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Caffè e rischio cancro: il caso Starbucks

Un giudice californiano obbliga l'azienda ad avvertire i consumatori dei potenziali rischi. Ma per l'OMS la bevanda non è tra i possibili cancerogeni

In una causa intentata in California da un'organizzazione non profit contro Starbucks e altre aziende che producono e vendono caffè al pubblico, secondo il giudice Elihu Berle non è stata sufficientemente dimostrata da parte delle aziende chiamate in causa la non pericolosità delle bevande vendute. Per questo il giudice ha stabilito che chi vende caffè all'interno dello Stato dovrà accompagnare la bevanda con un'etichetta che avvisi i consumatori della possibile presenza di sostanze cancerogene.

Chicchi sotto accusa

Il motivo del contendere è la produzione di sostanze considerate cancerogene, tra cui l'acrilammide, nel processo di tostatura del caffè. "Mentre la parte querelante ha offerto prove che il consumo di caffè aumenta il rischio di danni al feto, ai neonati, ai bambini e agli adulti, gli esperti medici ed epidemiologici degli imputati hanno testimoniato di non avere alcuna opinione sul rapporto causale", ha scritto Berle. In pratica non sono riusciti a "provare con una preponderanza di prove che il consumo di caffè conferisce un beneficio per la salute umana".

A quanto pare le aziende produttrici non hanno contestato che l'acrilammide sia presente nel caffè, ma non sono riuscite a dimostrare che non comporti alcun rischio né che comporti un beneficio aggiuntivo per la salute. Si trattava di provare che l'acrilamide nel caffè non causava uno o più casi di cancro per ogni 100.000 persone, ma per il giudice il rischio non è stato adeguatamente valutato.

Per l'OMS il caffè non è cancerogeno

Davvero il caffè può contribuire all'insorgere del cancro? In realtà dopo decenni di sospetti, nel maggio del 2016 sulla rivista The Lancet Oncology sono stati pubblicati i risultati di uno studio condotto da un gruppo di ricerca internazionale composto da 23 scienziati riuniti dallo IARC, agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Dall'analisi non sono emerse prove conclusive di un effetto cancerogeno del consumo di caffè. Gli esperti hanno però scoperto che bere bevande molto calde può causare il cancro dell'esofago.

"La grande quantità di prove attualmente disponibili", si legge in un comunicato dello IARC, "ha portato alla rivalutazione della cancerogenicità del caffè, precedentemente classificato come potenzialmente cancerogeno per l'uomo (Gruppo 2B) dalla IARC nel 1991. Dopo aver esaminato a fondo oltre 1000 studi su esseri umani e animali, il gruppo di lavoro ha scoperto che non vi erano prove sufficienti della cancerogenicità del caffè in generale".

"Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che il consumo di caffè non ha avuto effetti cancerogeni per i tumori del pancreas, del seno femminile e della prostata, e rischi ridotti sono stati osservati per tumori del fegato e dell'endometrio. Per oltre 20 altri tumori, le prove sono state inconcludenti".

A quanto ha dichiarato Dana Loomis, di IARC in una conferenza stampa di presentazione dello studio, le conclusioni del gruppo di scienziati non mostrano "che il caffè sia certamente sicuro, ma oggi c'è meno motivo di preoccupazione rispetto a prima".

Rimborsi milionari

La denuncia presentata dall'organizzazione senza scopo di lucro sostiene che una porzione di caffè da 12 once (circa 350 ml, quindi la tazzona americana) contiene un livello statisticamente significativo di acrilammide. Che però questo si traduca in un rischio per la salute resta in realtà da dimostrare.

Al danno di immagine si potrebbe aggiungere, nella terza e ultima fase di giudizio, anche una sanzione pecuniaria potenzialmente pesantissima. Il Council for Education and Research on Toxics, che ha intentato la causa, ha chiesto infatti multe fino a 2.500 dollari per ogni persona esposta alla sostanza chimica dal 2002.

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Marta Buonadonna