Turrini: “Alonso chiama, la Ferrari risponderà?”
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Turrini: “Alonso chiama, la Ferrari risponderà?”

Per l'esperto di F1, le dichiarazioni del pilota spagnolo rappresentano un ultimo avvertimento alla casa di Maranello. Vettel? “Un campione saggio e maturo”. Scandalo Valsecchi: “Il segnale di un Paese in crisi”

Tra vincitori e vinti, tra protagonisti della prima ora e sorprese degli ultimi minuti, senza dimenticare la battaglia tra sconfitti per il secondo posto della classifica costruttori che tiene accesa, pure se a fatica, la fiammella dell'entusiasmo per chi segue le vicende della Formula 1, v'è una certezza, sempre la stessa, da mesi, anzi, di più: Sebastian Vettel è uno dei migliori piloti nella storia dello sport che ha celebrato fuoriclasse del calibro di Senna, Lauda, Prost, Schumacher. In Texas, l'ennesima dimostrazione della sua potenza al volante del missile targato Red Bull. Vettel non vince, stravince. Non conserva e mantiene, rilancia. Perché correre forte è il suo mestiere. E lui non vuole perdere un colpo, mai, per nessuna ragione. “E' il segnale della raggiunta maturità”, spiega Leo Turrini a panorama.it. L'extraterrestre ha mostrato il lato umano.

Che effetto fa sentire Vettel che suggerisce ai suoi di “gustarsi il momento” perché dal prossimo anno cambiano le regole e sarà un'altra Formula 1?

“E' la dimostrazione che lui, oltre a essere un grande pilota, è pure una persona matura. Si rende conto che la realtà dell'automobilismo, nel 2014, almeno sulla carta, è destinata a cambiare profondamente, perché ci sarà una rivoluzione tecnica non marginale. Dal prossimo anno, si parte da zero a zero. Avremo, come periodicamente accade in F1, una drastica modifica dei presupposti tecnico-sportivi. E nessuno avrà un vantaggio garantito. Colgo in queste sue parole non la consapevolezza che cominceranno le sconfitte per la Red Bull, ma che bisogna prepararsi per un universo completamente diverso, questo sì”.

Sulla pista di Austin, il campione del mondo in carica ha vinto l'ottava gara consecutiva, superando il suo mito Schumacher. Sempre più in alto, sempre più su.

“E' capitato spesso nella storia della F1 che ci fosse una scuderia dominante dall'inizio del campionato. Penso alla Williams del '92-'93, alla McLaren del 1988, ma anche alla Ferrari del 2002 e 2004. Le squadre avevano azzeccato un progetto in ragione del quale, sin dalla prima corsa, erano nettamente avanti rispetto alla concorrenza. E chi guidava quelle monoposto aveva la fortuna di raccogliere punti e vittorie senza grandi difficoltà. Quest'anno, abbiamo visto una cosa che non ha precedenti. Fino alla pausa estiva, aveva vinto tre gran premi la Mercedes, due la Ferrari, uno la Lotus e i restanti la Red Bull. Si alternavano spesso i vincitori e si parlava di campionato equilibrato. Bello e avvincente, proprio perché sembrava potessero vincere in tanti. Al ritorno delle vacanze, è cambiata la musica. Abbiamo assistito a un dominio incontrollato di un'unica squadra che ha fatto otto vittorie consecutive e che ha dato l'impressione con Vettel di non tirare mai al massimo. Cosa dire, tantissimi complimenti a Newey, Vettel e a tutti i bibitari. Una svolta così clamorosa non la si era mai vista”.

In casa Ferrari si respira invece un'aria diversa. Eccolo l'Alonso dei sospiri, che a fine gara ha detto: “Sono secondo nel mondiale, primo dei mortali dietro alla Red Bull, con una macchina che non è la seconda macchina più veloce del lotto”. Un'analisi fredda eppure lucidissima del periodo no del team di Maranello.

“Prima di tutto, darei ad Alonso quello che gli appartiene. Con il risultato di ieri, complice l'assenza di Raikkonen, è matematicamente arrivato secondo nella classifica piloti. Ci è riuscito tre volte negli ultimi quattro anni. So che per un appassionato conta soltanto chi arriva uno, ma noi addetti ai lavori dobbiamo guardarla da un'altra prospettiva. Per tre volte, lo spagnolo è stato il vicecampione del mondo. L'unico, nell'arco della dittatura Red Bull, a proporsi come valida alternativa allo strapotere di Vettel. Aggiungo che a me è anche piaciuto moltissimo il suo comportamento in Texas. Dopo il colpo di frusta rimediato ad Abu Dhabi avrebbe avuto tutte le giustificazioni possibili per starsene a casa, invece ha avuto la forza d'animo di rimettersi in piedi e di riprendere subito a correre. Negli Stati Uniti ha fatto una grande corsa con una macchina modesta. Tutto quello che poteva ottenere, l'ha ottenuto. Credo che con le dichiarazioni di fine gara abbia voluto mandare un segnale alla Ferrari. Sta facendo capire a Maranello che lui c'è ancora e se la vuole ancora giocare con la scuderia, ma la sua pazienza è al limite”.

Secondo posto nella classifica costruttori ancora possibile per la Ferrari?

“Bisognerebbe avere due piloti. Cosa dire di quello che abbiamo visto in Texas? E' stato uno spettacolo penoso. Massa è arrivato dopo la musica. Se il brasiliano corre come ha corso quasi sempre non vedo come la Ferrari possa recuperare 15 punti alla Mercedes. Però è anche vero che domenica prossima si va in Brasile e da quelle parti Massa ha sempre fatto discretamente bene. Aggrappiamoci a questa piccola speranza. Non rimane altro”.

Romain Grosjean, viaggio all'inferno e ritorno. Come spiegare il netto cambio di marcia del pilota francese che a inizio stagione pareva addirittura vicino al taglio e che ora fa il fenomeno? Tutto merito dello psicologo?

“Grosjean era già arrivato in F1. Con la Renault, portato da Briatore. Però fece molto male, tanto è vero che la casa francese lo tagliò e a quel punto Grosjean decise addirittura di smettere. Andò a lavorare in banca. Cambio di vita radicale. Poi riprese a correre in competizioni minori, credo facesse le corse sul ghiaccio, per dire. L'anno scorso è tornato sulle piste che contano con la Lotus ed è stato segnato probabilmente dall'inesperienza. Non dimentichiamo che dopo la carambola innescata da lui alla partenza del gran premio del Belgio, la Federazione internazionale gli ha inflitto una sanzione senza precedenti, escludendolo dalla corsa successiva. Credo che quest'anno abbia iniziato la stagione con la scimmia sulla spalla, come si dice in gergo, perché si rendeva conto che se avesse ancora giocato a bowling con le macchine dei colleghi, avrebbe dovuto definitivamente dire addio alla F1. Le cose sono andate più che bene e pure di più. Doveva probabilmente ritrovare un po' di fiducia in se stesso”.

A proposito di Lotus. Cosa dire del caso Valsecchi? Possibile che i vertici di Enstone abbiano deciso di consegnare la macchina di Raikkonen a un altro finlandese, Kovalainen, che è da anni che non va forte in F1?

“E' veramente deprimente da un punto di vista italiano che dopo anni che non abbiamo un pilota del nostro Paese sulla griglia di partenza di un gran premio non ci sia la possibilità di vedere Valsecchi al posto di Raikkonen. Valsecchi non è uno qualunque. Ha vinto il campionato di Gp2, come Grosjean, e già solo per questo, come disse tempo fa Bernie Ecclestone, meriterebbe di avere una chance. Invece, nulla. La Lotus mette al posto del finlandese che verrà in Ferrari il signor Kovalainen che, intendiamoci, non è mica uno indifferente, per carità. Ma che senso ha? C'è Valsecchi in squadra dall'inizio della stagione e poi chiami Kovalainen, che è fuori dai gran premi da due anni. Lo dicono anche i risultati. Ieri la Lotus ha avuto una macchina che è arrivata seconda, quella di Grosjean, e l'altra, quella di Kovalainen, che è arrivata quattordicesima. Perché tutto questo? Perché ormai l'Italia dei motori conta sempre meno, soprattutto sotto il profilo economico, ma pure politica. E' uno specchio della crisi del nostro Paese. Che tristezza”.

@dario_pelizzari

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Dario Pelizzari