Acquaviva: il paese dove l'astensione è all'80%
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Acquaviva: il paese dove l'astensione è all'80%

Il paese, in provincia di Caltanissetta, ha il record della percentuale di votanti più bassa

E’ il paese dell’astensione dell’astensione siciliana, i pianori cantati da Salvatore Quasimodo che ad Acquaviva Platani in provincia di Caltanissetta trascorse l’infanzia tra gli sbuffi dei vagoni e i fischi del padre ferroviere. E neppure Beppe Grillo, novello e briccone Garibaldi, è passato nel paese alle cui urne, per le elezioni regionali, si è recato solo il 20,68 % per cento con un astensione che tocca le vette delle dimissioni della democrazia, (80%) il rifiuto delle elezioni, la crisi della politica.

Ci sarà da analizzarli quei dati, le effemeridi elettorali di Acquaviva che è simbolo sì di astensione, ma anche di una diaspora siciliana, l’esodo di una generazione dagli anni sessanta in poi venuta a mancare nell’anagrafe di questo comune di un entroterra, quello nisseno, tra spighe e silenzi. «Gli iscritti alle liste sono tremila, ma i residenti sono soltanto mille è questa la regione di una percentuale tanto bassa», risponde Salvatore Caruso che di Acquaviva ne è il primo cittadino, eletto con i suoi quattrocento voti in una lista civica, la voce quasi infastidita di un primato, quello dell’astensionismo che rifiuta con ostinazione quasi indispettito. «No, non dite che questo sia il paese dell’astensionismo per eccellenza, semmai le motivazioni sono ben altre…».

E in questo paese «dove il Plàtani rotola conchiglie/ sotto l'acqua fra i piedi dei fanciulli/ di pelle uliva», la somma degli elettori è un sottrazione tra migranti e residenti, quelli rimasti e quelli partiti (circa duemila a sentire Caruso), tanto da non stupefare il sindaco che nelle altre consultazione ha registrato un’astensione alta, «certo non così alta».

Lui, eletto con una lista civica in un paese di tradizione democristiana si schermisce: «Sono 3100 gli iscritti alle liste elettorali, 1050 abitanti. Di questi quasi duemila sono residenti fuori dall’Italia, Inghilterra prettamente, hanno preferito non tornare per un’elezione come quella regionale, c’è da capirli. Altre volte l’astensione ha toccato il settanta per cento, mentre il trenta si è recato alle urne, accade ad Acquaviva…». Così, quasi diffida Caruso che preferirebbe non parlare, dissimulare un fastidio che è la cifra di un malessere che interroga i politologi. «Certo, è ovvio che ci siano anche ad Acquaviva i siciliani scontenti, quelli che della politica non hanno voluto sapere, quelli che assistono al rincorrere degli scandali».

Ma Grillo è passato ad Acquaviva? «No, si è fermato a Mussomeli, anche se da Acquaviva alla fine ha dovuto pur forza transitare, vuoi per necessità. Siamo di passaggio…». Nessuna sezione di partito, in questo paese che Caruso definisce «prettamente agricolo a cinquecento metri di altitudine» e che ha visto una popolazione andare via. «E però rimangono italiani a tutti gli effetti anche se non votano, continuate a non capire che il dato che vi stupisce tanto, non tiene conto degli emigrati. Un calo è sulla carta, nient’ altro».

E stupisce certo nella Sicilia che incorona il primo presidente della Regione, Rosario Crocetta, di tradizione comunista e omosessuale, che scopre Grillo e a pochi chilometri da Acquaviva, a Caltanissetta, festeggia il successo di Giancarlo Cancelleri, il candidato del Movimento Cinque Stelle, uno sconosciuto che  quasi commosso raccontava a Mattia Feltri, «ho voluto la mia sede a Caltanissetta perché un cittadino mi disse: per una volta sono fiero di essere nisseno».

Ad Acquaviva, il comizio è una piazza vuota, dove la politica è già andata via, come un emigrante con la valigia in mano e un biglietto di non ritorno.

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Carmelo Caruso