Libia, "l'unica soluzione è quella politica"
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Libia, "l'unica soluzione è quella politica"

Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni alla Camera: "Serve un cambio di passo prima che sia troppo tardi"

In Libia bisogna agire in fretta. La situazione si aggrava di giorno in giorno, con il rischio di una "saldatura" tra gruppi locali e l'Isis e il tempo a disposizione "non è infinito". Ma la soluzione non può che essere politica, nessuno vuole avventurarsi in "crociate". L'informativa del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, sulla crisi libica oggi alla Camere si traduce in un appello alla comunità internazionale e alle Nazioni Unite a "prendere coscienza della necessità di raddoppiare gli sforzi" e "a cambiare passo". 

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Non è dunque questione di intervenire militarmente, almeno senza l'ombrello dell'Onu, rassicura il titolare della Farnesina dopo giorni di polemiche sugli annunci e le frenate del governo. Si tratta piuttosto di continuare a sostenere con ogni mezzo il dialogo tra le diverse fazioni, mediato dall'inviato Onu Bernardino Leon, che nelle ultime settimane, con l'inclusione del Congresso di Tripoli, ha mosso "un passo nella giusta direzione". E solo dopo la riconciliazione e la formazione di un governo di unità nazionale, l'Italia sarà pronta ad assumersi "responsabilità di primo piano", contribuendo a missioni di peacekeeping e all'addestramento militare dell'esercito regolare.

La linea del governo viene ribadita nelle stesse ore dal ministro della Difesa, Roberta Pinotti: "Senza un quadro di legittimità internazionale l'intervento per dare una mano alla Libia non ci può essere", dice a Repubblica.it. La Libia - spiega Pinotti - non è stata "invasa" dall'Isis, "si può parlare di infiltrazione", ma in questo quadro anche l'ambasciata a Tripoli "poteva diventare un bersaglio", e per questo è stata chiusa.

In aula a Palazzo Madama interviene anche il presidente emerito Giorgio Napolitano, sostenendo la necessità che "l'Italia faccia la sua parte, non possiamo scappare". Chiamato direttamente in causa dalle polemiche dei giorni scorsi, l'ex capo dello Stato si toglie poi qualche sassolino dalle scarpe, ricordando che l'intervento in Libia del 2011 fu "un'azione decisa in comune" con l'allora governo Berlusconi, su cui ci fu "un amplissimo consenso parlamentare". L'errore fu, semmai, "il disimpegno dell'Ue dopo la caduta di Gheddafi".

Dai banchi di Montecitorio si fa intanto sentire la voce contraria del Movimento 5 Stelle. "Una guerra in Libia sarebbe il nostro Vietnam", dice Alessandro Di Battista, che accusa il governo di vedere nelle bombe "l'unica soluzione perché le lobby degli armamenti pressano". E mentre da Londra arriva l'allarme su un presunto piano dei jihadisti di attaccare il sud Europa attraverso i barconi di immigrati, Gentiloni snocciola dati sugli ultimi sbarchi con un aumento del 59% rispetto al 2014. "Non era Mare nostrum ad attirarli, ma le speculazioni di bande criminali", spiega il ministro, tornando a chiedere di più all'Europa: "Non può spendere solo 50 milioni di euro all'anno".

Ma la Lega insiste: per il Carroccio la crisi libica si riduce soprattutto al rischio di "un pericoloso esodo di clandestini" che potrebbe nascondere terroristi e miliziani dell'Isis. "L'unica soluzione - dice il capogruppo al Senato Gian Marco Centinaio - e' che il governo imponga da subito il blocco navale".(ANSA). 

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