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Pavia: 5 luoghi da scoprire

Il ponte come punto obbligato d'ispirazione e transito, il castello, un palazzo, un bosco e un vicolo così insignificante da essere pieno di senso

Il Ponte Coperto

Non è certo un luogo inaspettato, né sorprendente, anzi piuttosto ovvio per iniziare l’esplorazione del centro storico e dei suoi dintorni. Ma il Ponte Coperto, il Ponte Vecchio, per tutti solo il Ponte, con questo insistente maiuscolo a conferirgli una personalità, un autonomo afflato di vita, è il punto imprescindibile per partire con qualsiasi racconto, o percorso, del capoluogo lombardo.

Unisce le sponde del Ticino, ne definisce il panorama, è snodo di riferimento e di passaggio al tempo stesso. Con la sua struttura imponente di nemmeno un secolo ma che riprende vestigia antiche, per quel suo senso di protezione immediata che conquista anche l’occhio più smaliziato, più abituato al bello. Per quella sua vocazione consapevole, brutale quasi, a essere cornice da cartolina o souvenir da telefonino.

Guardatelo, percorretelo, una volta e un’altra ancora, più volte finirete per ritornarci e lasciarvelo alle spalle. Da qui inizia un itinerario che privilegia il particolare poco noto, che evita accuratamente la Certosa e tutto quello che si sa già di Pavia. Che abbraccia un’area del castello, un palazzo e un bosco, prima di andare a perdersi in un vicolo così insignificante da essere pieno di senso.

Le scuderie del Castello Visconteo

Se Pavia tende un po’ troppo a coccolare la sua memoria, qui è evidente il tentativo di mettere in piedi e mantenere acceso un sano dinamismo. Un continuo rinnovo. In questo spazio espositivo ospitato in un palazzo del XIV secolo, ci si proietta costantemente in avanti: fino al 18 giugno, per esempio, è di casa una mostra di Antonio Ligabue, affiancata da attività pensate ad hoc per i bambini e le loro mamme; da qui, negli anni, sono transitate opere di Degas, Picasso, Pissarro. Un traffico festoso di talenti da tutto il mondo, all’interno di quello che è un monumento vivente di colore e cultura.

Palazzo Folperti

Solide fondamenta del Quattrocento, ciottoli di fiume sovrapposti e affiancati con cura ai mattoni. Un puzzle che trasmette un’idea di possanza, una sensazione di spontanea perizia, di grandioso equilibrio. Ci sono uffici e abitazioni private in quella che era la residenza di un medico ducale al tempo dei Visconti. Ma non preoccupatevi: non dovete necessariamente invadere la privacy altrui. Semplicemente, restate su via Parodi e osservate quest’opera dell’estro umano, dell’arte di mettere a frutto ciò che si ha a disposizione. La riprova di come la perfezione sia una somma di tanti spigoli, un affastellamento di sfumature. Che evocano il Ticino: con i suoi ciottoli incastrati arriva a riposare fin qui, a mezzo chilometro dal suo letto.

Il bosco grande

Stavolta siamo dalla sponda opposta del fiume, a mezzora scarsa di cammino, molto meno in bicicletta, il mezzo preferito dai pavesi per raggiungerlo. Sonnecchiamo all’ombra degli alberi, percorrendo i sentieri ci imbattiamo in una vecchia cascina padana, mentre riscopriamo il contatto con la natura, il gusto di smarrirsi anche per qualche ora soltanto. C’è anche una onlus locale che organizza feste ed eventi per i bambini: spirito della pianura lombarda, che qui non si è mai dissolto.

Vicolo San Pantaleone

È nascosto accanto alla prefettura e i giardini Malaspina, dietro la Chiesa di Santa Maria del Carmine e la piazza omonima. È uno di quei luoghi in cui si deve decidere consapevolmente di andare, con qualche evidente difficoltà per trovarlo e lamenti assortiti del Gps che per primo non indovina la direzione.

O si capita per puro caso, sorpresi di ritrovarsi improvvisamente altrove. In un altro tempo, in un universo sospeso all’indietro.

Non ci sono monumenti, statue, affreschi, motivi di vanto in questa strettoia vietata alle auto. Giusto una sequenza di edifici con mattoni a vista, punti in cui il sole filtra lieve, altri in cui la penombra prende il sopravvento. È poco e nulla, eppure riassume tutta Pavia: una città a dimensione d’uomo, in cui il fascino si stringe nei dettagli, nelle piccole cose, nel senso rassicurante di una perenne permanenza.

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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