Gli Usa amano il vino italiano, ma la Spagna è una pericolosa antagonista
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Gli Usa amano il vino italiano, ma la Spagna è una pericolosa antagonista

A New York è stata presentata la guida Slow Wine, un'occasione per monitorare l'export Usa del vino nostrano. E la Spagna è la nuova antagonista

E’ un amore infedele, sì, ma duraturo, longevo. Dobbiamo condividerlo con altri Paesi ma è un legame profondo: il mercato americano continua a preferire il vino italiano, nonostante la concorrenza dei prodotti sudamericani e soprattutto spagnoli, che sta diventando sempre più insidiosa.

L’occasione per guardarsi meglio allo specchio è stata oltreoceano, durante la presentazione newyorchese della guida Slow Wine in lingua inglese, un evento in partnership con Vinitaly, che ha attratto più di mille persone, tra buyers, giornalisti e degustatori, e che di prepara ad andare in tour a Miami e San Francisco.

In conferenza stampa John Gillespie, un mago dei numeri applicati al vino e fondatore di Wine Opinions, ha messo in guardia i produttori italiani: “la Spagna sta andando molto bene e si sta avvicinando all’Italia sia per quanto riguarda le vendite di vino a basso costo sia quelli di fascia elevata, una fetta di mercato che fino a poco tempo il Belpaese divideva con la Francia”. La strategia, consiglia allora Gillespie è offrire qualcosa di nuovo, lavorando sui prodotti e sul marketing: “quello americano è un mercato che chiede sempre novità e che ormai pensa di conoscere molto bene il vino italiano. Bisogna stupirlo quindi, e portare avanti vini nuovi, tecniche differenti, far capire quanto ancora ci sia da scoprire”.

Il mercato Usa rimane comunque un baluardo indiscusso dell’export italiano: se i dati Ismea dei primi nove mesi del 2012 riportano una flessione generale del -2% nelle vendite all’estero del vino nostrano, una delle poche voci in attivo è rappresentata dagli Stati Uniti dove si è registrato un incremento del 21% rispetto il 2011.

I “Chianti, Barolo, Amarone, Prosecco, e poi il Nero d'Avola trainano sempre il mercato, ma adesso si affiancano vini come il Primitivo e i vini dell’Etna che stanno riscuotendo molto successo negli Stati Uniti”, dice Stevie Kim, direttrice di Vinitaly.

Un fatto assodato è che la conoscenza del vino italiano in Usa è molto accurata e che bisogna iniziare ad archiviare le vecchie credenze.

Ne è certo Giancarlo Gariglio, co-editor della Slow Wine guide: "Parlare di approssimazione del gusto non rende onore a un pubblico che ormai è assolutamente maturo. Gli americani hanno un’alta consapevolezza del vino italiano. Lo sanno degustare, criticare, conoscono le differenze. Siamo di fronte a un cambiamento in atto, perché il loro gusto si sta gradualmente spostando verso criteri più ‘europei’, verso vini complessi ma freschi, che si lasciano alle spalle dolcezze e tostature più smaccate".

E tra i banchi di degustazione sorride Marco Caprai, fresco di premio Wine Enthusiast per la migliore cantina  dell'anno, e scherza: "vent'anni fa, quando abbiamo iniziato, qui era davvero Far West, non c’era la preparazione che c’è oggi. Il palato americano adesso è più raffinato, molto curioso, chiede di sperimentare vini nuovi. All’inizio era tutto più facile, come in tante cose; oggi c’è una concorrenza fortissima. E in questo caso l’individualismo, tipico di noi italiani, non ci fa bene. Dovremmo essere più compatti e far fronte comune a un mercato così diversificato”.

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Paola Camillo