A Cannes la riscossa dei "consapevolmente tamarri"
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A Cannes la riscossa dei "consapevolmente tamarri"

In un Festival che sembra un caravanserraglio della peggior specie per fortuna ci sono loro

Il Festival del cinema di Cannes, da sempre, si contende con quello di Venezia il primato di vetrina più cool del cinema internazionale.

Venire a Cannes, durante i giorni del Festival, è ancora una delle vacanze brevi più à la page per un ceto intellettuale che ruota attorno agli addetti ai lavori del mondo del cinema.

Solo che, quest’anno, oltre ai film che si annunciano capolavori di genere, come The Homesman, il western diretto da Tommy Lee Jones, e alle feste esclusive, come quella ad Antibes di Vanity Fair USA e Giorgio Armani, la Croisette sembra un caravanserraglio della peggior specie.

La fiera del trash, popolata da donne cafone con vestiti striminziti di colori improbabili, ragazzini depilati che girano a torso nudo sfoggiando addominali obliqui da cartone animato, siliconi e botulini in procinto di scoppiare perfino sotto il tenue sole di maggio, e una marea di turisti che non frequentano le sale del Festival ma amano incontrare gente famosa sul lungomare, riconoscibili per via di obbrobriose magliette ricordo per cui sono disposti a spendere, con qualche senso di colpa, fino a 20 sudatissimi euro.

Un festival d’essai animato da una spirito da gita fuori porta, euforico e scollacciato.

Basta pensare alle news più gettonate di quest’anno, non certo relative ai film. Ad esempio, la gonna di America Ferrera, meglio conosciuta come Ugly Betty, sotto la quale ha cercato di infilarsi un giornalista. L’attrice era insieme a Cate Blanchet sul red carpet. Ed ecco, dietro di lei, carponi, un figuro che cerca di strisciare lì sotto, sconfitto dalla security, ma premiato dall’eco dei media.

Per non parlare della tizia che ha improvvisato uno spogliarello sul tappeto rosso, svolgendo il nastro con la scritta “fragile” che indossava e mostrando le sue grazie a una folla di stupiti fotografi. Obiettivo raggiunto, è diventata virale.

Aggirandosi per la cittadina francese, il senso di paccottiglia turistica prevale su tutto il resto. E più che privilegiati ci si sente pacchiani.

Poi arrivano loro. John Rambo (I, II, III…), Terminator (I, II, III…) Mad Max (I, II…), Indiana Jones (I, II, III…) e tutti gli altri protagonisti di I mercenari 3, a cavallo di un tank dell’armata rossa. Una scena meravigliosa. Sylvester Stallone, Mel Gibson, Jason Statham, Harrison Ford, Arnold Schwarzenegger, Antonio Banderas, etc, etc, tutti i protagonisti del terzo capitolo di una saga che sintetizza la storia dei film d’azione degli anni ’80 e ’90 e li aggiorna allo spirito postmoderno, infarcito di autoironia e consapevolezza storica.

Un film che, come i precedenti, crea infiniti collegamenti tra quel che c’è dentro e quel che c’è fuori la pellicola, con riferimenti a biografie e filmografie reciproche (alla domanda: che film invidiate l’uno dell’altro?, The Governator risponde "Certo non Fermati o mamma spara", risposta di Stallone "Almeno io non ho fatto un film in cui resto incinto” riferendosi a uno dei film più demenziali dell’amico/nemico.

In questa costa azzurra cafona, fatta di avvenimenti pacchiani che tutti vorrebbero ignorare, ma che sono i veri argomenti di conversazione di un popolo di finti intellettuali che vorrebbe parlare di “calcio e figa” ma non sa come farlo, questa “violenza da popcorn”, come la definisce Stallone, ideatore e motore del progetto dei Mercenari,  unisce le generazioni e scioglie il cuore, facendosi un po’ film copertina, quello che tutti non vedono l’ora di vedere, anche se fa poco radical chic, e un po’ installazione metacinematografica, un atto performativo che racchiude la grandeur delle major e lo spirito del miglior dadaismo, il cui unico peccato, cui spero rimedieranno l’anno prossimo, è essersi persi per strada Chuck Norris, Jean Claude Van Damme e Bruce Willis, presenti negli scorsi capitoli, e di non aver ancora coinvolto nel progetto Steven Seagal.

La conquista di Cannes è appena agli inizi. Nel 2015, li aspetteremo in elicottero Apache, a dare un senso a questo carrozzone e, l’anno dopo, magari a Venezia, con un cacciabombardiere F-35. Al giorno d’oggi, diventare consapevolmente tamarri, è l’unico modo per essere davvero intellettuali.

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Marco Cubeddu

Nato a Genova nel 1987, vive a Roma, è caporedattore di Nuovi Argomenti e ha pubblicato i romanzi Con una bomba a mano sul cuore (Mondadori 2013) e Pornokiller (Mondadori 2015). Credits foto: Giulia Ferrando

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