Matteo Renzi
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Su Open da Renzi tanti soldi, poche spiegazioni

L'inchiesta su Open si allarga; indagini sui 700mila euro ricevuti per la sua nuova casa. E spuntano carte e bancomat per i parlamentari Pd

Soldi, soldi, soldi. C'è un solo modo per capire che cosa stia accadendo a Matteo Renzi e alla sua creatura politica ed è cercare la pista dei soldi. È questo il filo rosso seguito dai magistrati, che vogliono scoprire se quel fiume di denaro che affluiva nelle casse della fondazione Open servisse a finanziare illecitamente la politica e se quei milioni avessero finalità diverse da quelle apparentemente nobili di sostenere un dibattito culturale senza tornaconto economico né politico. Del resto, che i soldi siano la chiave di tutto lo ha involontariamente ammesso lo stesso ex presidente del Consiglio, il quale l'altro giorno, replicando via Facebook ai magistrati di Firenze che hanno spedito avvisi di garanzia in mezza Italia, ha detto che per finanziare Italia viva è meglio donare piccole somme, con il sistema del crowdfunding, e non mettere sul tavolo centinaia di migliaia di euro che poi -come nel caso della fondazione - finiscono nel mirino dei pm. Così, senza volerlo, il senatore semplice di Scandicci ha accomunato Open a Italia viva, quasi confermando la tesi dell'accusa, che indagando sulla cassaforte del Giglio magico ha ipotizzato che la Onlus presieduta dall'avvocato  Alberto Bianchi, eminenza grigia del gruppo, si muovesse come un partito e servisse da schermo per finanziare la corrente renziana. Sì, quello dell'ex segretario del Pd è stato un autogol, una  excusatio non petita, una dimostrazione di scarsa lucidità.
Che l'uomo non sia perfettamente padrone della situazione, del resto, lo ha dimostrato anche ieri, con la seconda ondata di accuse ai magistrati di Firenze: una serie di tweet prima e una specie di monologo poi. Così  Renzi  è tornato a puntare il dito contro i pm che fecero arrestare - e poi condannare - i genitori. Le due toghe, che l'ex premier chiama giudici dimostrando di fare confusione fra chi sostiene la pubblica accusa e chi emette sentenze, sarebbero, secondo il fondatore di Italia viva, gli autori di una specie di persecuzione.

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Maurizio Belpietro