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(Ansa)
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La paura ormai tangibile del terremoto nella zona dei Campi Flegrei

La terra trema ormai ogni giorno e la convivenza con il vulcano sta diventando paura

La terra continua a tremare ai Campi Flegrei, area vulcanica attiva situata nella punta occidentale del Golfo di Napoli. Un terremoto di magnitudo 2.9 con epicentro nella zona del vulcano Solfatara è stato avvertito alle 4.28 di questa mattina. La scossa è stata meno forte rispetto a quella del 7 settembre di magnitudo 3.8, ma la gente seppur spaventata continua a rimanere a casa propria. Spesso va a dormire con la valigia pronta e con quella maledetta consapevolezza che le vie di fuga sarebbero insufficienti a garantire l’evacuazione di 350.000 persone che risiedono nella zona più a rischio.

A pochi metri dal lago d’Averno, dove Enea e la Sibilla fecero la loro discesa agli Inferi, continua a lavorare Mimmo Iavarone per accogliere famiglie e bambini nel centro ludico Giardino dell’Orco. Il suo intento è avvicinare chiunque ai luoghi della natura per apprezzarne la bellezza, la storia e soprattutto il valore della terra. Quando Mimmo parla dei 4 laghi dei Campi Flegrei: Averno, Lucrino, Fusaro e Miseno i suoi occhi si illuminano e partendo dal suo giardino, dove la mela annurca di Plinio il Vecchio ha trovato finalmente pace, qualche volta si interrompe per assaporare la lentezza del tempo.

“La scossa del 7 settembre è stata bella forte e rispetto a quella di stamattina ci ha fatto preoccupare di più. Sono nato qui, ai Campi Flegrei, nel 1980 e i miei ricordi di bambino sono strettamente legati al terremoto. Voglio dire che i Campi Flegrei sono un modo di essere, sono pieni di bellezza, storia, gastronomia e altre eccellenze da scoprire. Forse per questo continuiamo a rimanere in questo posto nonostante il pericolo costante e martellante del terremoto. Ricordo che negli anni ’80 la gente aveva più paura, ma poi si sa: la paura si dimentica. Oggi, però, serpeggia un timore sociale diverso. Sentiamo l’arrivo di ciò che non è prevedibile. E non parlo della morte oppure della perdita della propria casa, del lavoro e di tutto ciò che si ha. Queste sono paure che colpiscono singolarmente, insomma la paura in genere è un sentimento individuale. Ma qui, negli ultimi tempi, le cose sono cambiate e anche la paura si è trasformata in qualcosa di più grande. Noi abitanti dei luoghi ci siamo uniti in una sorta di “timore sociale” nella consapevolezza di un destino comune. Questa condivisione ci aiuta a rimanere a casa per unirci in qualcosa che definirei reciproca protezione. Ci aiutiamo, ci passiamo notizie e insieme ci sentiamo meno soli e più forti. Ecco, nell’ultimo periodo, il bradisismo è annunciato da un boato. Una sorta di rumore spaventoso che anticipa il terremoto di qualche millesimo di secondo. Poi, arrivano le scosse e appena la terra smette di tremare, la prima cosa che facciamo è capire fin dove si è sentita in modo da avere immediatamente chiara la gravità del fenomeno. Per questo, apriamo le pagine dei social-media e cominciamo subito a comunicare tra noi. Dopo ogni scossa, sulla pagina Facebook del nostro gruppo c’è scritto com’è andata e quando leggiamo “Bella forte” significa che il terremoto si è sentito fino a Napoli. E’ il caso del 7 settembre. Poi, ci sono i gruppi di whatsApp in cui si commenta la paura con i parenti e con gli amici più stretti e dunque ecco di nuovo che la paura condivisa si trasforma in quel timore sociale di cui parlavo. La Protezione civile fa tanto. Io non so cosa si potrebbe fare ancora, ma questa terra non l’abbandono. E’ la mia vita ed è tutto quello che ho e quando passo davanti ai palazzi con le finestre murate, immediatamente mi ricordo che quelle finestre sono lì da anni, che il tempo passa e che per fortuna noi siamo ancora vivi”.

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Rosita Stella Brienza