Matteo Salvini
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Il futuro del "Capitano", Matteo Salvini

Giampaolo Pansa prova ad immaginare il futuro politico e personale del leader della Lega

Cedere al piacere di fare previsioni può essere molto pericoloso quando accade sul terreno della lotta politica. Eppure anche in quel campo minato l’essere umano non resiste alla tentazione di immaginare che cosa accadrà domani. Uno studioso tedesco dell’inizio del Novecento, dal cognome complicato e difficile da ricordare, ci ha spiegato in un libro fondamentale che gli uomini si distinguono dagli animali proprio per il loro desiderio di conoscere il futuro che li riguarda. Succede a tantissime persone, ricche, povere, ignoranti o istruite.

Sin da bambino ho imparato a conoscere che esisteva questa cultura nascosta, però molto diffusa. Mia madre Giovanna, proprietaria di una modisteria importante nel centro della nostra città, coltivava soltanto due piaceri: andare una volta alla settimana dalla pedicure e sempre ogni sette giorni dalla cartomante.

Questa era la mitica Gigin che di mestiere faceva la portinaia nel caseggiato più importante del ghetto, situato nella Contrada degli ebrei. Anno dopo anno, era diventata la confidente di molte signore che ci tenevano a sapere il loro futuro e quello dei famigliari. A mia madre la Gigin predisse che il suo unico figlio, ovvero il sottoscritto, si sarebbe occupato della vita degli altri. La mamma chiese qualche dettaglio in più, ma la portiera del ghetto non volle dirle altro. Parecchi anni dopo, quando iniziai a a lavorare nei giornali, Giovanna si ricordò della profezia che la Gigin le aveva offerto, ma non riuscì a congratularsi con lei, poiché la portinaia cartomante era già scomparsa da tempo. Insieme alla Contrada degli ebrei e a molti dei suo abitanti, uccisi nei campi di sterminio nazisti.

Con il trascorrere  degli anni ho compreso, talvolta a mie spese, che se fai il giornalista non devi mai cedere al fascino pericoloso di immaginare il futuro. Ma per  una volta gusterò il piacere di rispondere alla domanda che molti in Italia ci facciamo. Che cosa accadrà nel caos della nostra vita pubblica? Si riuscirà a mettere un poco di ordine nel disordine dei tanti partiti che litigano, strillano, si combattono senza riuscire a scovare un accordo in grado di reggere qualche anno?

Poi tra la primavera e l’estate del 2019 emerse un personaggio che apparteneva già al ceto politico italiano, ma non rivelava ancora tutta la sua energia e la sua astuzia: Matteo Salvini, il capo della Lega e ministro dell’Interno nel governo Conte. Salvini aveva un’altissima idea di sé stesso e si era dato un soprannome che la diceva lunga sulla autostima che provava nei propri confronti: il Capitano. Per citare una vecchia immagine di regimi di altri tempi, era convinto di essere l’uomo  della Provvidenza  per la politica italiana. E decise di cambiare la faccia al sistema dei partiti.

Era un proposito che aveva una sola conseguenza pratica: quella di mandare a gambe all’aria tutte le parrocchie politiche che stavano ancora sulla piazza e impedivano alla Lega di trionfare senza concorrenti. Salvini aveva un brutto carattere ed era il tipo di uomo che non le mandava a dire. Il suo motto lo conoscevano tutti: io non parlo, io faccio. E nel giro di qualche mese, mandò al tappeto tutti i concorrenti. L’impresa più difficile fu quella di liberarsi dei Cinque stelle. Di Maio si rivelò un osso molto duro, ma il Capitano leghista si sbarazzò anche di lui. Il leader stellato si rifugiò in un piccolo comune del Napoletano, lì proclamò una repubblica autonoma, ma presto si rese conto di non avere che ben pochi seguaci. Persino Beppe Grillo si sottomise a Salvini. E l’Italia diventò una repubblica autoritaria con un solo partito, quello Super Leghista.

Salvini provò l’ebbrezza  di essere l’unico in Europa ad aver creato un sistema che ricordava il fascismo e il nazismo. Ma non volle fermarsi. Per difendersi dai nemici interni, creò una polizia segreta  a somiglianza della vecchi Gestapo hitleriana. Poi riaprì i campi di confino per i politici, a cominciare dal quello più importante, l’isola di Ventotene, per non parlare delle carceri ad alta sicurezza. Il Capitano era contento di queste decisioni, anche se non aveva a tardato a rendersi conto che non esistevano più oppositori da punire.

Temeva di annoiarsi, quando la sorte gli portò in casa l’unico nemico in grado di mandarlo al tappeto. Era un parente acquisito, anche senza esserlo per davvero: Denis Verdini, il padre della sua ultima fiamma, Francesca, una bella ragazza di 26 anni, che il Capitano amava alla follia. Per lei il leader leghista aveva perso la testa, sino al punto di non ricordarsi più di quale pasta fosse fatto il padre della fanciulla.

Era Denis Verdini, un protagonista della Prima repubblica, abituato alle trame dei vecchi partiti, con forti legami che l’avevano portato sino al’interno della corte di Silvio Berlusconi. Il Verdini padre non poteva soffrire il Capitano e decise di fargli la guerra. La sapeva ben più lunga del boss leghista. E usò contro di lui tutti i trucchi del buon tempo antico. La guerriglia contro il leghismo durò appena poche settimane. Poi il Salvini fu costretto a gettare la spugna. Il suo regime si sfasciò.Il Capitano fu costretto a lasciare l’Italia.

La sua unica consolazione fu l’amore di Francesca. La ragazza Verdini rimase accanto a lui e divenne il dolce bastone della sua vecchiaia.            

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Giampaolo Pansa