Paul Kalkbrenner
Ufficio Stampa
Musica

Paul Kalkbrenner all'Home Festival - L'intervista

Il famoso artista berlinese ha incantato oltre 25mila persone alla kermesse di Treviso. La diffusione della techno music e il nuovo album con la Sony

Dire il nome “Paul Kalkbrenner” può significare davvero tante cose. Può voler dire il film “Berlin Calling”, di cui è stato protagonista e del quale ha curato la colonna sonora. Può voler dire il brano Sky and Sand, che ha raggiunto numeri davvero strabilianti. Oppure può voler dire, in una sola espressione, la storia della techno music. 

Ieri sera si è esibito all’Home Festival di Treviso, in una giornata da record che ha visto raggiungere un sold-out con oltre 25.000 biglietti venduti (tra gli sponsor dell’evento, Rizla+, Jack Daniel’s e Heineken). Tantissimi, infatti, i giovani arrivati da tutte le parti d’Italia per questa data speciale di Kalkbrenner, che abbiamo raggiunto poche ore prima del suo attesissimo live. 

È uscito da poco il tuo ultimo album, “7”, per Sony Music. Perché hai deciso di affiancarti a questa major? E quali sono le novità rispetto ai tuoi lavori precedenti?

Sono partito con calma per poi ampliarmi sempre di più. Man mano che la mia musica diventava sempre più articolata ho deciso di affiancarmi a realtà sempre più solide, come la Sony. La mia musica è sempre più complessa, questa forse è la differenza maggiore rispetto ai lavori precedenti. Secondo me è giusto fare uno step alla volta: ho voglia, album dopo album, di mettermi sempre alla prova con qualcosa di nuovo.

In “Berlin Calling” parli di una rivoluzione elettronica in un contesto particolare. Secondo te questo film ha aiutato perché si diffondesse una cultura di questo genere?

Fondamentalmente è stato molto utile perché ho raggiunto un target che non è il mio. Soprattutto in un paese come la Germania, dove quelli che escono di più la sera sono i ventenni, ho potuto raggiungere un pubblico molto più grande. Anche per far capire meglio che tipo di musica è, ampliando la coscienza di ciò che si fa e il cuore di questo tipo di suono.


Perché hai deciso di non fermarti ad essere considerato un semplice DJ ma in ogni live modifichi il suono, in maniera sempre differente?

Non mi considero un DJ. Anzi, faccio cose diverse perché mi piace far sentire al mio pubblico cose diverse. Io non salgo sul palco mixando e basta. Io costruisco della musica da zero, rielaboro le mie registrazioni ogni volta, in modo sempre diverso. Voglio regalare sempre qualcosa di nuovo: il live dovrebbe essere questo. Io mi diverto e faccio sempre cose diverse perché mi piace regalare nuove emozioni e nuova musica.

Sono cambiati i luoghi di aggregazione nei quali ascoltare la musica techno rispetto al passato?

No, credo che principalmente non sia cambiato molto. La gente vuole bere e divertirsi: per questo motivo, da questo punto di vista, è cambiato (per fortuna) ben poco.

La diffusione dell’EDM (Electronic Dance Music, ndr) ha contribuito ad un allargamento di mercato della techno music?  

Io personalmente non mi sento collegato al genere dell’EDM. Però in effetti negli Stati Uniti ha aiutato tanto, soprattutto per quanto riguarda la conoscenza del genere. Non mi interessa il genere dell’EDM, ma non ho nulla contro chi suona questo tipo di musica, che - come ripeto - dal punto di vista della diffusione della techno ha fatto (forse involontariamente) molto. 

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Giovanni Ferrari