensata secondo il pungsu-jiri – l’antico feng shui coreano – con le sue stanze affacciate sul cortile interno, il riscaldamento a pavimento ondol, le tegole in ceramica nera e i paraventi in carta di gelso che lasciano filtrare la luce come una carezza.

Ma è anche molto di più. Significa ascoltare il suono ovattato della pioggia su un tetto curvo, svegliarsi con il profumo del legno stagionato, seguire il ritmo di una casa costruita per respirare insieme alla natura. Gli hanok non sono solo architetture: sono organismi vivi, costruiti per allinearsi con le stagioni, per accompagnare chi li abita in un’esperienza sensoriale completa. Qui si tolgono le scarpe non solo per rispetto, ma per sentire sotto i piedi la temperatura di ogni stanza, il battito caldo della terra, la consistenza della storia.

L’hanok è anche un’educazione al tempo. Un tempo che non obbedisce al calendario né all’agenda, ma alla luce e al silenzio. Si impara a osservare, a lasciar correre il pensiero. Ogni apertura, ogni soglia, ogni intarsio ha una sua funzione rituale. È un’abitazione che insegna a stare. Dormirci significa concedersi un ritmo diverso, fatto di pause, gesti e presenza.


Grazie alla sensibilità progettuale di Nostalgia, ogni dimora è dotata di tecnologia integrata e discreta, curata fino al dettaglio: riscaldamento intelligente, audio diffuso, climatizzazione invisibile, materiali selezionati. Ma tutto ciò resta sullo sfondo, perché ciò che resta, ciò che conta davvero, è il modo in cui si viene accolti nello spazio, come in un pensiero che respira con noi. L’esperienza, in un hanok, è totale: visiva, acustica, materica, emotiva.

Slow Jae: il tempo rallenta tra ceramica, silenzio e design

Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare

Il primo hanok firmato Nostalgia porta un nome che è già dichiarazione poetica: Slow Jae. Qui il tempo non scorre, scivola. Niente rumore, niente distrazioni. Solo la bellezza del silenzio che filtra dalle finestre basse e l’odore del legno che racconta una storia lunga secoli.

Entrare in Slow Jae è come attraversare una soglia mentale, oltre che fisica. Si viene accolti da un cortile interno che funziona come cuore pulsante della casa, intorno al quale si sviluppano gli spazi abitativi. Una piccola sala da tè introduce a una biblioteca sensoriale – curata, selettiva, pensata non per stupire ma per suggerire – e a un laboratorio di ceramica immerso in un padiglione vetrato, dove è possibile modellare l’argilla sotto la guida silenziosa di un maestro. L’esperienza, più che manuale, è meditativa: lenti gesti antichi che si intrecciano alla ritualità del respiro.

Le stanze si susseguono con discrezione, e la luce cambia a seconda dell’ora e della stagione. Il soggiorno è un luogo di raccoglimento, con sedute basse e finestre affacciate sul giardino. Nella sala principale, sopra la zona pranzo, si nasconde un dettaglio quasi magico: sul soffitto è integrato un dispositivo sonoro che, durante il soggiorno, rileva la musica ambientale, il parlato e le vibrazioni della casa. L’insieme viene tradotto in un’opera d’arte sonora e visiva, unica e irripetibile, che al termine della permanenza viene regalata agli ospiti. Un ricordo intimo, cucito sul tempo trascorso tra quelle mura.

La cucina è funzionale ma invisibile, pensata per vivere, non per esibire. Il bagno, intimo e rivestito di pietra chiara, ospita una vasca profonda, mentre i profumi che accompagnano gli ambienti – parte della collezione “Slow Jae scent” – evocano la terra, il legno e il tè.


Con i suoi oltre 120 metri quadri, distribuiti in più ambienti, la casa può accogliere fino a quattro ospiti, ma invita alla solitudine scelta, alla coppia silenziosa, al tempo lento. È un luogo che non distrae, ma accompagna. In cui ogni gesto – versare acqua calda, accendere una candela, aprire un libro – diventa parte di un rituale che non si sapeva di desiderare. Si entra, e si rimane in ascolto.

Double Jae: doppia visione, doppia meraviglia

Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare
Dormire in un hanok a Seoul. Ecco perché provarlo e dove andare

Se Slow Jae è un rifugio per il cuore, Double Jae è una dichiarazione di stile. L’ultima delle dimore create da Nostalgia è anche la più ampia, la più ambiziosa, la più dialogante con il presente. Situata sul “Fifth View” di Bukchon, la casa domina un punto visuale da cui si abbraccia, in un solo sguardo, il villaggio storico e l’orizzonte verticale della Seoul moderna. È un luogo che riassume la tensione continua di questa città tra antico e ultramoderno, tra spiritualità e concretezza, tra dettaglio e visione.

Double Jae nasce dalla collaborazione con il brand Younhyun, specializzato in ricerca materica e design ambientale. Il risultato è un hanok che resta fedele alla struttura originaria, ma si apre a suggestioni contemporanee: pareti in legno trattato, pavimenti in pietra, arredi tattili ed essenziali, spazi che fluiscono uno nell’altro senza interruzioni. Tutto è misura, tutto è intenzione.

La casa è grande, oltre 200 metri quadri, con una zona giorno ampia e luminosa, stanze da letto protette da pannelli scorrevoli, bagni con vasche profonde in pietra levigata, un giardino interno con piccolo specchio d’acqua. Ma ciò che colpisce è la sensazione di essere in un luogo che esiste solo qui: una specie di galleria abitata, dove ogni dettaglio – un vaso, una trave, una fessura nella carta – parla il linguaggio dell’equilibrio.

Dalla camera principale, attraverso una porta scorrevole rivestita di carta hanji, si accede a un piccolo giardino segreto. Protetto alla vista, silenzioso, minimalista, ospita una vegetazione selezionata di felci, piante d’ombra e pietre levigate. È uno spazio che respira con la casa, pensato per la meditazione mattutina, per la lettura, per una camminata scalza al primo sole. All’interno di questo giardino, come nascosta in una nicchia sacrale, si trova una vasca da pediluvio in pietra scura, incastonata in una struttura architettonica che ricorda un piccolo tempio: colonne in legno bruno, tetto leggerissimo, acqua ferma che riflette il cielo. Non è una spa, ma un rituale: un invito alla calma, all’ascolto, a ritrovare il contatto con la terra attraverso i piedi, come nei templi montani del buddhismo coreano.


È un hanok progettato per essere abitato da dentro, ma anche per essere osservato come un’opera viva. Si ha la sensazione di muoversi in uno spazio che risponde al proprio passo. Double Jae non vuole stupire: vuole lasciare un’impronta. E ci riesce.

L’hotel diffuso al Bukchon: un concetto rivoluzionario e molto italiano

Il vero colpo d’ala del gruppo Nostalgia è aver intuito che la bellezza di Bukchon non può essere contenuta in un solo edificio. Il villaggio è già, in sé, un’opera diffusa. Così, invece di costruire un hotel classico, si è scelto di restaurare diversi hanok originali sparsi tra i vicoli, ognuno con una sua identità architettonica e narrativa. Le case non si vedono dall’esterno, non si riconoscono come stanze d’albergo. Sono case vere, vissute, immerse nel quartiere. Il check-in avviene in un piccolo centro discreto e moderno, poi ci si inoltra nei vicoli, e si entra nel proprio rifugio.

Bukchon non è un museo all’aperto, ma un organismo ancora vitale. Qui convivono l’artigiano che lavora la carta di gelso e la signora che prepara tteok nella cucina aperta sulla strada. Il tempo scorre in modo diverso: si mescolano vita quotidiana e memoria collettiva, passato reale e ricostruzione consapevole. Le case non sono isolate, ma incastonate in una trama viva di relazioni, silenzi, riti. È un quartiere che vive, ma che lascia vivere.

Camminare a Bukchon, al calare del sole, è un’esperienza quasi letteraria: gli odori di cucina, i passi lenti, le voci basse. E l’idea che sia possibile abitare Seoul senza uscirne, ma all’interno di una sua parte segreta, è quanto di più vicino all’essenza del viaggio.

Uno sguardo diverso su Seoul: la città invisibile

Chi conosce Seoul sa che è fatta di contrasti. Grattacieli che scompaiono nella nebbia, templi che resistono tra le corsie, schermi LED che riflettono la luna. Ma c’è una Seoul che non urla, che si nasconde tra i vicoli di Bukchon, che esiste solo per chi è disposto a rallentare, a togliere scarpe e orologio, a dormire su un futon riscaldato, a sentire il tempo scivolare sotto i piedi.

Questa Seoul non si trova tra i monumenti, ma negli interstizi. Nelle luci basse delle lanterne di carta, nei silenzi tra una casa e l’altra, nel profumo dei pini che si alzano tra i tetti curvi. È una città che si svela solo nella lentezza, che non si lascia fotografare ma solo vivere. L’esperienza dell’hanok permette di attraversarla con il corpo, non solo con lo sguardo.

È la Seoul invisibile, quella che non compare nei cataloghi turistici, che sfugge alle classifiche e ai trend, ma che resta incisa nella memoria di chi ha saputo vederla. La Seoul che non vuole essere compresa, ma vissuta.

E in questo attraversamento, Slow Jae e Double Jae non sono semplici luoghi dove dormire. Sono luoghi che ti dormono addosso, che ti avvolgono, che ti ricordano chi sei, chi eri, e chi potresti essere. Non luoghi da visitare, ma da abitare. Non strutture, ma storie che si possono vivere.

Perché qui, la Corea non si guarda. Si sogna.

© Riproduzione Riservata