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La psicologia della testimonianza in un processo

La gestione della memoria, delle emozioni. Quali sono i meccanismi coinvolti durante un processo, e non solo

La psicologia della testimonianza è una disciplina che interseca psicologia, neuroscienze e giurisprudenza. Tratta i differenti aspetti legati alle condizioni in cui un testimone è in grado di riportare il contenuto dell’avvenimento a cui ha assistito. All’interno del sistema vengono prese in considerazione la personalità del testimone o potenziali condizioni psicopatologiche e neurologiche che possono essere di ostacolo alla testimonianza, ma i temi principali oggetto di analisi sono i processi visivi e percettivi implicati nella testimonianza, i processi attentivi e come questi possano avere influito sulla percezione e la memoria del crimine a cui il testimone ha assistito, le condizioni che ostacolano o favoriscono un ricordo accurato, le condizioni per cui si può invece presentare un ricordo distorto o completamente falso.

L’elemento cardine della psicologia della testimonianza è la memoria, con i suoi processi e soprattutto con la costruzione di falsi ricordi, che altro sono rispetto alla menzogna. All’atto pratico quanto risulta essere pregnante per la memoria nella testimonianza non è tanto la quantità di materiale ricordato, quanto piuttosto la accuratezza del ricordo, ossia la corrispondenza tra ciò che uno ricorda e i fatti realmente accaduti. In ambito forense ci si riferisce a questo aspetto con il termine «attendibilità».

Si consideri che il ricordo è imperfetto e tale imperfezione non sta solo nel fatto che dimentichiamo, ma sta anche nel fatto che con una certa frequenza vengono fatti errori di memoria per cui ricordiamo elementi non veri. E in talune circostanze il ricordo è talmente vivido che saremmo pronti a scommettere che si tratta di ricordi assolutamente corretti e genuini. Questo accade ad esempio in un fenomeno chiamato “flashbulb memories”. Le “Flashbulb memories” o ricordi fotografici sono ricordi vividi, dettagliati e persistenti delle circostanze di un evento significativo e a forte carica emotiva. Le emozioni possono notevolmente influenzare i processi cognitivi legati alla memoria. La forza dei ricordi dipende dal grado di attivazione emozionale, per cui eventi o esperienze vissute con una partecipazione emotiva di livello medio-alto vengono catalogati nella nostra mente come importanti, grazie al coinvolgimento di strutture cerebrali; il coinvolgimento di tali strutture determina una maggiore probabilità che il ricordo venga successivamente richiamato alla memoria. Questi ricordi si caratterizzano per il fatto che gli individui conservano dettagliatamente e a lungo, non solo il ricordo dell’evento in sé, ma anche la circostanza in cui hanno appreso la notizia, il luogo in cui si trovavano, il momento della giornata, l’attività in corso di svolgimento, la fonte della notizia, la reazione emotiva vissuta al momento, gli altri presenti e le loro reazione emotive, e le immediate conseguenze dell’evento. Ma le flashbulb memories sono in grande misura inaccurate. Questo risulta ben evidente quando si confrontano nelle stesse persone il ricordo immediato dell’avvenimento traumatico, e quello a distanza di un mese o più. Gli elementi sono in parte diversi, la versione degli avvenimenti è in parte diversa, e anche se il “gist” (il succo) del ricordo resta relativamente imputato, molti elementi subiscono modificazioni.

Un fenomeno forse ancora più importante ai fini dell’esame delle condizioni in cui il ricordo risulta modificato è il cosiddetto effetto dell’informazione fuorviante “misinformation effect”, in base a cui il ricordo di un avvenimento a cui si è realmente assistito viene modificato dal tipo di informazione verbale ricevuta successivamente, o dal tipo di domande che vengono rivolte al testimone. Con il paradigma del “misinformation effect” si evidenzia come, nel recupero dei ricordi legati ad un evento, la presentazione di un’informazione fuorviante interferisca in modo drammatico sul ricordo dei dettagli legati all’evento stesso, producendo quello che viene definito un falso ricordo. Questo tipo di falso ricordo è influenzato dalle differenze individuali. La creazione di un falso ricordo è accompagnata dall’attivazione di conoscenze precedenti a cui si somma la convinzione che il fatto sia veramente accaduto. Questo si verifica nel momento in cui la creazione di un’immagine mentale falsa diventa parte di un ricordo stabile associato alla certezza che l’evento sia realmente accaduto. Il modello sopra citato possiede qualche somiglianza con i meccanismi implicati in compiti di memoria di lavoro. Praticamente vengono attivate informazioni o rappresentazioni in memoria a lungo termine (corrette nel caso della memoria di lavoro e false nel caso dei falsi ricordi) che dovrebbero essere disattivate (o non ricordate come vere), ma che vengono invece ricordate (o sostituite ad un vero ricordo) per un difetto del controllo attentivo delle informazioni irrilevanti (o false). La caratteristica cruciale nella testimonianza è l’accuratezza del ricordo rispetto alla quantità del materiale ricordato. Infatti, se un testimone dà una descrizione ricca di un avvenimento caricandolo di informazioni false, non accadute, la sua testimonianza perde inevitabilmente di valore.

Questi fenomeno è stato studiato in modo più esteso verificando il ruolo non solo dell’informazione fornita successivamente “post-event information”, ma anche dell’informazione che può essere contenuta nelle domande che vengono fatte durante un colloquio o un interrogatorio quella che in gergo viene chiamata intervista investigativa, “investigative interview”. Il contenuto delle domande può modificare in modo anche profondo il ricordo. Da tempo si sa che il contenuto delle domande può influenzare il resoconto di un testimone, ma si sa altresì che il contenuto delle domande modifica non solo il resoconto del momento, ma anche il ricordo successivo, ottenuto a distanza di tempo, in cui ciò a cui si è effettivamente assistito viene mescolato in memoria con quanto si è detto in seguito alle domande.

Il sistema cognitivo di monitoraggio è comunemente attivo per valutare l’origine e la qualità dei prodotti mentali, e segue parametri parzialmente definiti per valutare se un contenuto mentale è un ricordo. Un prodotto mentale molto attivo e vividamente presente, come il materiale da noi generato, può allora essere scambiato per un ricordo proprio perché con quest’ultimo condivide le caratteristiche di alta attivazione e alta vividezza.

Le modifiche nel ricordo di un avvenimento di per sé realmente accaduto sono in realtà un elemento relativamente comune nella vita quotidiana. Non esistono in memoria tracce complete di un avvenimento specifico. Ciò che esiste sono elementi astratti che sono organizzati in categorie in modo gerarchico e il processo di recupero dalla memoria autobiografica è quindi un meccanismo che segue questo prospetto gerarchico, che parte dalla attivazione di un tema di vita a partire dal quale l’attivazione si espande agli avvenimenti generici e infine alle rappresentazioni frammentarie e specifiche relative ai singoli episodi. Il ricordo è quindi la «ricostruzione» di un episodio a partire da questi frammenti. Siccome dipende da questo processo di «ricostruzione» basata su frammenti reali e su processi inferenziali, il ricordo finale non sarà mai una copia identica all’avvenimento originale. Il contenuto sarà invece in parte simile all’episodio originale, in parte diverso. Questo modello spiega bene come mai il ricordo non sia mai completamente accurato. Inoltre apre la strada per capire come sia possibile che le persone creino ricordi completamente falsi.

La creazione di ricordi falsi dipenda anche dalle convinzioni delle persone sul funzionamento della memoria. Ad esempio, la consapevolezza che dopo tempo gli avvenimenti si dimenticano, o che se un avvenimento è realmente importante (emotivamente o altro) allora sarà ricordato più facilmente. Inoltre l’atto di ricordare non è solo un meccanismo di recupero di dati (sia pure frammentari) dalla memoria, ma consiste anche in una serie di decisioni relative a quanto ciò che viene in mente assomiglia a un ricordo. Per questo il modello predice che immaginare produca ricordi falsi e che il fornire informazione sull’esistenza di avvenimenti non ricordati, indipendente dalla sua veridicità, produce un aumento nella convinzione che l’avvenimento sia realmente accaduto. Infine, predice che un aumento nella convinzione (errata) che un avvenimento sia accaduto porti ad un aumento nella probabilità di avere un ricordo falso dell’avvenimento. Il modello inoltre incorpora un principio basilare in psicologia della memoria, ossia il fatto che il ricordare consista nel determinare le caratteristiche e le qualità dei contenuti mentali che vengono poi chiamati ricordi. Questo processo cognitivo, che consiste in un «monitoraggio della fonte» del contenuto mentale e in un «monitoraggio di realtà» è costantemente in gioco nell’atto di ricordare. Il fatto che noi siamo in grado di distinguere se il contenuto mentale deriva da un sogno o da un film visto è un buon esempio della combinazione dei due monitoraggi. Quello della fonte determina se il contenuto mentale deriva da una fonte esterna (film) o interna (sogno), e la concettualizzazione di «sogno» come di atto cognitivo non reale permette di decidere se l’avvenimento che si ha in mente è accaduto nella realtà oppure no.

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Cristina Brasi